martedì 22 dicembre 2009

Libertà per Luca Tornatore


[di Angelo D'Orsi] Ciascuno trascorre il Natale come può. Chi nella calma piatta degli affetti familiari; chi, coraggiosamente, vi si sottrae, magari in beata solitudine (sola beatitudine); chi, ancora, in situazioni e opere caritative, solidaristiche, e ha tutta la mia ammirazione. Ma c’è chi, davvero, come il bimbo di questa splendida favola, il Natale lo passa “al freddo e al gelo”, magari in un treno delle efficientissima rete di Trenitalia (che ha appena segnato altri punti nel suo grottesco palmarès), o su una panchina di una stazione ferroviaria, ammesso sia così fortunato da trovarne una di quelle “vecchie”, sulle quali era possibile sdraiarsi.

Già, perché oggi, nella società brutale e odiosa che stiamo costruendo, il diritto all’universale ospitalità teorizzata da un signore di nome Immanuel Kant alla fine del XVIII secolo si è rovesciato in una pratica del “respingimento” che va dalle navi guardiacostiere che girano per avvistare i barconi dei disperati e respingerli lontano dalle nostre coste, ai famigerati Centri di Identificazione e di Espulsione; e giunge sino, appunto, alle panche dei giardini o delle stazioni, che vengono ora via via sostituite da “nuovi modelli”, nei quali la panca lunga circa due metri, e larga 40-60 centimetri, viene sezionata da sbarre perpendicolari al suo asse, sì da trasformare un possibile eventuale giaciglio di fortuna, in tre o quattro seggiole, nelle quali può accomodarsi (si fa per dire) una persona, seduta, purché sia di piccola stazza.

Tutto questo – che ha pure dei costi non irrilevanti sul piano meramente economico – al solo scopo di evitare che qualche disgraziato, “ovviamente” straniero, “ovviamente” extracomunitario, islamico o nero, o comunitario pro forma (rumeno, slavo…), approfitti di quel “letto” e vi trovi riposo. Non sia mai! Ecco la civiltà giudaico-cristiana materializzarsi: fuori i barbari!
Insomma, anche questo Natale giunge sotto le insegne scritte ormai col sangue sulle bandiere della nostra patria: respingere, espellere, scacciare, identificare, perseguitare, criminalizzare, imprigionare, condannare, licenziare, umiliare…

E mentre le nostre autorità – le italiane in primissima fila, pronte a farsi spesso e volentieri riprovare dagli organismi comunitari – si impegnano in questa guerra persa in partenza (perché nessuna politica di contenimento o di respingimento ha mai potuto fermare i flussi migratori, una costante della vicenda umana, dalla Preistoria ad oggi), e annunciano “grandi opere” impossibili e/o inutili, quando non addirittura dannose (vedi la grottesca prima pietra del Ponte sullo Stretto), i grandi, autentici problemi vengono lasciati incancrenire.

A cominciare dal problema ambientale, il problema dei problemi, sul quale il recentissimo vertice di Copenhagen ha registrato un quasi fallimento totale. E i giovani e meno giovani coraggiosi e disinteressati che, al di fuori delle ben riscaldate stanze dove si svolgevano i sontuosi riti degli incontri fra i capi di Stato e di governo, dimostravano per richiamarli ai doveri verso la Terra, e la specie umana, prima che verso i singoli popoli, sono stati criminalizzati, combattuti, arrestati, malmenati, ingiuriati. La corrispondenza, gli sms, gli mms, le email, le telefonate, da Copenhagen sono state impressionanti. E molti di questi ragazzi e ragazze, di questi nuovi partigiani per il bene dell’umanità, giacciono tuttora in carcere come delinquenti comuni.

Tra loro un ricercatore italiano, un astrofisico, che lavora presso l’Osservatorio Astronomico di Trieste, Luca Tornatore, che ha all’attivo numerose pubblicazioni a livello internazionale: Luca (che non conoscevo neppure di nome, prima di ora, e che non ho mai incontrato), ha compiuto ieri il suo 38° compleanno in carcere, dove gli viene imposto un regime da mafioso. Nella gentile terra di Andersen e di Kierkegaard. Limitazioni delle comunicazioni, vessazioni, e probabile, annunciata condanna. Il popolo del web si sta mobilitando. E a lui vorrei far giungere un messaggio di ringraziamento: Luca è la nostra cattiva coscienza. La mia senz’altro, che a Copenhagen non c’ero.

Luca rischia di trascorrere il suo natale al freddo e al gelo: magari in una cella riscaldata, ma al freddo e al gelo procuratogli da una società – quella del turbocapitalismo predatorio e cinico – che criminalizza chi ricorda che la politica è l’arte di guardare lontano, e che i governanti dovrebbero innanzi tutto rinunciare alla logica del condominio, che è quella per cui ciascuno cerca di fare gli interessi propri a spese dell’interesse di tutti gli altri, a spese dell’intero condominio. La politica deve essere prospettica, e calcolare il rapporto tra costi e benefici di ogni azione messa in campo non solo sul breve, ma sul medio, sul lungo e sul lunghissimo periodo. Proprio l’assenza della dimensione prospettica di medio-lungo termine ha consentito il saccheggio delle risorse della Terra, ha permesso ai padroni del mondo di alterare il clima, di aprire uno scenario inedito da fine del mondo imminente, e di consumare il consumabile e ora di pretendere da chi finora nulla ha avuto, di rinunciare.

Insomma, anche sul piano della sostenibilità ambientale, il mondo è diviso tra chi ha tutto e vuole tenerselo ben stretto e chi non ha nulla e vorrebbe almeno avere qualcosa. Gli uni e gli altri, tuttavia, sotto questo riguardo, appaiono ugualmente ciechi. E tutti danzano sottocoperta, nelle sale del Titanic avviato verso l’iceberg che lo schianterà. Luca Tornatore e i tanti suoi compagni di battaglia, di tanti Paesi (pur nell’inquinamento inevitabile di mestatori violenti), volevano e vogliono solo, in modo pulito e pacifico, ricordare la situazione precatastrofica in cui ci troviamo. E metterci in guardia. E sollecitare i potenti ad agire prima che l’iceberg ci distrugga.

I potenti sono tornati alle loro dimore regali, ai palazzi presidenziali, alle piazze mediatiche. E Luca è in galera. Tocca a tutti noi dirgli grazie, intanto, mentre ciascuno dovrebbe fare propria la bandiera della sopravvivenza della Terra e della specie umana che è stata tenuta alta a Copenhagen, non da un pugno di statisti cinici che si credono astuti, ma da qualche centinaio di persone come Luca Tornatore, di cui dobbiamo pretendere l’immediata scarcerazione.

Per chi volesse scrivergli: Luca Tornatore 211275 Vestre Fængsel Kirke, Vigerslev Allé 1, 2450, København Ø (Danmark)

Ci sono due appelli di solidarietà:

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