domenica 27 dicembre 2009

La fine dell'università?!


[articoli da ww.ilmanifesto.it]

Atenei al lumicino

Molte università non hanno ancora utilizzato i fondi del governo Prodi per indire nuovi concorsi. Su 1050 posti, banditi solo 424. E se l'attuale maggioranza continua la politica dei tagli nascondendosi dietro lo scudo fiscale, l'opposizione del Pd rimane in mezzo al guado

di Roberto Ciccarelli

Sui 1050 posti finanziati nel 2008 dalla seconda tranche dei fondi Mussi per il reclutamento straordinario dei ricercatori, le università ne hanno banditi solo 424. Nessuno però ha ancora celebrato i relativi concorsi, né si hanno notizie certe sulla composizione delle commissioni esaminatrici.

La tabella curata dall'associazione «20 maggio», del «Forum lavoro» del Pd e pubblicata in questa pagina fotografa la situazione al 14 dicembre scorso. Si scopre così che alcuni tra i principali atenei italiani ricevono i finanziamenti, ma rinviano i concorsi. Bologna (0 su 55 previsti), Federico II di Napoli (0 su 50), Palermo (0 su 38), Tor Vergata di Roma (0 su 32), Torino (l'università 0 su 44 e il Politecnico 0 su 27). Alcuni lo hanno fatto, ma in parte, come il Politecnico di Milano (10 su 32). La Sapienza ha invece realizzato l'en plein (72 su 72).

Uno stillicidio dovuto, in primo luogo, alla confusione sulle regole della composizione delle commissioni giudicatrici. Tutti i bandi che partiranno dopo il 31 dicembre, oltre a quelli già operativi, rischiano di essere bloccati a causa dell'assenza di una normativa sulle procedure di reclutamento.

In realtà, le regole ci sarebbero. Sono quelle stabilite dalla legge 1/09: un professore ordinario o associato nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando, due ordinari sorteggiati in una lista di afferenti al settore disciplinare di riferimento. Niente prove scritte, né colloquio orale, solo valutazione dei titoli o seminario del candidato per esporre il progetto di ricerca. Insomma, quello che dovrebbe essere il pane quotidiano per i ricercatori una volta approvata la riforma Gelmini.

Gli atenei non sembrano però avere molta intenzione di anticipare una riforma che deve essere ancora discussa in parlamento. Bergamo e Parma, ad esempio, il bando con le nuove norme l'hanno fatto, ma hanno evitato di citare il limite massimo delle pubblicazioni da presentare alla commissione. Invece a Roma il rettore della Sapienza Frati assicura che il limite è stato fissato a 12.

A chi ha fatto confusione, il ministro Mariastella Gelmini ha intimato di modificare i bandi. Al momento solo 8 atenei hanno risposto, mentre emergono altre anomalie. C'è chi infatti fa la prova scritta e non quella orale. E chi, invece, intende valutare il candidato in base alla discussione del suo seminario.

Anche i 696 posti (sui 2100 previsti dalla terza tranche dei fondi Mussi) finanziati martedì 22 dicembre dal Miur soffriranno degli stessi problemi. Il taglio, peraltro già annunciato il 13 novembre scorso, si spiega con il fatto che, rispetto alle due precedenti tranche, è saltato il cofinanziamento obbligatorio degli atenei previsto dalla finanziaria del 2007.

L'assegno statale erogato per la terza tranche verrà misurato sul costo medio del ricercatore (57.446 euro, pari a 0,5 punti organico) e non sul suo costo iniziale che è molto più basso, come è stato fatto per i concorsi precedenti. Questa misura si è resa necessaria per evitare che le università gestiscano un aiuto ministeriale decrescente nel tempo, obbligandole ad impegnare risorse che aumentano le spese complessive.

Sembra essere questa la motivazione del blocco attuale, ma non bisogna dimenticare un'altra condizione: le tranche successive alla prima del 2007 dovrebbero essere utilizzate anche per il pagamento degli stipendi dei ricercatori assunti.

Stando alla tabella pubblicata sul sito www.miur.it alla Sapienza di Roma andranno 41 posti, a Bologna 39, al Politecnico di Milano 36. Questa ripartizione dei fondi ha premiato le università «virtuose» concentrate nelle grandi città e nel nord del paese. La classifica stilata lo scorso novembre dal ministero ha attribuito 523,4 milioni di euro di incentivi al merito previsti sul fondo di finanziamento ordinario (Ffo) di 7,2 miliardi nel 2009. Bologna, Napoli e Torino (oltre che la Sapienza) sono ai primissimi posti per la didattica e per la ricerca.

Anche a condizioni favorevoli, non sarà facile convincere questi atenei virtuosi ad assumere. Ogni nuova assunzione continuerà ad essere valutata alla luce delle spese generali. Se queste ultime supereranno il rapporto tra le spese del personale e il finanziamento annuale l'ateneo rischia il blocco del reclutamento.

Uno degli orientamenti che la conferenza dei rettori (Crui) potrebbe decidere di adottare è di usare i fondi Mussi per fini diversi dall'assunzione dei ricercatori. È questo l'avviso del rettore di Trento (0 posti su 16 banditi) che però andrebbe verificato, dato che i fondi Mussi possono essere impiegati solo per i concorsi dei ricercatori. Il rischio, invece, si chiama «perenzione», una norma che impone la spesa dei fondi entro 3 anni dall'erogazione. Pena il loro ritorno nelle casse del ministero dell'Economia. Se non si fa in fretta, presto o tardi i concorsi previsti non potranno essere celebrati.

Il rigore di bilancio imposto dal ministro delle finanze Giulio Tremonti con le leggi 126 e 133 inizia a mostrare i primi effetti. Anche in presenza di fondi sicuri, gli atenei stanno a guardare. Sono troppe le incertezze legate al finanziamento pubblico, al punto che preferiscono bloccare le attività per non essere penalizzati in futuro.

Nel 2010 gli atenei, virtuosi e non virtuosi, faranno a meno di 278 milioni di euro. È ciò che rimane del taglio all'Ffo di 678 milioni, compensato dai 400 milioni provenienti dallo scudo fiscale. Un caos destinato ad aumentare nel 2013, quando il taglio dell'Ffo raggiungerà 1,5 miliardi di euro e nessuno sa ancora con quali risorse pareggiarlo.
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La logica suicida e bipartisan del centrosinistra

di Marco Bascetta

«Credo che la riforma dell'università possa diventare il primo esempio di riforma condivisa con l'opposizione», dichiarava al Corriere della sera qualche giorno fa il ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini. Malauguratamente è proprio così e non c'è da stupirsene. Infatti, aggiungendovi un po' di retorica bacchettona e una buona dose di arroganza, il ministro altro non ha fatto che muoversi lungo la rotta tracciata, ormai molti anni orsono, dal centrosinistra, da Zecchino e da quel Luigi Berlinguer del quale oggi riscuote il plauso. Una rotta che, di riforma in riforma, ha condotto l'università italiana all'attuale naufragio. Ma le menti fini del centrosinistra ragionano come quei liberisti argentini che di fronte alla bancarotta del paese ne attribuivano la causa all' insufficiente applicazione di quelle ricette, a loro care, che avevano appunto condotto l'Argentina alla catastrofe.

Dopo decenni di chiacchere sul riavvicinamento tra il sistema della formazione e il mercato del lavoro la disoccupazione intellettuale prospera, per giunta in un clima di drammatico impoverimento culturale; dopo la frenetica moltiplicazione di assurdi insegnamenti e master psichedelici che avrebbero dovuto soddisfare la domanda di «professionalità» della società postmoderna, gli sprechi e la cialtroneria accademica si sono moltiplicati senza freni; dopo ripetuti appelli alle virtù salvifiche del privato non si è vista una lira, né uno stimolo degno di nota, semmai il proliferare di appetiti parassitari e messe in scena pubblicitarie; infine il sistema delle laure brevi, con il suo lessico bancario di debiti e di crediti, si è rivelato, ormai per ammissione di tutti, un fallimento devastante tanto sul piano dell'occupazione quanto su quello della formazione culturale. E, di fronte a tutto questo, l'onorevole Luigi Berlinguer esclama: brava Gelmini, continua su questo sentiero luminoso che con tanta lungimiranza abbiamo tracciato!

Certo ci sono i tagli e il populismo utilitarista del ministro Tremonti che andrebbero arginati. Ma è mai possibile che i tecnocrati e i sopraffini negoziatori del Pd alla Enrico Letta non riescano a capire ciò che è chiaro anche all'ultima matricola e cioè che i «tagli» sono la riforma? Sono cioè un principio di redistribuzione e accentramento del potere destinato a rafforzare il baronato accademico e l'esecutivo ministeriale, nonché un'imprenditoria privata pigra, ignorante e avida di sovvenzioni. Per sottolineare quanto il governo tenga alla ricerca (quella di qualità sia chiaro, non quella che non si capisce dove vada a parare), la Gelmini ricorda le agevolazioni fiscali per 850 milioni previste a favore delle imprese che «studiano novità», meglio se coinvolgendo una università. Non ci vuole troppa fantasia per vedere frotte di conigli saltare dal cappello e legioni di inventori dell'acqua calda con astuto partner accademico raccomandarsi ai custodi ministeriali del merito e batter cassa. Mentre le risorse degli atenei si estinguono e il blocco del turn over e dei contratti di ricerca consolida i privilegi della gerontocrazia universitaria.

Negli ultimi vent'anni, a partire dal movimento della Pantera e fino all'alta marea dell'Onda, solo dalla protesta degli studenti e dei ricercatori precari è venuta una parola di saggezza, un principio di razionalità, un'analisi lucida e precisa dei processi in corso. E solo da lì (e da forze intellettuali autonome dagli schieramenti politici) ci si può attendere un contrasto efficace alla miseria bipartisan che si sta preparando per l'università italiana.

mercoledì 23 dicembre 2009

L’Università salva con i soldi delle tasse


[www.lastampa.it/torino] L’ateneo raccoglierà 7 milioni in più del 2009

di Andrea Rossi

Facoltà e dipartimenti tirano un sospiro di sollievo. Gli studenti un po’ meno, perché l’Università di Torino ha sì superato senza cedere di schianto uno degli anni più tribolati che si ricordino, ma il peso dei sacrifici è ricaduto soprattutto sugli iscritti. Con le loro tasse sono stati decisivi per evitare che il bilancio del 2009 andasse in passivo. E, nel 2010, permetteranno ancora di mantenere la linea di galleggiamento. Più tasse e meno sostegni: ecco perché il bilancio preventivo che il Senato accademico dovrebbe approvare oggi lascia a dir poco perplessi. La lista Studenti indipendenti - che ha la maggioranza tra i rappresentanti - si dice insoddisfatta, esprime forti critiche e preoccupazioni.

Un anno fa l’ateneo di via Po era stato costretto a varare una manovra lacrime e sangue: 30 milioni di euro da tagliare, trasferimenti dimezzati a facoltà e dipartimenti, spese di rappresentanza e viaggi all’estero pressoché azzerati. Quest’anno si respira un po’: il Fondo di finanziamento ordinario stanziato dal ministero dell’università è di 240 milioni di euro, meno dell’anno scorso. A salvare le casse dell’ateneo è lo stanziamento ordinario previsto proprio in questi giorni dal ministro dell’Economia Tremonti. Totale, 252 milioni, cifra che dovrebbe riuscire a salvare i conti di via Po.

Il problema è come. Nel 2010 - per effetto della nuova fascia di reddito istituita in estate - l’ateneo raccoglierà dalle tasse universitarie sette milioni di euro in più rispetto al 2009. Lo sforamento del tetto massimo previsto dalla legge, secondo cui le imposte non possono essere superiori al 20 per cento del Fondo di finanziamento ordinario, è certo. Sarebbe il terzo anno consecutivo. Inaccettabile per gli studenti: «Si coprono i tagli del ministero e gli sprechi con i nostri soldi. Inoltre rettore e Senato si erano impegnati a coinvolgere gli studenti nella gestione degli sforamenti». Non è l’unico motivo di preoccupazione: durante i lavori preparatori nelle Commissioni mista e bilancio sono spuntati tagli per 10 milioni alle borse di studio e per 5 alle borse per i dottorati di ricerca. Gli studenti sperano in una correzione di rotta. «Altrimenti voteremo contro».

martedì 22 dicembre 2009

Libertà per Luca Tornatore


[di Angelo D'Orsi] Ciascuno trascorre il Natale come può. Chi nella calma piatta degli affetti familiari; chi, coraggiosamente, vi si sottrae, magari in beata solitudine (sola beatitudine); chi, ancora, in situazioni e opere caritative, solidaristiche, e ha tutta la mia ammirazione. Ma c’è chi, davvero, come il bimbo di questa splendida favola, il Natale lo passa “al freddo e al gelo”, magari in un treno delle efficientissima rete di Trenitalia (che ha appena segnato altri punti nel suo grottesco palmarès), o su una panchina di una stazione ferroviaria, ammesso sia così fortunato da trovarne una di quelle “vecchie”, sulle quali era possibile sdraiarsi.

Già, perché oggi, nella società brutale e odiosa che stiamo costruendo, il diritto all’universale ospitalità teorizzata da un signore di nome Immanuel Kant alla fine del XVIII secolo si è rovesciato in una pratica del “respingimento” che va dalle navi guardiacostiere che girano per avvistare i barconi dei disperati e respingerli lontano dalle nostre coste, ai famigerati Centri di Identificazione e di Espulsione; e giunge sino, appunto, alle panche dei giardini o delle stazioni, che vengono ora via via sostituite da “nuovi modelli”, nei quali la panca lunga circa due metri, e larga 40-60 centimetri, viene sezionata da sbarre perpendicolari al suo asse, sì da trasformare un possibile eventuale giaciglio di fortuna, in tre o quattro seggiole, nelle quali può accomodarsi (si fa per dire) una persona, seduta, purché sia di piccola stazza.

Tutto questo – che ha pure dei costi non irrilevanti sul piano meramente economico – al solo scopo di evitare che qualche disgraziato, “ovviamente” straniero, “ovviamente” extracomunitario, islamico o nero, o comunitario pro forma (rumeno, slavo…), approfitti di quel “letto” e vi trovi riposo. Non sia mai! Ecco la civiltà giudaico-cristiana materializzarsi: fuori i barbari!
Insomma, anche questo Natale giunge sotto le insegne scritte ormai col sangue sulle bandiere della nostra patria: respingere, espellere, scacciare, identificare, perseguitare, criminalizzare, imprigionare, condannare, licenziare, umiliare…

E mentre le nostre autorità – le italiane in primissima fila, pronte a farsi spesso e volentieri riprovare dagli organismi comunitari – si impegnano in questa guerra persa in partenza (perché nessuna politica di contenimento o di respingimento ha mai potuto fermare i flussi migratori, una costante della vicenda umana, dalla Preistoria ad oggi), e annunciano “grandi opere” impossibili e/o inutili, quando non addirittura dannose (vedi la grottesca prima pietra del Ponte sullo Stretto), i grandi, autentici problemi vengono lasciati incancrenire.

A cominciare dal problema ambientale, il problema dei problemi, sul quale il recentissimo vertice di Copenhagen ha registrato un quasi fallimento totale. E i giovani e meno giovani coraggiosi e disinteressati che, al di fuori delle ben riscaldate stanze dove si svolgevano i sontuosi riti degli incontri fra i capi di Stato e di governo, dimostravano per richiamarli ai doveri verso la Terra, e la specie umana, prima che verso i singoli popoli, sono stati criminalizzati, combattuti, arrestati, malmenati, ingiuriati. La corrispondenza, gli sms, gli mms, le email, le telefonate, da Copenhagen sono state impressionanti. E molti di questi ragazzi e ragazze, di questi nuovi partigiani per il bene dell’umanità, giacciono tuttora in carcere come delinquenti comuni.

Tra loro un ricercatore italiano, un astrofisico, che lavora presso l’Osservatorio Astronomico di Trieste, Luca Tornatore, che ha all’attivo numerose pubblicazioni a livello internazionale: Luca (che non conoscevo neppure di nome, prima di ora, e che non ho mai incontrato), ha compiuto ieri il suo 38° compleanno in carcere, dove gli viene imposto un regime da mafioso. Nella gentile terra di Andersen e di Kierkegaard. Limitazioni delle comunicazioni, vessazioni, e probabile, annunciata condanna. Il popolo del web si sta mobilitando. E a lui vorrei far giungere un messaggio di ringraziamento: Luca è la nostra cattiva coscienza. La mia senz’altro, che a Copenhagen non c’ero.

Luca rischia di trascorrere il suo natale al freddo e al gelo: magari in una cella riscaldata, ma al freddo e al gelo procuratogli da una società – quella del turbocapitalismo predatorio e cinico – che criminalizza chi ricorda che la politica è l’arte di guardare lontano, e che i governanti dovrebbero innanzi tutto rinunciare alla logica del condominio, che è quella per cui ciascuno cerca di fare gli interessi propri a spese dell’interesse di tutti gli altri, a spese dell’intero condominio. La politica deve essere prospettica, e calcolare il rapporto tra costi e benefici di ogni azione messa in campo non solo sul breve, ma sul medio, sul lungo e sul lunghissimo periodo. Proprio l’assenza della dimensione prospettica di medio-lungo termine ha consentito il saccheggio delle risorse della Terra, ha permesso ai padroni del mondo di alterare il clima, di aprire uno scenario inedito da fine del mondo imminente, e di consumare il consumabile e ora di pretendere da chi finora nulla ha avuto, di rinunciare.

Insomma, anche sul piano della sostenibilità ambientale, il mondo è diviso tra chi ha tutto e vuole tenerselo ben stretto e chi non ha nulla e vorrebbe almeno avere qualcosa. Gli uni e gli altri, tuttavia, sotto questo riguardo, appaiono ugualmente ciechi. E tutti danzano sottocoperta, nelle sale del Titanic avviato verso l’iceberg che lo schianterà. Luca Tornatore e i tanti suoi compagni di battaglia, di tanti Paesi (pur nell’inquinamento inevitabile di mestatori violenti), volevano e vogliono solo, in modo pulito e pacifico, ricordare la situazione precatastrofica in cui ci troviamo. E metterci in guardia. E sollecitare i potenti ad agire prima che l’iceberg ci distrugga.

I potenti sono tornati alle loro dimore regali, ai palazzi presidenziali, alle piazze mediatiche. E Luca è in galera. Tocca a tutti noi dirgli grazie, intanto, mentre ciascuno dovrebbe fare propria la bandiera della sopravvivenza della Terra e della specie umana che è stata tenuta alta a Copenhagen, non da un pugno di statisti cinici che si credono astuti, ma da qualche centinaio di persone come Luca Tornatore, di cui dobbiamo pretendere l’immediata scarcerazione.

Per chi volesse scrivergli: Luca Tornatore 211275 Vestre Fængsel Kirke, Vigerslev Allé 1, 2450, København Ø (Danmark)

Ci sono due appelli di solidarietà:

[11-12 marzo - Vienna] Controvertice studentesco vs Bologna Ministerial Conference 2010


Dall' 11 al 12 marzo i ministri dell'educazione di 46 paesi europei sono stati invitati a Vienna e Budapest in occasione del giubileo dei 10 anni dalla firma del trattato di Bologna (Bologna Ministerial Anniversary Conference 2010). Le ampie proteste studentesce a Vienna e in tutta Europa si stanno muovendo per organizzare un controvertice studentesco di protesta contro queste celebrazioni che ci sembrano una grandissima presa in giro!

Sono una studentessa svizzera che studia all'università di Losanna. La lettera che vi scrivo nasce da un mio forte desiderio e da una spontanea iniziativa personale. Non sapevo a chi mandarla, allora ho deciso di mandarla a tutti quelli che potevo. Tutta l'Europa germanofona è stata investita da un ondata di proteste contro l'attuale sistema di studi universitari. Da Vienna a tutta la Germania ed ancora ad altre le occupazioni si sono estese a macchia d'olio. La mia università, come tutte le altre più importanti università svizzere nei mesi di novembre e dicembre sono state occupate, un unione senza precedenti nel mio paese. La protesta losannese è nata nel giro di una settimana con l'intento di dare un messaggio forte di solidarietà agli studenti delle altre università che da qualche settimana stavano già occupando degli auditori nelle varie università. La nostra prima assemblea generale ci ha però ben presto portato a renderci conto che quello che stavamo facendo era ben diverso. Non appena è stata suscitata la discussione tra i circa 300 studenti presenti abbiamo capito quanto questa università, la nostra, stava diventando sempre di più un luogo soffocante, élitista, di uniformizzazione del sapere e anche quanto le promesse pubblicitarie che erano state fatte a promozione di Bologna di mobilità, eurocompatibilità etc... non solo non sono state mantenute, ma addirittura che le possibilità di spostamento per gli studenti siano diventate ancora più difficili. L'assemblea ha deciso di occupare perché si era resa conto quanto profondo e complesso fossero gli interrogativi che ci opprimevano. Di quanto ci fosse necessario e vitale avere uno spazio che si trovasse al di fuori della logica quotidiana e individualista. Molte cose sono successe da allora , il nostro movimento è nato spontaneo e multiforme, scoordinato e così resta. I gruppi di lavoro nati durante l'occupazione (finita due settimane fa) continuano il loro lavoro e il nostro obbiettivo è, al rientro degli esami e dalle vacanze forti e determinati, anzi più forti e più determinati. Oggi c'è stato il primo incontro svizzero tra gli studenti delle varie università, le cose si muovono, a memoria non ci si ricorda quando in Svizzera, simbolo del multilinguismo, ma anche del capitalismo e dell'uniformazione al sistema, qualche cosa del genere sia stato possibile. Parlavamo in tedesco, in francese, in italiano, ma non abbiamo permesso alle lingue di essere d'intralcio alle idee, e non abbiamo permesso alle tante piccole declinazioni regionali del sistema universitario di non farci vedere quale sia la volontà e la tendenza dietro a queste declinazioni: “Un università privatizzata, un università solo per i figli dei ricchi, un università che non ti permette di lavorare durante gli studi, un università non più fatta per formare uno spirito critico nello studente... la figlia perfetta per i perfetti figli di un sistema neoliberista che stringe le sue catene attorno tutta il globo soffocandone il respiro”. Quello che ho scritto fino a qui sono soltanto mie parole, il mio scopo è anche e soprattutto di diffondere un invito. Esso nasce dallo spazio occupato di Vienna: “Dall' 11 al 12 marzo i ministri dell'educazione di 46 paesi europei sono stati invitati a Vienna e Budapest in occasione del giubileo dei 10 anni dalla firma del trattato di Bologna (Bologna Ministerial Anniversary Conference 2010). Viste le condizioni delle università e le ampie proteste in corso per ottenere un educazione libera le celebrazioni previste ci sembrano una presa in giro del personale e degli studenti. Il processo di Bologna, l'unificazione dello spazio universitario europeo, che erano stati proposti come un miglioramento che avrebbe portato dinamismo e mobilità hanno lampantemente mancato queste aspettative. Il programma di studi altamente scolarizzato e la pressione per completare nel minor tempo possibile gli studi rendono più difficili gli spostamenti all'estero per un semestre. Il nuovo sistema di studi rende più acentuata la selezione sociale. Il bachelor è pensato per essere frequentato da un gran numero di studenti, mentre Master e dottorato sono pensati unicamente come programmi d'élite, cosa che a lungo andare finirà per penalizzare in maniera particolarmente accentuata le donne. Oltre a questo c'è il cronico sottofinanziamento delle università e delle alte scuole professionali, l'introduzione (ndt. in Austria e Germania) delle tasse universitarie e una diminuzione della libertà accademica. La grave situazione finanziaria costringe sempre più le università e le alte scuole professionali a cercaare degli investitori privati, cosa che indebolirà la libertà accademica e la ricerca. L'allineamento dei programmi di studio agli interessi del mondo economico sulla scia del trattato di Lisbona non coinvolge solamente le università ma è messo a linea guida a tutto il sistema scolastico, e questo, ovviamente, limita la possibilità di studi con al centro l'autocritica e la possibiltà di imparare. In considerazione di questa situazione catastrofica, non vediamo alcuna ragione per cui il 10 anno dall'introduzione della riforma di Bologna debba essere celebrato. Le proteste avvenute in tutta Europa sia tra i docenti che tra gli studenti ci mostrano come i politici non possano più decidere sui nostri futuri. La strategia di Bologna si è mostrata erronea e non vediamo il motivo per cui avvengano queste celebrazioni internazionali. La riunionione ci sarà e noi vogliamo accoglierla bloccandola con scioperi e azioni. Un contro vertice degli studenti universitari di tuttta europa critico e che riesca portare le proteste studentesche dal nazionale all'internazionale.” Il mio sogno è che per marzo si riesca ad organizzarsi e che tanti piccoli bus partiti da tutte le università d'Europa diventino una marea incontrollabile di persone che riescano a concretizzare questa idea di controvertice. A Vienna si stanno organizzando, piano piano arriveranno sempre più notizie. Saluti sys

per altre info:

lunedì 21 dicembre 2009

Vienna: sgomberata l'Audimax, la protesta continua!


[www.uniriot.org] Lunedi 21 dicembre il rettore dell'Università di Vienna ha deciso questa mattina di far sgomberare l'Audimax dalla polizia. Circa 150 persone hanno dovuto evacuare l'aula. Gli occupanti sono delusi della posizione che ha preso il rettore e condannano lo sgombero come sostituzione di una risoluzione politica. Questa sera saranno decide in assemblea le condizioni per trovare un accordo con l'università. Da parte degli occupanti prevalgono la necessità e la disponibilità di trovare una soluzione prima di Natale.

Anche le organizzazioni di senzatetto viennesi si sentono coinvolte. I preparativi, per fornire supporto ai senzatetto, non erano stati ancora completamente ultimati. Solo un paio di giorni prima di Natale un centinaio di senzatetto è sulla strada. "Oggi queste persone sono state lasciate intenzionalmente al gelo", critica Markus Reiter, il direttore dell'organizzazione Neunerhauses che gestisce posti letto per i senzatetto.

Il momento dello sgombero è particolarmente incomprensibile. Rispetto alle scorse settimane le condizioni di sicurezza non erano cambiate sostanzialmente. Non c'è stato nessun particolare motivo che possa aver giustificato lo sgombero.

Ad ogni modo la protesta va avanti! Il movimento viennese "Unsereuni" mantiene ancora occupata, in centro città, la seconda aula più grossa dell'Università di Vienna (C1, nel campus universitario) e continua il suo lavoro. Alle 13:00 e alle 19:00 le assemblee si terranno qui .

L'occupazione dell' Audimax ha lanciato un movimento che va ben oltre l'occupazione. Più di 30 mila studenti sono connessi tramite internet , più di 100 gruppi di lavoro continuano il loro impegno, azioni creative sulla strada, proteste e occupazioni proseguono in 80 università in Europa.

L'Audimax di Vienna è dappertutto!

Tasse universitarie "fuori controllo" in 27 atenei su 61


lunedì 14 dicembre 2009

Take your time! Reclaim your space! Spazi autogestiti a Palazzo Nuovo



Nei giorni scorsi abbiamo appreso dai giornali che sarebbe intenzione del prorettore Roda discutere, nella seduta del Senato Accademico del 23 dicembre, se e come riassegnare gli spazi autogestiti all’interno di Palazzo Nuovo.

Si tratta di luoghi che alcuni studenti e studentesse , grazie al loro impegno, hanno fatto rivivere riappropriandosene e trasformandoli in spazi di socialità, condivisione e aggregazione dal basso.

Lo Spazio “ex Acquario”, situato al primo piano sopra la presidenza di lettere, è dal 1996 luogo di elaborazione politica e discussione tra universitari/e; vi si sono tenute importanti discussioni, progetti e conferenze stampa dei movimenti contro le riforme universitarie Zecchino-Berlinguer, Moratti e Gelmini. Dal 2005 è anche luogo di ideazione di seminari autogestiti aperti a tutti gli studenti e studentesse che hanno avuto per tema la guerra, i saperi, le trasformazioni dell’università. Il martedì dalle 17.30 è luogo di riunione del collettivo universitario autonomo.

Lo Spazio “Uni lotta” è stato ottenuto durante un’occupazione universitaria del 2002 e si trova al primo piano di fronte all’aula 15. E’ stato animato dalle riunioni di diversi gruppi e collettivi che, producendo momenti di discussione critica, hanno vivacizzato il dibattito interno a Palazzo Nuovo analizzando le trasformazioni e contraddizioni dell’università e mettendo in pratica un altro modo di viverla. Si tratta inoltre di uno spazio attraversato da studenti e studentesse particolarmente attiv* e sensibili alle “tematiche di genere”: questo interesse ha prodotto momenti di discussione interna nonché pubblica in assemblee con docenti e ricercatori/trici, in ultimo gli incontri di “Corpi Negati” su femminicidio, prostituzione, omo/transfobia (a.a. 2008/09).

Lo Spazio Li.Sa. (Liberi Saperi) è stato ottenuto durante le mobilitazioni contro la riforma Moratti del 2005. Da allora ha ospitato una radio streaming, Radio Li.Sa., postazioni libere open source, fotocopiatrici autogestite dagli studenti , riunioni politiche, proiezioni di film. E’ un luogo aperto e a disposizione degli studenti/esse e dei precari/e dell’università per progetti che mettano in discussione il copyright e puntino alla condivisione pratica dei saperi e dei loro supporti cartacei o digitali.

Al contrario di quanto dice il pro-rettore Roda, gli spazi autogestiti di Palazzo Nuovo non sono in mano a “gruppi non meglio identificati”, ma sono luoghi in cui studenti e studentesse cercano di costruire un’università “altra”, critica e realmente partecipata, sicuramente diversa da quella istituzionalizzata che sembra sempre più interessata a spremere denaro agli studenti/esse per faraonici quanto inutili progetti che ad elaborare e condividere saperi.

La battaglia per gli spazi autogestiti riguarda tutti e tutte! In gioco non ci sono solo dei muri, ma la possibilità di costruire un’università diversa!

“Ciò che abbiamo è ciò che ci siamo presi, e ciò che ci siamo presi è solo una piccola parte di ciò che ci spetta”.

Gli spazi autogestiti di Palazzo Nuovo (Spazio Collettivo Universitario Autonomo, Spazio Liberi Saperi, Spazio UniLotta)

L'aziendalizzazione (finanziata) delle università di Francia


[mir.it/servizi/ilmanifesto/franciaeuropa] L’opposizione critica più la forma che la sostanza: Sarkozy ha annunciato stamattina che la Francia finanzierà, attraverso un prestito di 35 miliardi di euro, il rilancio dell’università e della ricerca. Sui 35 milioni che dovranno essere trovati sui mercati, 18 andranno a ricerca e università, tra costruzione di campus e investimenti in progetti a favore delle nuove tecnologie. “Vogliamo le migliori università del mondo”, ha affermato Sarkozy. Sarkozy spera che i 35 miliardi di denaro pubblico (in realtà 22, perché 13 sono il rimborso dei prestiti concessi alle banche al momento peggiore della crisi finanziaria), diventeranno 60, grazie all’intervento dei capitali privati, degli enti locali e dell’Europa. L’idea è difatti di approfondire il legame tra pubblico e privato, soprattutto nelle ricerca e nelle università. Sarkozy intende far nascere una decina di centri di’eccellenza, sulla base dell’autonomia delle università. Le critiche dell’opposizione si concentrano soprattutto sull’ineguaglianza che questi investimenti genereranno: delle università di serie A, passibili di competere con le migliori del mondo anglosassone, e la maggior parte di serie B, più o meno abbandonate. I socialisti criticano anche la crescita del debito pubblico, “le tasse di domani”, senza che venga toccato lo scudo fiscale che protegge i redditi più alti. Gli ecologisti sottolineano soprattutto lo scarso impegno per le energie rinnovabili, mentre la ricerca sul nucleare è sempre in primo piano (anche se Sarkozy ha deciso di ribattezzare il Cea, il Commisariato all’energia atomica, in Commissariato alle energie alternative). Sta di fatto, che il grande prestito, deciso sulla base di un rapporto preparato dagli ex primi ministri Alain Juppé e Michel Rocard (socialista), anche se è inferiore alle aspettative dell’ala più statalista (che sperava in 100 miliardi), ha un montante globale, con l’apporto sperato del capitale privato, superiore al piano di rilancio contro la crisi (39 miliardi nel 2009, 7 nel 2010). L’accento è posto su tutto cio’ che potrà migliorare la competitività della Francia in un’economia del futuro. 4,5 miliardi andranno all’espansione dell’economia digitale. Uno sforzo, dice Sarkozy, “simile a quello che il nostro paese ha fatto negli anni ‘70 per il telefono”. Per il socialista Pierre Moscovici, il grande prestito di Sarkozy “manca di una linea di fondo, di una visione dell’avvenire”. Il grande prestito arriva in un momento in cui il 57% dei francesi giudica negativamente il bilancio di Sarkozy di fronte alla crisi economica e finanziaria.

domenica 13 dicembre 2009

L'I.T.C. Luxemburg contro la Gelmini!


Mozione MINISTRO GELMINI

Approvata dal Collegio Docenti dell'I.T.C. Rosa Luxemburg di Torino il 3-12-09

- Vista la diminuzione delle sedi scolastiche, delle sedi universitarie, delle ore di docenza in alcuni gradi dell'istruzione, del numero dei docenti, a fronte di un aumento degli allievi per classe,

- Vista la diminuzione di moduli, di progetti e del tempo pieno,

- Vista la diminuzione del personale non docente, del personale ATA e dei docenti d'appoggio,

- Considerati i licenziamenti dei precari, gli accorpamenti di diverse classi di concorso,

- Considerando il taglio dei fondi destinati alla scuola e l'azzeramento di gran parte dei crediti, già anticipati e spesi legalmente dalle scuole, che il Ministero aveva già assegnato alle scuole,

- Considerata la poca chiarezza della riforma ministeriale ed in molti casi la sua inapplicabilità,

- Visto che l'insieme di questi (e altri) provvedimenti è un disegno che mira all'eliminazione di fatto della Pubblica Istruzione:

chiediamo

le dimissioni del ministro della Pubblica Istruzione

Voti a favore 49
Voti contrari 3
Astenuti 8

ROSA LUXEMBURG OCCUPATO

In data 23/11/2009 noi studenti dell'ITC Rosa Luxemburg abbiamo deciso di occupare la scuola, per manifestare il nostro dissenso ai decreti emessi l'estate scorsa. In particolare alla legge 133/2008 che prevede un forte taglio ai fondi della scuola pubblica di circa 8 miliardi di euro.Inoltre verrà effettuato una notevole diminuzione del personale ATA, di circa 43000 posti di lavoro, e delle ore settimanali di lezioni, peggiorando così la qualità dello studio.

Tutto questo, come ha ribadito più volte lo stesso ministro dell'istruzione,è stato fatto per risparmiare; questo però non autorizza che sia la scuola pubblica ad essere penalizzata quando poi i soldi negati all'istruzione vengono reinvestiti nel campo della guerra (come e successo per la costruzione di due caccia-bombardieri F35 che verranno utilizzati in Afghanistan).

Inoltre la protesta mira anche a contrastare il disegno di legge Aprea che tende a privatizzare le scuole pubbliche trasformando l'istruzione in una vera e propria azienda dando molto potere decisionale a persone appartenenti a enti privati che influiranno sulle decisioni interne dell'istituto.

Studenti e studentesse dell'I.T.C. Rosa Luxembourg occupato

venerdì 11 dicembre 2009

Onda in piazza. La polizia carica gli studenti medi

L'Onda riempe lo sciopero generale e travolge i divieti!


[www.infoaut.org] Una grande giornata per il movimento dell'Onda, migliaia di studenti e studentesse hanno attraversato lo sciopero generale del mondo della formazione dentro i cortei di Roma Torino Milano Bologna e altre città. Manifestazioni alle quali l'Onda ha partecipato con propri spezzoni autonomi, ribadendo la sua irrapresentabilità, rompendo i divieti a Roma, resistendo alla violenza della polizia a Torino. Onda che ha saputo sfruttare ed attraversare lo sciopero generale di scuole e università, andando a chiudere un autunno tiepido, anche alla luce della cambiata fase, rispetto allo scorso e intenso anno di mobilitazione, dentro le scuole (che comunque sono state ancora espressione di un dissenso e di una conflittualità diffusa con occupazioni e cortei) e le università (nelle quali si è ripartiti da quanto, di importante, sedimentato l'anno scorso). Un'Onda che ha saputo parlare e praticare il linguaggio del conflitto, irriducibile dinnanzi a divieti e limitazioni poliziesche, determinata nell'opposizione alla riforma disegnata dal ministro dell'istruzione Gelmini, in combutta con il ministro dell'economia Tremonti, sotto il quale ministero è andato a concludersi, conquistandoselo, il corteo dell'Onda nella capitale.

vedi anche:
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Le cronache dalle città

Molto alte, tra il 50 e il 60%, le adesioni allo sciopero dell'impiego pubblico indetto dalla CGIL. In 100mila hanno sfilato a Roma, in 70mila a Milano, 20mila a Bologna, mentre a Napoli e Reggio Emilia erano in 10mila e a Modena in 5mila. Significativa e importante in molte città la presenza degli studenti medi e degli universitari. In più città si sono verificati momenti di tensione con le forze dell'ordine. Cariche a Roma, Torino e Milano. 

Tre cortei, della Cgil, dei medi e degli universitari, hanno sfilato stamattina per le strade diRoma. Un serpentone di 100000 lavoratori del pubblico impiego aderenti alla Cgil si è mosso da piazza della Repubblica verso piazza del Popolo. Il concentramento per migliaia di universitari e precari della ricerca da tutta Italia era invece, nonostante il divieto della questura, a Piazzale Aldo Moro. Violando ancora una volta il protocollo l'Onda si è mossa verso stazione Termini dove la polizia ha cercato, invano, di impedire, caricando più volte, la prosecuzione della manifestazione. Una decina gli universitari feriti. Con una manif sauvage, l'Onda è riuscita comunque a raggiungere il Ministero dell'Economia per poi ritornare, nuovamente in corteo, verso La Sapienza. Intanto anche gli studenti dei licei romani, circa 5000, partiti da Piramide, dopo tensioni con le forze dell'ordine, sono riusciti a raggiungere il ministero dell'Istruzione. Davanti un grande striscione: "Ci vogliono ignoranti, ci avranno ribelli. Bloccare la riforma, riprenderci il futuro".

A Milano 70mila sono stati i partecipanti al corteo della Cgil, mentre 15mila tra studenti medi, universitari e precari hanno sfilato per le vie della città per quello che avevano lanciato come il "No Gelminy Day". Attimi di tensione si sono registrati intorno alle 9, quando un gruppo di studenti che arrivava al concentramento del corteo ha tirato petardi, uova e vernice contro un gazebo della Lega in via Larga. Il corteo si è poi significativamente concluso in piazza Fontana, dove gli studenti hanno rilanciato l'appuntamento per domani, quando anche loro scenderanno nuovamente in piazza per una manifestazione a ricordo della strage alla banca dell’Agricoltura, di cui ricorreranno domani i 40 anni.

A Torino un corteo di 1500 studenti medi è partito da piazza Arbarello. In coda anche uno spezzone di universitari, ricercatori e lavoratori dell'università. Numerose cariche a freddo della polizia si sono avute intorno a metà corteo, quando gli studenti hanno cercato di raggiungere la sede della Provincia. Diversi, almeno una decina, gli studenti medi feriti, di cui alcuni sono finiti all'ospedale. A conclusione del corteo gli studenti hanno convocato una conferenza stampa davanti a Palazzo Nuovo per denunciare le violenze e la brutalità delle forze dell'ordine.

A Bologna, mentre in 20mila sfilavano al corteo sindacale, circa 300 tra student* e precar*, si sono dati appuntamento in piazza Verdi e hanno poi sfilato per le vie del centro cittadino dietro lo striscione Reddito contro la crisi - Stay on the barricades for a better education. Sotto le due torri con un murales gli student* hanno voluto ricordare Alexis, il ragazzo greco ucciso l'anno scorso. Durante il percorso è stato sanzionato anche il consolato greco e la sede dell'Unicredit di via Rizzoli, istituzione bancaria che gestirà il sistema del prestito d'onore a Bologna tramite la partecipazione ai Cda e la contribuzione alla gelminiana Consab SPA.

Oltre 1500 studenti e studentesse hanno partecipato anche a Brescia alla manifestazione promossa dal Kollettivo Studenti in Lotta contro i tagli all'istruzione voluti dalla Gelmini. "No ai tagli No privatizzazioni Stop Gelmini Effetto tagli: autunno caldo" si leggeva sullo striscione di apertura del corteo.

11 dicembre: anche a Torino è sciopero generale!


mercoledì 9 dicembre 2009

L'università di Torino è un luogo di precarietà e sfruttamento, scendiamo in piazza l'11 dicembre!


L’11 dicembre, giorno dello sciopero dei lavoratori della conoscenza. A Roma si terrà un corteo indetto da CGIL-FLC,; a Torino gli studenti delle scuole saranno in piazza e uno spezzone universitario, composto da studenti e precari esternalizzati sfilerà all’interno del corteo.

La precarietà attanaglia il lavoro e lo studio nella nostra università in modo sempre più duro: da un lato i costi di vita e studio degli studenti (tasse, affitti delle stanze, trasporti, libri) li rendono lavoratori precari del terziario, creando uno scenario di vita denso di privazioni e incertezze, dove l’approfondimento di ciò che si studia, già reso difficile dal sistema del 3+2, diventa praticamente impossibile. Studiare in un’università dove tutto è costoso e siamo sommersi da una burocrazia aziendale, e dove l’offerta didattica è ormai impoverita a livelli scandalosi, produce la frustrazione e la valanga di abbandoni o ritardi nel percorso di studi di cui solo ora l’ateneo e i mezzi di comunicazione sembrano accorgersi.

Ma unito è una fabbrica di precarietà a più livelli: da anni i lavoratori delle segreterie, delle biblioteche e delle pulizie sono in gran parte esternalizzati, sono dipendenti cioè a tempo determinato di cooperative che vincono gare di appalto indette dall’università. Questo fa sì che i loro posti di lavoro siano precari e un mancato rinnovo dei contratti sia possibile di mese in mese, di anno in anno, con il solito corollario di sfruttamento selvaggio e mancanza di tutele che tutto ciò comporta. Ma è il funzionamento cardine di unito, quello relativo alla ricerca, che si basa sullo sfruttamento selvaggio: i precari sono sottoposti a pressioni e incarichi indebiti di ogni tipo come segno di sottomissione e affidabilità in cambio delle loro borse, che spesso durano uno o due anni e non prevedono nessun inserimento certo; e non è una questione di merito, come dice il ministro Gelmini che con la riforma vuole istituzionalizzare ancor più questa situazione, dal momento che chi va avanti è il più sottomesso, il più fedele, in poche parole spesso il più stupido, o chi è disposto a fare non ricerca, ma tutt’altro – la bassa manovalanza per la carriera degli ordinari – con conseguenze penose per l’abbassamento del livello scientifico, dell’offerta didattica futura, della ricerca, e della cultura in questo paese.

In questo quadro desolante, i vertici di unito, del politecnico e i responsabili del ministero sono complici di uno stesso disegno: radicalizzare la realtà di una università-fabbrica dove la forza lavoro, anzitutto quella intellettuale, viene messa selvaggiamente al servizio del profitto e dove il sapere vivo – e quello critico – sono mortificati o non hanno più spazio. Scendere in piazza l’11 dicembre è fondamentale, e continuare la lotta contro la Gelmini e contro l’attuale università di Torino è nell’interesse della stragrande maggioranza: poco importa se come al solito non vedremo in piazza la classe docente e gestionale, arroccate a difendere le ultime spoglie di privilegi fondati sullo sfruttamento di studenti e precari. Da oltre un anno stiamo dimostrando qual è la forza in grado di sommergere il sistema passato e quello presente.

MANIFESTA ANCHE TU L’11 DICEMBRE!

APPUNTAMENTO PER LE/GLI UNIVERSITARI(E)
H 8.30 PALAZZO NUOVO
CORTEO DEGLI STUDENTI E DEI PRECARI DELLA CONOSCENZA
H 9.30 PIAZZA ARBARELLO

Collettivo Universitario Autonomo

Restiamo umani. Vittorio Arrigoni da Gaza a Torino


lunedì 7 dicembre 2009

Iran: duri scontri nella "giornata dello studente"


[www.infoaut.org] Tensione alle stelle in Iran in occasione della "giornata dello studente": polizia schierata in strada dall'alba, scontri e adunate nei pressi delle principali università del paese persiano, nonostante i divieti imposti a priori nei giorni scorsi e le minacce di repressione riproposte dalle autorità. Diversamente da altri "appuntamenti di celebrazione" dentro i quali si è inserita l'Onda verde, la giornata di contestazione di quest'oggi, che vede soprattutto gli studenti universitari come protagonisti, non si è realizzata solamente nella capitale Teheran, che resta comunque il fulcro e il centro della battaglia, ma ha preso piede anche in altre città iraniane, dentro i suoi atenei (Shiraz, Esfahan, Arak e Mashad). Oggi si ricordano i 3 studenti uccisi, nel 1953, dal regime, negli incidenti scoppiati durante la visita a Teheran dell'allora vice presidente americano Nixon.

Duri scontri tra polizia e studenti si sono verificati in piazza Enghelab, nei pressi della principale università di Teheran. 2 donne sarebbero state arrestate, mentre (a leggere quel che circola in rete) sarebbero stati disattivati i collegamenti cellulari nelle zone centrali della capitale e attorno all'università. Dentro l'università i giovani gridano "Allah Akbar" e slogan anti-governativi. Fuori la polizia ha risposto con gas lacrimogeni e colpi di pistola in aria agli attacchi degli studenti. Simile quello che si è verificato nell'altra università di Teheran, l'ateneo scientifico Sharif. La polizia e le milizie Basiji restano presenti in maniera massiccia nei punti strategici del centro di Teheran, sorvegliando soprattutto piazza Haft Tir, luogo dal quale nei mesi scorsi sono partiti i cortei dell'Onda verde.

A quanto si apprende solamente oggi, sabato sarebbero state arrestate una decina di madri di giovani morti negli scontri della scorsa estate mentre si riunivano, come ogni sabato, al parco Laleh per chiedere giustizia. Gli agenti di polizia hanno cercato di sgomberarle, ma trovando la resistenza delle donne in diverse sarebbero state arrestate.

vedi anche:

Atene: attaccato commissariato, scontri davanti Parlamento


[www.infoaut.org] Non conoscono sosta le mobilitazioni in Grecia, oggi nuova giornata all'insegna della rabbia e del conflitto. Il giorno dopo l'anniversario della morte di Alexis, Alexandros Grigoropoulos, 15enne ucciso dalla polizia il 6 dicembre 2008, è ancora lo scontro a tenere banco, non solamente nella capitale Atene. Si riaccende la miccia che diede il la alla rivolta dello scorso anno, esplosa con l'omicidio poliziesco, tramutata in sommossa generazionale. La capitale resta blindata, con oltre 6mila agenti schierati. Ieri sono stati 26 i poliziotti e 4 i manifestanti rimasti feriti, oltre 350 le persone fermate in seguito agli scontri ad Atene, Salonicco, Patrasso, Rodi, Heraklion, Creta e Ioannina.

Poco prima che iniziassero i diversi cortei preannunciati nella capitale, un gruppo di giovani ha attaccato un commissariato di polizia vicino al centro di Atene: i giovani, una ventina, hanno lanciato sassi contro la facciata dell'edificio, la polizia ha sparato lacrimogeni, eseguendo poi un arresto. Centinaia di scuole e università restano occupate dagli studenti, luoghi dai quali sono partiti i vari spezzoni per partecipare al corteo per ricordare Alexis e per chiedere la li liberazione degli arrestati. Migliaia di persone sono sfilate in corteo, presenti studenti e insegnanti soprattutto, fin sotto il Parlamento, dove si sono accesi poi gli scontri (ancora in corso) con la polizia.


vedi anche:

venerdì 4 dicembre 2009

Affrontiamo sta crisi! Presidio in rettorato


Sgomberata l'università di Francoforte


[www.infoaut.org] A quanto si apprende solo oggi, l'Università di Frankfurt am Mein è stata sgomberata mercoledì sera alle 19 dalle forze dell'ordine. In Germania sono da tempo in piedi le mobilitazioni degli studenti e delle studentesse delle università, molte delle quale sono state occupate, contro la nuova riforma del governo, che segue la scia del processo di Bologna.

Dopo l'ultimatum del rettore Werner Müller-Esterl del campus dell'università di Francoforte (occupato da lunedì) sono trascorsi solo 10 minuti dallo sgombero di forza eseguito dalla polizia. Forze dell'ordine che si sono spese anche nella provocazione: numerosi gli insulti razzisti e sessisti rivolti contro gli studenti in occupazione. Molte le persone ferite durante lo sgombero, 5 studenti sono stati portati in ospedale. La polizia ha poi identificato 176 persone, alle quali viene imputata l'occupazione abusiva dell'edificio. Il 10 dicembre è stata organizzata una giornata d'azione per bloccare la conferenza dei ministri della cultura che si terrà a Bonn.

giovedì 3 dicembre 2009

Il Master di giornalismo finisce in Procura


[www.lastampa.it/torino] Il Tar annulla la selezione per gravi violazioni

di Raphael Zanotti

Una commissione fantasma nominata a babbo morto, quando già aveva corretto le prove e svolto gli orali. Un solo verbale firmato dal presidente in cui non compare né il numero dei commissari né il loro nome. Un candidato che riceve un’e-mail con l’esito del suo esame il giorno prima che sia terminata la correzione. Se non c’è qualcos’altro dietro, si tratta forse del peggior concorso pubblico che l’Università di Torino abbia bandito negli ultimi anni. Un disastro amministrativo tale non solo da costringere il Tar ad annullarlo, ma addirittura a invocare l’intervento della procura della Repubblica per ben tre volte. La selezione incriminata è quella del Master in Giornalismo del settembre 2008: centoventi candidati per venti borse di studio del valore di 10.000 euro l’una. Soldi messi a disposizione da Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt e Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Andrea Mazzocca, candidato 27enne, partecipa alle prove scritte. Il 18 settembre 2008 riceve un’e-mail che lo informa della sua esclusione dalla segreteria del Corep, il Consorzio che si occupa della parte amministrativa. Mazzocca chiede di poter visionare le sue prove, gli rispondono che bisogna attendere la conclusione degli orali. Domanda allora di poter assistere a questi ultimi. Glielo impediscono perché «la stanza è troppo piccola anche per un solo uditore». 

A questo punto Mazzocca s’insospettisce. Fa l’accesso agli atti e scopre alcune cose sorprendenti. La commissione, che ha svolto i suoi lavori dal 15 al 26 settembre, è stata nominata dal rettore Ezio Pelizzetti solo il 1° ottobre, cinque giorni dopo la fine dei lavori. La correzione delle prove scritte è terminata il 19 settembre, un giorno dopo l’e-mail a Mazzocca. L’abbinamento prove-candidati è avvenuto nelle segrete stanze senza rappresentanti dei candidati. E pare pure mal fatto visto che Mazzocca disconosce la paternità di uno degli scritti. L’unico verbale esistente della commissione è firmato dal presidente Carlo Marletti, ordinario di Sociologia, e non riporta gli altri componenti Roberto Marvulli (docente di Statistica), Dario Galati (docente di Psicologia), Silvia Scarrone (dipartimento di Scienze Pediatriche), Remo Guerra (consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti), Sergio Ronchetti (ex giornalista de La Stampa), Alessandra Comazzi (segretaria dell’Associazione Stampa Subalpina e collaboratrice de La Stampa) e Vera Schiavazzi (collaboratrice di Repubblica e direttore del Master). Come fosse da solo. Non basta: i commissari sono in numero pari. Per il Tar è illegittimo: solo il numero dispari permette di raggiungere sempre una maggioranza.

Mazzocca chiede l’intervento del rettore, ma questi respinge inspiegabilmente ogni istanza. Allora il ragazzo si rivolge all’avvocato Roberto Longhin e presenta ricorso al Tar. A questo punto il pasticcio, se possibile, peggiora. La commissione fantasma, ormai senza poteri, si autoconvoca e, dopo aver ammesso i gravi vizi, invita Mazzocca a ridare la prova. Si chiama provvedimento in autotutela: se passa, la selezione è salva e il ricorrente perde interesse a coltivare il ricorso. Mazzocca, però, non si presenta, invia un certificato medico, e la commissione lo esclude per la seconda volta. Per il Tar ancora in modo illegittimo. Università e Ordine dei Giornalisti si dicono convinti della correttezza della selezione e annunciano ricorso al Consiglio di Stato nella speranza di salvaguardare i 20 vincitori che stanno concludendo il Master. Il Tar, però, ha già inviato gli atti in procura: «Un atto dovuto - riferisce il consigliere relatore Alfonso Graziano -. Non commento l’episodio ma con l’individuazione di uno dei candidati non potevamo fare altrimenti».

mercoledì 2 dicembre 2009

Incontro sicurezza sul posto di lavoro: "Basta morti in nome del profitto!"


[www.colpo.org] Il Collettivo Politecnico e la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro organizzano un incontro sul tema della sicurezza sui posti di lavoro.

Interverranno:
Fulvio Perini (Comitato Scientifico dell'Istituto Superiore di Prevenzione e Sicurezza nei luoghi di lavoro)
Doriano Ravarino (responsabile provinciale FIOM per la salute e la sicurezza sul lavoro),
Ciro Argentino (associazione Legami d'acciaio - Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro).

A seguire Daniele Segre introdurrà la proiezione del suo film: "Morire di Lavoro".

Invitiamo tutte le realtà studentesche, di lavoratori e gli interessati a partecipare all'incontro e ad intervenire.

L'Onda lancia l'agitazione... verso l'11 dicembre!


[www.infoaut.org] Giornata di mobilitazione nazionale quest'oggi in tante città del nostro paese, anche a Torino, contro la riforma Gelmini sull'università. Gli studenti e le studentesse dell'Onda Anomala hanno attraversato questa giornata di lancio dello sciopero generale del mondo della formazione del prossimo 11 dicembre. Scadenza uscita dall'Assemblea nazionale dell'Onda del 20 novembre scorso a Roma, dalla quale è emersa la volontà di individuare 2 scadenze nel breve termine per quanto riguarda l'opposizione al disegno del ministro Gelmini: il 2 dicembre come giornata di agitazione, l'11 dicembre per lo sciopero generale già indetto dalla Flc Cgil.

A Torino per l'11 dicembre è stato indetto da parte degli studenti medi ed universitari un corteo autorganizzato che attraverserà le vie del centro cittadino, in contemporanea con le manifestazioni che vi saranno nelle altre città ed a Roma.

A Torino, quest'oggi, l'agitazione si è riversata in entrambi gli atenei della città: presenti non solamente studenti e studentesse dell'Onda dell'università, ma anche ricercatori e lavoratori precari. La contestazione, e il lancio del corteo cittadino dell'11 dicembre, che si terrà insieme ai medi delle scuole in occupazione, è partito dal Politecnico con un presidio dinamico informativo che prima ha fatto una sortita alla mensa per poi spostarsi sotto il rettorato. E' quindi proseguito in direzione delle biblioteche dell'università di Torino, dentro le quali gli studenti sono entrati facendo volantinaggio e dando la loro solidarietà ai bibliocooperativisti in lotta per il loro posto di lavoro.

lunedì 30 novembre 2009

Fuori i fascisti dall'università!


Stamattina ennesima provocazione di un gruppi di giovani del PDL che, con bandiera Fuan alla mano (ricordiamo che il Fuan ha origine come sezione giovanile del MSI di Almirante), si è piazzato in fondo all'atrio di Palazzo Nuovo distribuendo un volantino che chiedeva l'aumento di due ore dell'apertura delle segreterie.

Una provocazione, oltre che una presa in giro. Il ministro di questi giovani (e meno giovani) è infatti proprio Maria Stella Gelmini che, tagliando i fondi destinati all'università, la sta lasciando senza risorse per servizi e didattica. Ci sembra paradossale che proprio i militanti del Pdl si presentino in università facendo finta di essere dalla parte degli studenti!

Rispetto ai fatti della mattinata, si è spontaneamente formato un presidio di studenti per contestare questi noti politicanti che, da sempre, si contraddistinguono per il loro spiccato razzismo, diffondendo messaggi d'odio verso i migranti e incentivando una politica d'intolleranza e repressione. Distribuendo volantini, il presidio antifascista con lo striscione "Fascisti su marte" è rapidamente aumentato di numero. I fascisti picchiatori camuffati hanno così dovuto lasciare l'università sommersi da numerosi slogan e protetti, ovviamente, dalla polizia. Infatti, altro elemento purtroppo non troppo insolito, decine di agenti in borghese militarizzavano l'atrio con la celere pronta ad intervenire nascosta nel piano seminterrato dell'università.

Né polizia né i provocatori hanno lesinato calci e pugni agli studenti antifascisti e addirittura consiglieri di circoscrizione, pagati con le nostre tasse, scalciavano come muli... forse volevano imitare l'esempio di un altro illustre deputato schierato con la cinghia in mano contro chi la settimana scorsa contestava la Gelmini?!

Non siamo in uno stato di polizia e l'università deve rimanere un luogo di scambio di saperi libero e non cooptato da forze esterne!

Studenti e studentesse antifascist* di Palazzo Nuovo e Politecnico

domenica 22 novembre 2009

"Fee hike! We strike!" Studenti della California in rivolta, sgomberato campus Berkeley


[www.infoaut.org] Una settimana di fuoco quella californiana, un assedio alimentato dagli studenti e dalle studentesse dello Stato americano contro l'aumento vertiginoso delle tasse universitarie. La lotta, in piedi già da tempo contro la ristrutturazione in atto (vedi occupazioni assemblee etc dello scorso settembre), è ripartita allargando il fronte d'opposizione, chiedendo il reintegro di 38 dipendenti licenziati causa tagli... "Fee hike! We strike!"

Occupazioni delle università, sit-in nelle strade, scontri con la polizia e arresti degli studenti in rivolta hanno immediatamente seguito la decisione del Board of Regents, il consiglio d'amministrazione che governa il sistema californiano delle università di Stato, di aumentare del 32% le rette annuali delle università californiane! I campus di Berkeley e Santa Cruz si sono ancora una volta dimostrati i più combattivi, in una partita che comunque vede attivi anche tutti gli altri college, da Santa Clara a Los Angeles.

Berkeley in rivolta. A Berkeley, giovedì notte, una cinquantina di studenti ha preso possesso di un edificio dell'ateneo, barricandosi all'interno. La mattina dopo in centinaia si sono radunati fuori per portare il loro appoggio all'occupazione, depositando (prima) una montagna di sacchetti pieni d'immondizia davanti al rettorato. Con il passare delle ore la tensione è andata crescendo, la polizia nel tardo pomeriggio è riuscita ad entrare nel complesso ed a sgomberarlo. Ci sono stati scontri tra studenti e polizia, nel tentativo studentesco di difendere l'occupazione. 40 studenti sono stati arrestati, molti sono stati portati in infermeria con ferite e contusioni.

Santa Cruz e altrove. La protesta di Santa Cruz, è cominciata già mercoledì, culminata nell'occupazione di 2 edifici universitari, dove circa 2mila studenti sono rimasti in assemblea permanente. Gli studentio e le studentesse di Santa Cruz richiedono le dimissioni di Mark Yudof, presidente del Board of Regents. Altri arresti sono stati effettuati nel campus di Davis, dove gli studenti hanno occupato l'aula magna e una cinquantina di loro sono stati denunciati per essersi rifiutati di uscire dalla sede dell'amministrazione. A Los Angeles, giovedì sera, centinaia di universitari hanno protestato contro gli aumenti delle rette e un gruppo ha tentato di impedire ai membri del Board of Regents di uscire dalla riunione, dov'era appena stata presa la decisione. Ovviamente il fermento contro l'aumento delle tasse non è questione solo californiana: dalla Florida a New York le tasse sono aumentate del 15 per cento, Michigan e New Mexico hanno già cominciato a tagliare i corsi ed ad alzare gli oneri...

L'esplosione della protesta. Il Board of Regents è costretto a fronteggiare un taglio di fondi statali di 1 miliardo di dollari... quindi sulle soglie della sua bancarotta è deciso di far salire da 7800 a oltre 10mila dollari il costo annuale dell'iscrizione alle università californiane! La decisione è parte di un disegno fatto di tagli ai bilanci interni, di abolizioni di corsi e riduzioni di personale. Nel frattempo agli studenti e alle studentesse si chiedono 2500 dollari in più, un aumento che porta le rette universitarie a raggiungere il triplo di 10 anni fa!

Wave International. E' quanto mai semplice guardare all'America, a quel che sta avvenendo in termini di ristrutturazioni universitarie, come problematica assolutamente condivisa con quanto abbozzato e implementato altrove, soprattutto dal processo di Bologna in poi in Europa (ma non solo). Aumento delle tasse universitarie, indebitamento studentesco, disciplinamento alla precarietà, negazione di futuro. Queste la radici comuni di un disegno politico internazionale, contro il quale si sta battendo e scontrando un International Wave! E si guardi anche al di là delle lotte degli studenti e dei precari degli Usa e dell'Italia, lo stesso avviene in Grecia, in Austria, in Germania! We won't pay for their crisis!

Vedi anche:

venerdì 20 novembre 2009

Chiediamo cambiamenti, ci danno polizia


Oggi, 20 novembre 2009, circa 200 studenti medi e universitari si sono radunati a palazzo nuovo dalla mattina per contestare la presenza del ministro Gelmini nella nostra città. Erano presenti giovani di diverse scuole superiori e studenti dell’università e del politecnico. Il primo dato della giornata è stato il tentativo del ministro di mantenere il segreto su ogni suo spostamento, fatto che dimostra l’estrema impopolarità delle sue politiche, dei suoi tagli e delle sue riforme, che producono contestazioni in tutta Italia, come è avvenuto il 17 novembre, e rendono la sua presenza sgradita a studenti, insegnanti e precari in ogni città.

Il tour gelminiano è iniziato da Rivoli, dove il ministro è andato a cercare i flash dei fotografi per un puro risvolto di immagine; in realtà sappiamo bene di chi sono le responsabilità della morte di Vito, cioè precisamente di chi rende impossibile, con i tagli e l’attacco alla scuola pubblica, una reale manutenzione degli edifici scolastici. Non basterà certo dare a Vito il nome di una scuola per riparare il crimine di chi mette a repentaglio giorno per giorno le vite degli studenti.

Il presidio studentesco si è mosso verso le 13.00 verso il Miur, dove era annunciata la presenza del ministro, che non si è fatto vedere. Dopo una breve occupazione degli uffici del ministero contro tagli e riforma dell’università – un ddl che svende l’università ai privati e diminuisce gli spazi di democrazia negli atenei – un corteo si è diretto alla sede del Pdl, dove era prevista una tappa della Gelmini. Qui si è avvicinato all’ingresso per portare la contestazione alle politiche del ministro e del suo partito, ma è stato aggredito da alcuni esponenti del Pdl con pugni e cinghie. Tra loro spiccavano il consigliere Ravello, Malan e il poco onorevole Ghiglia, sempre in cerca della provocazione e della rissa per attaccare gli studenti che contestano le loro politiche. Non ci stupiranno le loro sicure strumentalizzazioni.

Dopo l’aggressione di Ravello e Ghiglia, quest’ultimo armato di cinghia nell’atto di gridare “io non vi picchio, io vi sciolgo nell’acido” (wow! Le “istituzioni”…), giungevano sul luogo una ventina di agenti della celere che, correndo, verso il portone, spingevano gli studenti nell’androne del palazzo e iniziavano a manganellare e a prendere a calci studentesse e studenti (e persino qualche giornalista), alcuni ai primi anni del liceo, nello sconcerto generale. L’ennesima dimostrazione del fatto che in questo paese – si pensi agli arresti di Milano a danno di studenti medi e universitari – non è più possibile il dissenso studentesco: l’unica risposta del governo e del ministro è la violenza. Anche in questo caso la Gelmini non si è fatta vedere.

Dopo questo episodio un corteo anche più numeroso ha raggiunto la Fondazione S. Paolo per la Scuola in via Lagrange, dove secondo fonti giornalistiche il ministro avrebbe fatto tappa, ma anche qui ha dato forfait. Il bilancio della giornata è quindi quello di un ministro fantasma, che fugge gli studenti – che fanno comodo, evidentemente, solo da morti – di politici locali cinquantenni di destra armati di cinghia contro i liceali, di cariche folli e indiscriminate contro gli studenti, con un bilancio, tra di noi, di diversi feriti.

CHIEDIAMO CAMBIAMENTI CI DANNO POLIZIA
QUESTA E’ LA LORO DEMOCRAZIA

Studentesse e studenti medi, dell’Università e del Politecnico contro il ministro Gelmini

L'Onda rilancia!


[20 novembre _ assemblea nazionale dell'Onda a La Sapienza]

Oggi 20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare - a partire dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei vari atenei e scuole - un percorso ampio di mobilitazione che rimetta al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell'università e che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all'altezza delle sfide poste dall'attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza dall'esplosione dell'Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene quotidianamente sottratta.

Per queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL Gelmini - presentato mediaticamente come disegno "innovativo" di riforma dell'Università - che rappresenta palesemente un progetto di riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell'Onda:

- non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio generazionale - come propagandato dal Governo - aumentando, invece, il fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal sistema di garanzie sociali;

- non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere delle corporazioni responsabili del fallimento dell'università pubblica negli ultimi 30 anni;

- indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli studenti di indebitarsi "all'americana" attraverso lo strumento del prestito d'onore, mentre la crisi globale - che mostra il fallimento di un sistema fondato sull'indebitamento - richiederebbe una netta inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti l'accesso ai livelli più alti dell'istruzione superiore;

- completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell'Università pubblica prefigurando, quindi, un'università complessivamente più piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le proprie politiche di sviluppo; con l'entrata dei privati negli organi di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi diano nessun contributo alla crescita dell'università;

- restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;

- nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell'università dietro il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone; la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università.

In assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l'insistenza da parte governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto per i precari. La retorica dell'efficienza e della meritocrazia altro non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per stratificare e declassare la forza lavoro.

Specularmente, il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di 8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe l'ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà di insegnamento e dell'autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la volontà di aziendalizzare la scuola uccide l'emancipazione culturale degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola, dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro l'attacco mosso da governo.

In un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l'investimento politico ed economico sulla Scuola, sull'Università, le Accademie, i Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello fallimentare imposto dall'attuale classe dirigente ed imprenditoriale. L'attacco alla Scuola e all'Università al quale stiamo assistendo è parte di un'aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.

Non è un caso se l'Onda ha fatto breccia nell'immaginario: ha saputo, infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La generazione dell'Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che in una società della conoscenza l'accesso pubblico all'università e la qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza. Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l'accesso e per la qualità del sapere, per l'abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d'ingresso, percorsi d'eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi formativi.

Scuola, Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di sfruttamento. La continuità del reddito, l'accesso alla casa e alla mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare all'intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo decisivo rilanciare nelle prossime settimane una campagna, in tutte le città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del rifiuto delle forme di precarizzazione.

Per questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il percorso di questo DDL e porre all'ordine del giorno nazionale l'elaborazione di un nuovo sistema di welfare all'altezza delle sfide della società della conoscenza.

Si propone di:

- organizzare iniziative di mobilitazione sui territori, in forme molteplici, il 2 dicembre;

- in occasione dell'11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e assediare il Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;

- assediare il Parlamento in concomitanza con il calendario di discussione e votazione del DDL;

- organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza, coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti, l'accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.

Assemblea nazionale dei precari e degli studenti

giovedì 19 novembre 2009

Wave international: "fabbriche del sapere" in lotta


[www.infoaut.org] Solo l'altro giorno la nuova dirompente discesa in piazza degli studenti e delle studentesse dell'Onda nel nostro paese, Torino Milano e Napoli gli epicentri della mobilitazione contro la riforma Gelmini. Ma anche altrove si manifesta il fermento nelle scuole e nelle università, non solamente in Grecia e Austria dove nell'ultimo mese hanno preso le occupazioni e i cortei, ma anche in Germania e negli Stati Uniti. Nel cuore dell'Europa, dopo le straordinarie mobilitazioni dello scorso anno, dentro le quali si decise di occupare i ministeri simbolo della privatizzazione e del declassamento del mondo della formazione, in almeno 50mila sono tornati in piazza (il 17 novembre) per opporsi al disegno principe della ristrutturazione in atto a livello europeo (ma non solo). Oltre l'Atlantico, negli Stati Uniti d'America, seguendo il corso delle mobilitazioni ri-esplose negli atenei americani, che hanno visto, oltre le partecipate occupazioni e assemblee, l'elaborazione di discorso contro la crisi ma anche per la costruzione di un'università altra, si è imbastita una vincente mobilitazione contro la Russell Athletic, in connessione con la lotta dei lavoratori licenziati in Honduras, che hanno ottenuto il loro reintegro. Pubblichiamo di seguito 2 articoli che raccontano delle mobilitazioni universitarie negli Usa ed in Germania.

Russell rinuncia ai licenziamenti, hanno vinto gli studenti

[da www.rainews24.it] "Abbiamo vinto! E siamo sulla homepage del New York Times!". Il sito della United Students Against Sweatshops (Usas, Studenti uniti contro le "fabbriche del sudore") trasuda soddisfazione. E come dargli torto: Russell Athletic, una delle più note case di produzione di abbigliamento casual e sportivo degli USA, ha ceduto, annunciando il reintegro di 1200 lavoratori licenziati in Honduras.

New York - "Abbiamo vinto! E siamo sulla homepage del New York Times!". Il sito della United Students Against Sweatshops ( Usas, Studenti uniti contro le "fabbriche del sudore") trasuda soddisfazione. E come dargli torto: Russell Athletic, una delle più note case di produzione di abbigliamento casual e sportivo degli USA, ha ceduto, annunciando il reintegro di 1200 lavoratori licenziati in Honduras.

La storia, raccontata dal NYT e ripresa da altri media americani, mostra ancora una volta come una forte mobilitazione possa vincere anche l'asprezza dei colossi dell'economia globalizzata. Nello scorso gennaio, Russel Athletic reagisce alla sindacalizzazione dei lavoratori di una fabbrica honduregna comunicando che da quel momento in poi le sue felpe e le sue magliette le avrebbe fatte cucire a qualcun altro. Ma dall'Honduras la notizia arriva via web in America, dove associazioni di studenti fanno propria la battaglia dei lavoratori honduregni per riavere il loro posto di lavoro.

Nasce una catena di solidarietà che attraverso email, Facebook, sms, porta alla mobilitazione di centinaia di giovani in tutti i maggiori atenei universitari americani. La Usas inizia a premere sulle autorità dei campus e gli amministratori del Boston College, di Columbia, Harvard, New York University, Stanford, e di ben 49 college si convincono che sì, hanno ragione i ragazzi: se Russell Athletic non ci ripensa, mette a rischio i contratti di fornitura in esclusiva con le università.

In ballo ci sono le maglie delle squadre di basket, di calcio, di baseball degli atenei, le felpe con il nome dell'università, una delle icone dei campus americani. E soprattutto, milioni di dollari.

Gli studenti non si fermano, portano la loro protesta contro Russell anche alle finali NBA a Orlando e Los Angeles, su Twitter un micidiale passa parola invita tutti a boicottare i prodotti Russell se in Hoduras non arriverà la notiza di un ripensamento. E perfino Warren Buffett si ritrova degli universitari sulla porta di casa, a Omaha, perché una sua società, la Berkshire Hathaway, ha azioni della Fruits of the Loom, affiliata della Russell.

Assediata da mesi, alle prese con il rischio di un evidente svilimento del marchio, associato a delocalizzazione e mancato rispetto dei diritti dei lavoratori, quest'ultima alla fine si piega: "Riassumiamo i 1300 in Honduras", è l'annuncio che arriva la settimana scorsa e che alla Usas attendevano da mesi.
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Universitari in piazza in 50 città contro il «Piano Bologna»

[da www.ilmanifesto.it] «No al terrorismo di test, piani di studio e limiti di accesso ai master nella fabbrica del sapere»

Berlino - In diverse città tedesche 50mila studenti hanno disertato le lezioni. Chiedono piani di studio meno rigidi nei corsi di laurea brevi (bachelor), la liberalizzazione dell'accesso ai corsi di approfondimento (master), l'abolizione delle tasse di frequenza introdotte nei Länder democristiani. Le dimostrazioni maggiori si sono svolte a Berlino, con più di diecimila studenti in corteo, e a Monaco. L'agitazione è cominciata la settimana scorsa con l'occupazione delle aule magne delle università, e ieri si era estesa a circa 50 città. Due altri appuntamenti in calendario. Martedì prossimo gli studenti si faranno sentire a Lipsia per la conferenza dei rettori. E il 10 dicembre «assedio» alla conferenza dei ministri dell'istruzione dei Länder a Bonn: scuola e università sono in Germania competenza delle regioni, e la frammentazione federalista rende complicata ogni riforma.

Gli studenti non cominciano da zero. Le loro rivendicazioni erano già state al centro di un grosso Bildungstreik (sciopero della pubblica istruzione) il 17 giugno scorso, con più di 200mila studenti nelle piazze di 70 città tedesche. Da allora è rimasta una rete di contatti e di organizzazione, a cui rifarsi. Oggetto del contendere resta il «Processo di Bologna». Il riferimento è alla dichiarazione firmata dieci anni fa nella città italiana da 30 stati, con l'intento di armonizzare i piani di studio in Europa secondo la scansione bachelor-master. Per i bachelor l'accento cadeva sulla employability, ovvero l'orientamento su profili professionali «impiegabili» sul mercato del lavoro.

In Germania spesso è successo che i vecchi contenuti fossero concentrati in sei semestri (tre anni), con uno spezzettamento in «moduli» per ogni capitoletto del sapere, una moltiplicazione di esami e test, obbligo di frequenza. L'università, dicono i critici, si è «scuolizzata», senza che aumentassero le strutture didattiche, né il personale docente. Manca l'agio di guardarsi intorno oltre gli specialismi, e l'opportunità di scegliere cosa approfondire. «Contro il terrorismo dei test nella fabbrica del sapere», recitavano gli striscioni al corteo di ieri a Berlino, oppure «Libertà anche per gli studenti da batteria». L'obiettivo di rendere compatibili i piani di studio non è stato raggiunto. Sembra anzi che ora sia più difficile in Germania passare da un'università all'altra. Manca il tempo per soggiorni di studio all'estero. Né i «baccellieri» trovano subito un posto di lavoro. Molti vorrebbero proseguire con un master, ma i posti di studio sono meno delle richieste, e riservati solo a chi abbia ottimi voti.

A ottobre la conferenza dei ministri regionali dell'istruzione ha deciso di «valutare» se non convenga ritoccare qua e là l'applicazione della riforma. La durata del bachelor potrebbe essere prolungata a sette o otto semestri, per consentire più flessibilità. Ma finora nulla è cambiato. E «Bologna», con gran scorno dei manager del turismo nostrano, continua a essere in Germania sinonimo di caos e decadenza culturale.