martedì 20 aprile 2010

Patti chiari solo con la Chiesa. Giovani precari/e non pervenuti/e


[cuatorino.blogspot.com]
Se il buongiorno si vede dal mattino... Ecco cosa ci ha donato Cota nel suo primo mese da Presidente della regione Piemonte... [contributo del Collettivo Universitario Autonomo per l'opuscolo "Stato e Chiesa. Una relazione pericolosa"]

Quando ancora molti non si erano ripresi dallo shock causato dalla notizia della vincita di Cota in Piemonte, ecco subito arrivare la “bomba”, ovvero la notizia del “Patto per la vita e la famiglia” firmato dal suddetto leghista e che fa della lotta alla libertà di scelta degli individui, in particolare donne, gay, lesbiche, transgender e migranti, la sua crociata personale. Sei punti le cui parole chiave sono VITA e FAMIGLIA, ovviamente presentate da un punto di vista meramente cattolico. La vita da difendere è quella dell’embrione non ancora formato, quella delle tante Eluana ormai in stato vegetativo persistente, e dei bambini a patto che siano nati da una famiglia monogamica ed eterosessuale, fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. E gli/le altri/e? La vita della donna in quanto donna e non per forza in quanto madre passa completamente in secondo piano. Più soldi ai movimenti cattolici antiabortisti e totale messa in discussione della libertà d’aborto attraverso una campagna persecutoria contro la pillola abortiva RU486, colpevole di permettere di abortire in maniera fisicamente meno invasiva e dolorosa (e sottolineiamo fisicamente) e di far sentire gli obiettori di coscienza “delegittimati” nel loro “lavoro”. Per quanto riguarda gay, lesbiche e transgender, Cota respinge vigorosamente i loro diritti e non riconosce la loro libertà di scelta in campo sessuale. Anzi, pare proprio non voler riconoscere essi/e stessi/e in quanto tali. Non essendo eterosessuali, l’eventuale “famiglia” che decidessero di fondare non sarebbe comunque riconosciuta, non avrebbe valore, quindi niente politiche di sostegno.

E gli/le immigrati/e? Beh, Cota non poteva certo esimersi dal pronunciarsi rispetto a uno dei temi che più stanno a cuore alla Lega, ovvero la loro espulsione. Qui tutto si gioca nella fondamentale distinzione tra buoni (e qui rientrano soprattutto donne –intese come badanti- mamme e bambini) e cattivi (il gruppo più numeroso). Ovviamente per questi ultimi è previsto il rimpatrio, non prima di un “soggiorno” nei CIE, un carcere a tutti gli effetti. Arrivano però anche le buone notizie. Sì, ma solo per la chiesa cattolica, a cui stanno per arrivare ingenti somme di denaro –come se il Vaticano ne avesse davvero bisogno! E mentre noi studenti e studentesse delle superiori e delle università pubbliche ci confrontiamo ogni giorno con il degradante effetto degli ingenti tagli alla formazione a cui la Riforma Gelmini ha contribuito a dare la stoccata finale, ecco che Cota ci parla del ruolo unico svolto in Piemonte in oltre trecento anni di attività dalla scuola cattolica, che ha reso alla nostra regione servizi inestimabili, promettendo erogazioni di bonus o rimborsi per le famiglie che opteranno per questa scelta per l’educazione dei loro figli. E proprio su questo punto si apre una contraddizione enorme che ovviamente ricade su noi studenti e studentesse iscritti all’università pubblica. La litania del non ci sono soldi per l’istruzione e la ricerca c’è l’hanno ripetuta all’infinito. Ci siamo visti tagliare i fondi in maniera spropositata e a pagarne le conseguenze sono stati interi corsi di laurea, docenti, ricercatori, personale pubblico-amministrativo e soprattutto noi studenti. La legge Gelmini ha di fatto decretato la morte dell’università pubblica per come la conosciamo svendendola ai privati. Peccato che lo stesso discorso non valga per scuole e università cattoliche. Ogni anno la legge finanziaria diventa sempre più generosa nei confronti di queste istituzioni – in teoria - private, ma sempre più sostenute dai sussidi derivanti dal denaro pubblico.

Insomma la crisi c’è ma a quanto pare c’è anche chi non la paga. E a guardare bene i piani di Cota, tra coloro che probabilmente la pagheranno di più, ci siamo anche noi giovani. A parte il venir giudicati in base a criteri fondati su religione, orientamento sessuale e razza, non c’è alcun riferimento all’opprimente stato di precarietà in cui la maggior parte di noi si trova a vivere e dal quale non si prevedono sbocchi. La parola giovani viene citata solamente in un punto del Patto, ma solo per parlare di giovani coppie che intendano contrarre matrimonio, allora sì, in questo caso, degne di supporto. E per tutti gli altri e tutte le altre? Non una parola, non una proposta per tentare di contrastare la crisi in cui versa l’università pubblica o il mondo del lavoro, a loro volta generati da una crisi strutturale a cui non si accenna minimamente. Ma siamo proprio sicuri/e che il sostegno alla vita qui non c’entri niente? Per caso per Cota esistono vite (o pseudo-vite) di serie A che vanno sostenute con tutte le forze (e i soldi) e vite di serie B immeritevoli di qualsiasi supporto o semplicemente non degne di nota? Ciò che lascia completamente basiti/e è la totale mancanza di presa in considerazione delle persone in quanto individui e non in quanto soggetti per forza appartenenti ad un nucleo familiare (per sua stessa definizione eterosessuale, monogamo e cattolico). Noi giovani rappresentiamo uno spaccato infinitamente variegato, che non vuole essere racchiuso in nessuna norma e non per questo qualcuno può ritenersi in diritto di non considerarci tra le priorità o di non darci la possibilità di accedere a politiche sociali volte a migliorare la nostra condizione di vita. Perché sicuramente tutti/e noi abbiamo diritto di vivere una vita che sia degna … anche se non siamo più embrioni e anche se non sogniamo un futuro da genitori/catechisti. La libertà e la possibilità di decidere del nostro futuro, di scegliere se continuare a studiare o lavorare, se vivere da single o in un nucleo da 5, se fare sesso con un uomo,una donna o un trans ,se vivere con i genitori o fuori casa, se dover rimanere in un contesto di guerra in Sudan o poter migrare in Italia, sono tutte libertà e possibilità che devono essere da noi pretese e dalla società garantite, anche se non si tratta di scelte fondate sulle sacre scritture!

Probabilmente pensano di ricompensarci offrendoci il ruolo di spettatori appagati di fronte ad una Torino stravolta da un multi orgasmo collettivo (ovviamente mistico, per carità!) alla sola visione della sindone e del santo padre. Un santo padre che invece di fare almeno un cristiano Mea Culpa a seguito dello scandalo riguardante le molestie sessuali e le violenze subite da numerosi bambini da parte dei preti, non riesce a fare altro che continuare i suoi attacchi contro l’aborto e contro la libera scelta delle donne. La sua è una difesa della vita- ci spiega. Viene fin troppo facile ricordargli che la chiesa dovrebbe preoccuparsi un po’ di più di salvaguardare l’integrità della vita dei già nati, piuttosto che fare le crociate conto la 194 o l’uso del preservativo e non fornire così l’unico strumento in grado di proteggere le persone dall’AIDS. No, decisamente la visita del papa non ci troverà né entusiasti né ben disposti ad accoglierlo nella nostra città. A chi spetta quindi il compito di riuscire a spazzar via questa coltre di fumo nero che sta investendo Torino e la società intera? Chi ha sicuramente il potere e il dovere di intervenire siamo proprio noi giovani, che non possiamo accettare l’imporsi di una cultura profondamente razzista che cancella le nostre differenze, che non ci rispetta e che pretende l’adeguamento di tutti/e ad una sola morale, che racchiude in sé principi appartenenti al fondamentalismo cattolico della peggior specie affiancati ai sentimenti più spregevoli quali razzismo, xenofobia e omofobia e una rabbiosa intolleranza di fondo che si scatena contro chi non è omologabile al modello unico previsto. Si tratta di partire proprio dalle nostre scuole o università, luoghi di cultura in cui sentimenti di questo tipo vanno contrastati fin da subito e con ogni mezzo.

I NO vanno detti e vanno detti senza indugi e gridati, in modo che si sentano forti e chiari, che non lascino ambiguità di sorta rispetto a quello che pensiamo e a ciò che rigettiamo. Spetta a noi giovani donne e giovani uomini qualsiasi sia la nostra condizione attuale di vita, studenti o lavoratori, disoccupati o cassintegrati, etero o gay, italiani o migranti, ma sicuramente tutti accomunati da un presente ed un futuro precario, far emergere quali sono i NOSTRI temi e non permettere che siano politici (né di destra né di sinistra) o chiesa a dettarceli. I nostri corpi sono sempre più terreno di scontro politico ed è proprio a questa strumentalizzazione che dobbiamo reagire. I temi all’ordine del giorno dobbiamo saperli costruire noi. Altrimenti la strada è quella che va verso l’arretramento culturale e l’imbarbarimento sociale. Noi dobbiamo pretende di andare verso un’altra direzione, la nostra.

REAGIRE E RIAFFERMARE LA NOSTRA LIBERTA’ DI SCELTA DEVE ESSERE LA NOSTRA PRIORITA’

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