[www.ksainfo.it] Ho maturato una serie di riflessioni personalissime da proporvi un po' come provocazione un po' come contro-voce alla dialettica di alcuni personaggi a mio parere piuttosto ambigui. Non mi perderò in personalismi sul soggetto di Mattiello (anche se ce ne sarebbero da raccontare di chiacchiere da bar), ma cercherò di lanciarmi entro le mie modeste possibilità in un'analisi di ciò che è Acmos e di perché una vera contro-cultura di sinistra dovrebbe disdegnare questo tipo di associazione. Prego i pedagoghi e gli studenti "politicizzati" di quell'alterità così poco alternativa di seguire il ragionamento senza preconcetti mortificanti. Su più piani si può sviluppare una critica alle contraddittorietà insite in questa forma di associazionismo, per il momento ne circoscriverò (in modo semplicistico) tre. Si può partire dall'intento stesso: Acmos si definisce come un'associazione che si occupa dell'educazione alla cittadinanza attiva. Cosa significa e in che termini si può stabilire cos'è educazione e in cosa consiste il concetto di cittadinanza attiva? E ciò che qui viene chiamata educazione non è forse più simile al disciplinamento? Ma consideriamo un punto per volta e svisceriamo le obbiezioni: come alcuni dei magnificenti pedagoghi di cui sopra potranno insegnarmi risiede una profonda differenza tra il concetto di educazione e quello di disciplinamento, dove in disciplinamento si può considerare come una locuzione particolare di "normalizzazione". In questi mesi abbiamo spesso parlato di "normalizzazione" per quanto riguarda le trasformazioni che sta subendo la scuola e sarà ormai noto a quasi tutti ciò che significa. Per dirla alla cazzo la "normalizzazione" consiste nell'eliminazione della coscienza critica e nell'iper-controllo atto a evitare lo sviluppo del conflitto sociale, quindi nel costruire un cittadino modello, ma a modello di mercato e di capitale. In questo contesto si inserisce (consciamente e in parte subconsciamente se vogliamo essere buoni) il ruolo di Acmos. Il disciplinamento praticato attraverso la cosiddetta scuola di politica (come se la politica potesse essere insegnata) non è altro che il tentativo di incanalare sotto dei binari già prescritti e (appunto) "normalizzati" i possibili militanti e interlocutori del conflitto sociale. Nella scuola di politica intesa da questi arguti (enorme ironia) sociologi non c'è alternativa a questa democrazia direzionale che ormai risponde così poco alle esigenze degli individui (attento bene a non parlar di cittadini!) e così tanto a quelle del mercato. Per loro non c'è alternativa a un sistema di deleghe (che contraddicono quindi la caratteristica "attiva" della cittadinanza) ormai in crisi non solo in Italia, ma in tutto il mondo, tanto che ormai tutti i politologi anche i più reazionari e conservatori parlano di crisi della democrazia. Si insegna un rispetto delle norme assoluto e imperante anche dove le norme di fondo sono contraddittorie non solo con i bisogni dei singoli ma anche col concetto di Stato e statalismo stesso. Tutte le politiche altre (che dalla Rivoluzione Francese in poi sono state le uniche a cambiare la geopolitica e la micro politica sociale dal basso) sono ignorate e considerate scarti da giustiziare. Le vere alternative (e quindi le vere alterità) marcate dal disincanto sociale vengono bollate come diaboliche e criminali solo perché esprimono le necessità ultime e sono veramente capaci di creare dissesto. Ma al di là di questo voglio tornare sul concetto di binario unico e di "normalizzazione" morale e sociale. Queste ale politiche staccatesi dalla destra di un PCI ormai allo sfascio e rientrate subito nelle file del post-comunismo giustizialista hanno assunto come termini unici di scesa in piazza (anche in quelle rare occasioni per modo di dire) la difesa della costituzione e della democrazia, proprio quella democrazia che essendo garante del sistema costituito crea le problematiche contro cui lottano. Quindi o inconsapevolmente sono dei cani (rincoglioniti) che si mordono la coda oppure consapevolmente sono dei bastardi complici di questi meccanismi perversi di riciclo della crisi. Non mi interessa sentenziare a quale delle due categorie appartengano (infondo non so nemmeno quale sia la peggiore) ma trovo disgustoso e in parte arido l'utilizzo che quindi viene fatto della capacità creativa e sociale adolescenziale, in una totale assuefazione alle pratiche dell'arrendevolezza, dell'inserimento produttivo e dell'estraneazione. Quasi un sovietismo autoindotto (che contraddizione!), dove non esiste ribellione ma esclusivamente critica, dove l'unico mezzo di pseudo-protesta è la lettera di "denuncia" (chi ha visto Good Bye Lenin sa cosa intendo) o la discesa in piazza pacifica e sottomessa. Cosa veramente di poco conto per questi intellettualoidi "nuova razza istituzionalista" di una sinistra smangiata e arteriosclerotica. Questa sinistra che schiera i miti (ma quelli commerciali) di Che Guevara vicino alla bandiere della pace facendo un pot-pourri di ideologie e contestualizzazioni storiche diverse e incoerenti tra loro. Mi sono un po' dilungato su questo punto (nonostante questo ciò che ho preso in considerazione è solo una brevissima parentesi di ciò che andrebbe discusso), ma non preoccupatevi ne ho ancora di facezie divertenti (si fa per dire) da raccontarvi. Indi per cui passiamo al secondo punto. Fin'ora ho criticato alcuni aspetti se vogliamo legati alle ideologie (contraddittorie) di cui Acmos si fa bandiera, con la pretesa di educare (pretesa che io personalmente non mi pongo, infatti con questo scritto non ho nessuna intenzione di invasare qualcuno, ma piuttosto di pormi e porvi delle domande e proporvi quelle che sono le mie modeste risposte) adesso invece voglio parlare del sistema interno di Acmos in quanto associazione (in questi termini si svilupperà anche il terzo punto ma su un piano più ideologico e generale). Infatti la così ostentata democrazia all'interno di questa associazione manca del tutto! O almeno manca negli aspetti della partecipazione. Mi spiego meglio: Acmos in realtà è un'associazione dai forti connotati gerarchici e ha un sistema di funzionamento all'interno dei GEC (Gruppi di educazione alla cittadinanza) fortemente personalista. Basti pensare che il nome GEC è stato scelto da Mattiello perché gli piacciono i gechi! (Ok avete ragione avevo detto niente pettegolezzi). Ritornando a noi, le strutture portanti di Acmos sono affidate esclusivamente ai fedelissimi in modo che nessun intervento di esterni possa cambiare la rotta al barcone. Alla faccia della democrazia! Alla faccia della partecipazione! Alla faccia dell'attivismo! Proprio in questi termini si sviluppa una critica (il terzo punto) allo strumento dell'associazione, ormai superato rispetto al concetto di autorganizzazione e quindi di politica veramente dal basso. L'associazionismo si costituisce di se e per se di un modello poco dinamico alle trasformazioni sociali e favorisce in ogni sua espressione l'aspetto competitivo e concorrenziale, individualista nel senso marcio, dove la partecipazione non è altro che la spinta all'arrampicamento sociale anche al di fuori dei meccanismi lavorativi. Ogni associazione vive di un resoconto economico gestito da pochi e da chi per elezione o per maturità (dubbia) all'interno di essa stessa ha quindi il controllo. L'autorganizzazione elimina in tronco qualsiasi di questi problemi e risponde secondo necessità e secondo bisogni alle trasformazioni sociali e alla sensibilità di spostamento del conflitto. Non ha vertici ma solo militanti eguali nel rispetto delle loro esistenziali diversità. La politica dal basso, matura, alternativa, contro e insieme altra, viva, lucente e lucida, formata di una cultura propria svincolata dai termini del mercato e del capitale è questa. Specie in questo momento socio-politico. Specie in queste maree di populismo alla buona e di sentimenti preconfezionati Bauli da borghesotti pietisti.
Note su Libera: l'associazione "antimafia"
Come in ogni aspetto dell'analisi sociale degli intellettuali di Acmos e Libera anche nel concetto di mafia e nella conseguente espressione di antimafia c'è una visione banale e folkloristica di ciò che è questo fenomeno e di quale sia il suo genoma evoluto al mondo attuale. Non sono un grande esperto ma mi permetto di fare un paio di considerazioni che credo chiunque con un minimo di ragionamento possa fare. La visione di Libera delle mafie (come ama dire Mattiello, per una volta giustamente, perché la mafia non è una sola ed è tutta intorno a noi) considera questo fenomeno come un fenomeno di caratura esclusivamente sociale (come farebbe un anarcoide, va beh un anarcoide lo farebbe con tutto) evitando di tuffarsi e di certo non a malincuore in quelli che sono gli aspetti politico-economici della questione. Infatti noi corroborati dal vecchio e nuovo marxismo e dall'amore che ancora proviamo per i buoni vini non ci stancheremo mai di affermare che ogni fenomeno di questo genere è strettamente intrecciato con il capitale e con il mercato. Si può affermare in modo un po' semplicistico che le mafie ora come ora siano una fazione estrema e sicuramente la più produttiva del mondo neoliberalista, mondo di cui la democrazia attuale è garante. Democrazia che è difesa da Libera. Ma allora Libera difende i mafiosi? E' un po' troppo iperbolica come visione ma di certo ha del vero. Infatti è evidente a tutti che nell'Italia dagli anni 50 fino ai giorni nostri Stato e Mafia hanno convissuto insieme in simbiosi essendo in tutti i sensi e in tutte le sfaccettature facce della stessa medaglia (il mondo liberale, anche quello progressista) e parassiti reciprochi. Quindi è evidente che non si può distruggere la mafia se non distruggendo (o almeno cambiando interfaccia) il mondo capitalistico. Abbiamo visto (addirittura in Gomorra) come il "Sistema" non sia altro che un'enorme e flessibile e geniale nella sua orribilità azienda post-moderna (anzi iper-moderna). Quindi non è nel cambiare le teste e nel cambiare le coscienze o perlomeno non solo che ci si può definire antimafia. Ma si è anti quando si cerca di sradicare le mafie e per sradicare le mafie bisogna sradicare il sistema di cui il "Sistema" non è altro che un ingranaggio. Sarebbe bello se la mafia sparisse a mattina dopo un lungo volantinaggio e una bella assemblea auto(?)gestita, ma purtroppo non è così ed è da ingenui pensarlo. Ammettendo che lo sostengano davvero! Ammettendo che non siano solo ideali di comodo...
Curiosità su Peppino Impastato e sul fatto che non centri un cazzo col modo di fare politica di Libera
Uno dei grandi eroi di cui si forgiano e si sono appropriati (indebitamente, che casualità!) i militanti di Libera è la figura di Peppino Impastato. Tutti voi sapete chi è Peppino senza dubbio e conoscete la sua storia dalle decine di proiezioni a scuola durante le assemblee di istituto dei Cento Passi. Beh forse non sapete che Peppino Impastato veniva da Democrazia Proletaria (lo dice anche nel film) (<>). Democrazia Proletaria era la rappresentanza parlamentare (sotto forma di esperimento) di alcune fazioni movimentiste quali ad esempio Lotta Continua e Potere Operaio. Come molti di voi sapranno queste organizzazioni non erano di certo pacifiche e tantomeno giustizialiste. Per cui i signorotti di Libera evitino di associare una figura come quella di Peppino alle loro battaglie legalitarie e alle loro crociate contro i movimenti antagonisti, di cui a suo tempo Impastato era parte. Almeno non gettino fango sulla tomba dei morti. E' troppo facile fare coincidere il concetto di antimafia col concetto di giustizialismo, ma l'equazione è totalmente errata. Con questa curiosità concludo il mio discorso (anche se è solo una piccola parte di ciò che vorrei esprimere), spero vi abbia instillato dei dubbi piuttosto che avervi dato dei chiarimenti. Almeno la mia intenzione era questaSicuramente ci sono gli elementi per affermare che Libera sia un'associazione perlomeno un po' ambigua.
Non tutto ciò che brilla è oro, ma molto spesso ciò che puzza è merda...
Con amore e provocazione, con libertà e ironia
Joseph Brant
avendo fatto parte di acmos per tre anni...concordo su tutto!
RispondiEliminaciao
davide
http://www.tuttoilmiofolleamore.blogspot.com