martedì 30 marzo 2010

Assemblea Nazionale dei Ricercatori italiani - Milano, 29 aprile 2010


Ai colleghi RU delle Università Italiane

- visto l’andamento del dibattito in Senato sul DDL 1905, che rischia di penalizzare ulteriormente il sistema universitario italiano e colpire in particolare il ruolo e la funzione degli attuali ricercatori universitari,

- vista la diffusione della protesta a livello nazionale e la ricaduta in documenti ufficiali della CRUI,

- in vista della ripresa dei lavori in Commissione Cultura e Bilancio sul DDL 1905 S (Gelmini),

i ricercatori degli atenei di Cagliari Milano Napoli e Torino

propongono

un’Assemblea Nazionale dei Ricercatori italiani (strutturati e precari)

in cui discutere:

- un documento nazionale di analisi delle maggiori criticità della situazione dell’università italiana e dei contenuti del DdL Gelmini

- una lista condivisa di richieste prioritarie di modifica al DDL 1905 S.

- le azioni possibili (già intraprese / da intraprendere) per evitare che il testo venga approvato nella forma attuale e per riavviare il ragionamento sul Sistema universitario Italiano

- una estensione nazionale della dichiarazione di indisponibilità alla didattica non dovuta ai sensi della L. 382 /80

Tutte le università italiane sono invitate a partecipare attraverso proprie rappresentanze e a organizzare assemblee preparatorie in ciascun ateneo.

Una proposta di piattaforma verrà diffusa quanto prima.

L’assemblea si terrà a Milano in data 29/4/2010.

I ricercatori degli atenei di Cagliari, Milano, Napoli e Torino

Una banca che fa regali per ipotecarci il futuro!


Stamattina alcuni studenti del Collettivo Universitario Autonomo hanno contestato la presenza dell'Ubi Banca davanti Palazzo Nuovo. Striscione, cartelli e un volantinaggio per denunciare il ruolo che banche e privati avranno con la riforma dell'università voluta dalla Gelmini e dal governo. Segue il volantino distribuito nella mattinata:


Che fosse solo una questione di tempo l’avevamo immaginato, ma vedere una banca “vestita” di fiori e colori farsi propaganda di fronte a Palazzo Nuovo è davvero preoccupante.

Lo è, nel momento in cui realizza, nei fatti, ciò che questa riforma dell’università voluta dal ministro Gelmini e dal governo Berlusconi ha messo in programma: l’ingresso dei privati all’interno degli atenei e dei suoi Cda. Per non considerare l’aumento dei costi, a seguito della riduzione del Fondo di Finanziamento Ordinario, per chi vuole frequentare l’università.

La presenza dell’Ubi Banca oggi, così accattivante e proprio fuori dall’università vuole in realtà dire: “non preoccupatevi ragazzi, quando la morsa del caro vita e delle rette insostenibili si stringerà attorno a voi, ci saremo noi a finanziarvi, a farvi un prestito d’onore che voi ci restituirete una volta finiti gli studi. Vi daremo un anno, una volta laureati, per trovare un lavoro e iniziare a pagarci i debiti e gli interessi. Adesso lasciateci la vostra mail, partecipate a questo concorso… Quando la situazione precipiterà inesorabilmente noi vi cercheremo, per offrirvi un prestito con i tassi alle stelle e voi sarete talmente in difficoltà da non poterci dire di no…”. Sembra fin troppo facile...

La crisi globale e la precarietà lavorativa che ormai caratterizzano la vita di noi tutti sono il dato reale dell’oggi che ci permette di vedere questo prepotente ingresso dei privati e delle banche come il tentativo di precarizzare sempre di più le nostre vite, costringendoci a lavorare come schiavi per mantenere gli studi oppure, come vorrebbero le banche e le università, a indebitarci per poterne sostenere i costi.

E’ proprio questa crisi ancora in corso che ci mostra il fallimento di un sistema fondato sull’indebitamento ma, invece di attuare una netta inversione di tendenza, il governo italiano ci propone un modello di formazione come quello degli Usa, sistema che vede gli studenti (già di per se precari) non riuscire a saldare il debito una volta finita l’università. Sappiamo bene quanto sia difficile trovare un lavoro decente e purtroppo tante volte non basta una laurea a cambiare questo fatto!

Non esistono banche buone o cattive, tutte infatti sono figlie di un sistema che “capitalizza” le nostre stesse esistenze, rendendo la vita sempre più precaria e ricattabile.

Lasciamola pure la mail se vogliamo portarci a casa una maglietta o qualche altro gadget, con la consapevolezza però di cosa sta dietro a tutta questa “generosità”: la volontà di ipotecarci il futuro.

Collettivo Universitario Autonomo
cuatorino.blogspot.com

domenica 28 marzo 2010

I rettori temono lo sciopero e aprono sulla trattativa


[www.ilmanifesto.it] La Crui chiede un canale per 2mila associati all'anno

di Roberto Ciccarelli

La richiesta di un piano straordinario di reclutamento da parte della Conferenza dei Rettori (Crui) è la conferma che il proposito di bloccare il prossimo anno accademico da parte dei ricercatori delle facoltà scientifiche non è il messaggio in una bottiglia lasciata alla deriva.

In una mozione approvata all'unanimità il 25 marzo scorso, dopo un incontro tra il presidente della Crui Enrico De Cleva e 200 ricercatori della Statale di Milano, l'organo che rappresenta i rettori ha chiesto al governo che una «quota consistente» di questi posti, 2 mila all'anno, venga garantita per i prossimi sei anni per «le assunzioni di professori associati». I rettori intenderebbero così garantire un canale privilegiato per il passaggio da ricercatore - un ruolo che il ddl mette in esaurimento - ad associato, mettendo così sullo stesso piano gli attuali «ricercatori strutturati» con i futuri ricercatori a tempo determinato che dovrebbero nascere una volta approvata la riforma Gelmini.

Questa soluzione è stata commentata da Alessandro Schiesaro, uno degli autori del ddl e segretario della neo-commissione che segue per il Ministero dell'Università la definizione del provvedimento, durante un incontro con i ricercatori della Sapienza venerdì scorso. Questi ultimi non hanno tuttavia nascosto i timori, peraltro diffusi in molti altri atenei, che la proposta dei rettori finirà per generare una «guerra tra poveri» tra i ricercatori precari e quelli regolarmente assunti. Lo stesso Schiesaro ha ammesso che questo proposito sarebbe comunque irrealizzabile se i tagli al fondo ordinario degli atenei voluti dal governo - e già criticati dalla stessa Crui - venissero mantenuti. Senza contare che, come sta già avvenendo, ciò darebbe spazio a rivendicazioni corporative all'interno di un settore altamente frammentato e numeroso come quello dei ricercatori.

E' il caso della proposta avanzata in un incontro avvenuto mercoledì scorso tra il Coordinamento nazionale dei ricercatori universitari (Cnru), Schiesaro e il relatore della legge Giuseppe Valditara. Da allora le polemiche sono diventate aspre. Piero Graglia, ricercatore alla Statale di Milano e uno dei promotori del sondaggio sul ddl Gelmini che scadrà il prossimo 31 marzo, basato su 20 domande ragionate e pubblicato sul sito www.gdl.unimi.it, contesta il metodo usato da questa associazione. «E' come se io chiedessi al ministero di aprire un tavolo di trattativa - spiega - arrogandomi il diritto di rappresentare i 2 mila ricercatori che da tutta Italia hanno finora votato il sondaggio».

Sembra infatti che una piattaforma del Cnru diretto da un ricercatore della Sapienza, Marco Merafina, sia stata votata da 4 mila ricercatori. Tra i punti in discussione c'è la proposta di portare gli attuali ricercatori al ruolo di associati, mantenendo però il loro attuale trattamento economico ed accettando così l'eliminazione di questa figura.

Per Graglia questa soluzione non risolverebbe il problema dei precari e non rispecchia l'orientamento dei ricercatori autoconvocati che hanno convocato lo «sciopero bianco» e presto stabiliranno la data di un'assemblea nazionale.

Lo stesso orientamento viene espresso da Maria Letizia Ruello, ricercatrice in chimica del Politecnico delle Marche che al sondaggio del Cnru ha partecipato, anche se oggi non nasconde le sue critiche. «Non è il momento di fare distinzioni tra le proposte in campo - afferma - né di accettare i contentini che il governo ci proporrà. La nostra non è una protesta sindacale, rigetta la proposta che ci esclude dagli organi di governo degli atenei ed accentra il potere sui rettori. In mancanza di cambiamenti radicali non prenderemo carichi didattici, il che significa che il prossimo anno metà dei corsi saranno scoperti. Avere tirato la cinghia ha reso elementari i nostri bisogni e sta rendendo facile la presa di coscienza».

Il documento sottoscritto all'unanimità dai ricercatori della facoltà di Scienze del Politecnico marchigiano ha ricevuto 50 adesioni nella facoltà di ingegneria. Dopo Pasqua verrà portato anche nelle facoltà di agraria, medicina e economia. Dello stesso tenore è il documento approvato dai ricercatori di Scienze dell'Università dell'Insubria (Como e Varese): «Tali cambiamenti cruciali per il bene del Paese - si legge - non possono avvenire a costo zero».

sabato 27 marzo 2010

giovedì 25 marzo 2010

I medi occupano la sede della Gtt! Ora ci riprendiamo tutto!


[www.ksatorino.it] Da tempo ormai ci siamo mobilitati contro il caro-trasporti, nell'ambito di una campagna per la riappropriazione degli spazi lanciata a livello nazionale. Pisa, Modena, Bologna, Brescia, Palermo sono solo alcune delle città nelle quali, in queste ore e in questi giorni, stanno avendo luogo altre iniziative. Già da qualche settimana svolgiamo sui pullman iniziative di speakeraggio, distribuendo volantini ai passeggeri per spiegare ai viaggiatori i motivi della nostra protesta e le nostre richieste, puntualmente condivise. Non siamo solo noi studenti ad esserci accorti di come stia diventando sempre più proibitivo il costo dei biglietti e degli abbonamenti per i mezzi pubblici, mezzi che nella maggior parte dei casi sono sovraffolati e fatiscenti. Abbiamo intenzione di portare avanti la nostra lotta fino a quando non verranno soddisfatte le nostre richieste, che prevedono uno sconto ulteriore del 33% sugli abbonamenti annuali per gli studenti medi così com'è per gli universitari; una riduzione del 50% del prezzo dei biglietti ordinari; la diminuzione della multa per mancanza del biglietto da 60 a 20 euro; l'istituzione con cadenza regolare di giornate a tema ambientale in cui i mezzi siano gratis per tutti. Per questi motivi oggi abbiamo occupato la sede degli uffici della GTT, dove, sotto la stretta sorveglianza di un nutrito numero di forze dell'ordine, un responsabile dell'azienda si è fatto garante della presentazione di un esposto in regione Piemonte per l'approvazione dei nostri punti. Vogliamo evidenziare il tentativo da parte della questura di criminalizzare le nostre campagne. Il 23 marzo alcuni di noi sono stati fermati dalla polizia mentre volantinavano sui pullman, minacciati poi di essere ritenuti responsabili di qualsiasi atto di danneggiamento dei mezzi pubblici, colpevoli di aver espresso il nostro punto di vista in merito ad un servizio che dovrebbe essere pubblico e accessibile a tutti. Ma non sono solo le questure a cercare di isolarci e di spaventarci. Infatti il giorno dopo l'esplosione di una bomba carta su un tram in deposito, un giornalista ci ha citato come presunti autori del fatto. Con l'occupazione di oggi, non abbiamo solo voluto rilanciare la campagna, ma dimostrare come non siamo disposti a scendere a compromessi né a farci intimorire.

GTT CI HAI RUBATO TANTO, ORA CI RIPRENDIAMO TUTTO!

K.S.A. - Kollettivo Studenti Autorganizzati

«Sciopero bianco» La protesta si estende


[www.ilmanifesto.it] Verso un'assemblea nazionale

di Roberto Ciccarelli

Generalizzare l'astensione dalla didattica per il prossimo anno accademico se dal Disegno di legge Gelmini sull'università, attualmente in discussione in commissione cultura al Senato, non verrà ritirata la proposta di cancellare la terza fascia dell'insegnamento, se l'attuale precariato della ricerca non verrà ricondotto ad un rapporto di lavoro garantito e non verranno rimossi i tagli al finanziamento degli atenei. Sono le principali richieste che i ricercatori porteranno all'assemblea nazionale che sarà convocata entro maggio in uno degli atenei mobilitati contro la riforma.

L'idea serpeggia nelle assemblee che, da dicembre, stanno registrando una crescente partecipazione tra i ricercatori delle facoltà scientifiche di Torino, Napoli, Cagliari, oltre che di Milano, Bari e Bologna. Il numero delle mobilitazioni è destinato ad allargarsi dopo che il relatore della legge Valditara (Pdl) ha presentato in commissione una serie di emendamenti che modificano lo statuto giuridico del ricercatore imponendo l'obbligo dell'attività didattica.

Quello a cui i ricercatori si oppongono è lo snaturamento del loro ruolo che rappresenta il 40 per cento del personale docente universitario, subisce una buona parte del carico didattico, sebbene la legge che dovrebbe regolare questa attività ne preveda l'impiego solo nella ricerca. La situazione sta esplodendo perché la riforma Gelmini si è spinta oltre il tentativo timidamente abbozzato qualche anno fa da Letizia Moratti di abolire del tutto la figura del ricercatore.

La riforma Gelmini riduce infatti a due le fasce di docenza, mette in competizione i ricercatori a tempo determinato - i futuri «3+3» - con gli strutturati. Una prospettiva che, qualora venisse realmente finanziata, creerebbe un conflitto dall'esito imprevedibile. Tutti e due, strutturati e precari, andrebbero infatti a concorrere per la stessa posizione di associato.

Un altro dei punti qualificanti della piattaforma che verrà discussa in vista dell'assemblea nazionale è il ruolo unico per la docenza. Oggi, il ricercatore per diventare associato viene prima licenziato. Poi fa il concorso e viene riassunto nell'altro ruolo. Con il blocco del turn over non vengono ostacolate solo le nuove immissioni in ruolo dei giovani ricercatori, ma anche i passaggi di fascia di docenza per chi già lavora nell'università. A differenza del resto della pubblica amministrazione, dove il blocco delle assunzioni è pratica consolidata da più di dieci anni, all'università quando si blocca il turn over si bloccano anche i passaggi di carriera.

Da questa impostazione, confermata in un'assemblea ieri a Torino - uno degli atenei dove la mobilitazione è più avanzata - sta emergendo anche l'ipotesi di una coalizione tra ricercatori, precari e studenti. La proposta verrà presentata oggi nel consiglio di facoltà di Scienze e il prossimo 9 aprile in una conferenza d'ateneo, nel frattempo verrà sottoposta anche agli altri atenei. Al centro dell'attenzione c'è il problema del precariato. Il movimento chiede l'ingresso in ruolo con passaggi brevi per chi vuole fare ricerca, riconducendo la giungla esistente delle borse di studio ad un contratto di lavoro con tutti i diritti sindacali. In un mondo come quello della ricerca, dove non esistono garanzie per nessuno, si inizia a pretendere la garanzia di una retribuzione dignitosa e un limite invalicabile al precariato. Tutto l'opposto dell'attuale periodo indefinito durante il quale non esistono né certezze né qualità della vita.

Non è tanto un affar di Cultura da imbalsamare... ma di accessibilità e redistribuzione, riappropriazione!


L'università manda i libri al macero.
Studenti e prof salvano 4mila volumi

[torino.repubblica.it] La facoltà di Lettere svuota i magazzini, studenti e docenti salvano 4mila libri. Il preside Massobrio: "Si tratta di doppioni e l'idea di venderli è assurda". Il professor Migone: "Un'immagine negativa per tutto l'ateneo"

di Sara Strippoli

Platone non ama Cartesio e proprio non gli va di finire al macero, seppure in compagnia dell'opera omnia di Aristotele in greco o di un saggio con gli scritti inediti del Ciaffi, latinista famoso. È parsa dunque davvero un po' surreale l'immagine che si è vista martedì pomeriggio davanti a Palazzo Nuovo: scatoloni di libri abbandonati nelle aiuole recintate in attesa di essere portati al macero, tesi di laurea e migliaia di volumi editi da Giappichelli o Gheroni, la maggior parte dei quali siglati Università di Torino, facoltà di magistero. Il ragno che ha alzato tutto in massa e sgomberato definitivamente l'area è arrivato soltanto questa mattina. Per fortuna però, studenti e professori, sconcertati dall'idea che fosse proprio l'Università a mandare al macero quei volumi senza tentare una soluzione alternativa (una biblioteca disponibile o un punto di distribuzione gratuita) sono corsi a rovistare nelle scatole e hanno portato in salvo una parte dei volumi, finiti così nell'atrio di Palazzo Nuovo e a disposizione degli studenti incuriositi da quei vecchi reperti.

"Quando ce ne siamo accorti abbiamo fatto una selezione e ne abbiamo portati dentro oltre quattromila - racconta Gaia, una delle rappresentanti dei ragazzi di Lettere - e i ragazzi hanno gradito. L'Università ha sgomberato parte della cantina per ripulire ma a nessuno a quanto pare è venuto in mente che si potesse inventare qualcosa di diverso che non fosse abbandonare i libri là fuori". Ieri mattina, i volumi rimasti si potevano contare sulle dita di una mano: molte copie di manuali di geografia, "La politica mediterranea inglese" edita da Gheroni nel 1952, "Scritti Vari" di filosofia, anno di pubblicazione il 1950, "Le fonti italiane della Romola di George Eliot", editore Giappichelli.

La docente di Storia della lingua latina Valeria Lomanto mostra tutta contenta il suo bottino, gli Scritti inediti del Ciaffi: "È un latinista famoso, questo è un testo che potrebbe essere usato ancora oggi". L'Università che piange per i tagli non poteva vendere i libri ad un prezzo simbolico di 1 euro?, si interroga la professoressa: "Sembra assurdo che siano gli studenti a salvare i libri". Le accuse arrivano anche dal professore di Storia del Nord America Gian Giacomo Migone: "Mi sembra che in questo modo l'Università regali un'immagine di superficialità. Una studentessa mi ha portato un volume che giudico di grande interesse, sarebbe stato un vero peccato vederlo finire in un cassonetto". E Chiara, dell'Associazione Altera, è lì a rispondere dei tanti studenti incuriositi che si avvicinano con timidezza i volumi chiedendo se si potevano prendere: "Io ho salvato l'opera omnia di Aristotele in greco, l'abbiamo portata nella stanza della nostra associazione". Ma sono matti a buttare via i libri? dice Matteo che si è accaparrato sette volumi.

Il preside di Lettere Lorenzo Massobrio, avvertito dai ragazzi, è cascato dalle nuvole, ma non sembra particolarmente turbato dall'operazione sgombero: "Certo la decisione non dipende da me, il problema è di chi dirige la logistica, ma comunque tutti i responsabili delle biblioteche sono stati consultati. E che altro si doveva fare con uno sgombero? Si mettono i libri da qualche parte in attesa che se li portino via". Vendere i libri è un'idea assurda, aggiunge Massobrio "ma sono contento che i ragazzi abbiano seguito il mio consiglio, andare a prendersi direttamente i libri, una scelta di buon senso".
___________________


A Palazzo Nuovo la strage delle tesi e dei libri dimenticati

[www.lastampa.it/torino] Per sgomberare alcuni locali, l’Ateneo getta tutto per strada

di Paolo Coccorese
Francesco Bossa, studente di Storia dalla barbetta incolta, lo dice chiaramente: «Un saggio di agraria non è certo il libro che leggi prima di andare a letto, ma piuttosto che vederlo abbandonato in strada preferisco portarmelo a casa. I libri non si buttano mai. Tanto meno dovrebbe farlo l’Università». Queste le parole di una delle 200 persone che, tra studenti e docenti dell’Ateneo di Torino, tra martedì e ieri mattina hanno preso d’assalto il giardinetto dell’ingresso di Palazzo Nuovo. L’obiettivo è una montagna di scatoloni, disordinatamente ammassati, ricolmi di libri e di tesi dalle pagine ingiallite. Un tesoro del sapere accademico abbandonato a pochi passi da via Sant’Ottavio. Spazzatura dai nomi eccellenti: Giovanni Tabacco, Piero Pieri e Gianni Vattimo. Opere di autori che hanno scritto la storia della cultura cittadina, destinati al macero senza alcun riguardo.

Brunello Mantelli, professore di Storia contemporanea è stato uno dei primi ad arrivare: «Ho visto un gruppo di ragazzi nel cortiletto della facoltà e ho deciso di avvicinarmi. È lì che ho visto gli scatoloni abbandonati pieni di libri. Ho pensato fossero giacenza di magazzino da buttare e ne ho approfittato: ho trovato volumi di grandi maestri. Disfarsene penso sia una scelta miope ed idiota. Andrebbero per lo meno donati alle biblioteche civiche». Un parere condiviso dai numerosi studenti che sono tornati a casa con scatoloni ricolmi di libri. Come Aurora Laurenti, studentessa di Beni Culturali, che ammette: «Ho riempito il mio appartamento. Alcuni studenti hanno portato via anche vecchie tesi di laurea di relatori prestigiosi come Tranfaglia e Abbagnano. Potrebbero tranquillamente ricopiarle e laurearsi con quelle. Mi è tornato in mente Fahrenheit 451 di Truffaut. Lì i libri venivano bruciati perché fuorilegge, qui l’Università li abbandona in mezzo alla strada».

Nella mattinata di ieri alcuni studenti si sono organizzati e hanno deciso di allestire una bancarella nell’atrio di Palazzo Nuovo per distribuire liberamente i testi recuperati. La gran parte, però, dopo la nottata sull’erba, è stata raccolta dai netturbini della raccolta Carta e portati al macero. Nei corridori dell’Università, invece, mentre qualcuno parlava già di razzia di libri della biblioteca ad opera di fantomatici studenti, il preside della facoltà di Lettera Lorenzo Massobrio svelava il mistero: «L’Ateneo ha deciso di sgomberare un locale nel secondo seminterrato di Palazzo Nuovo che dagli Anni Settanta è stato adibito a deposito. Dipartimenti e biblioteche nel tempo hanno ammassato materiali di ogni tipo non più utilizzati. Armadi, sedie, computer obsoleti e libri: tutto quelle cose che, una volta scaricate dagli inventari, dovevano essere alienate. Prima dell’inizio dei lavori, è stato chiesto ai responsabili di ogni dipartimento di stimare il valore e l’utilità delle giacenze.

I testi in questione sono già presenti in più copie nelle nostre biblioteche e hanno un valore commerciale esiguo. È triste disfarsene, ma non abbiamo le risorse per gestire dei banchetti per la distribuzione agli studenti. Le tesi, invece, appartengono ai professori relatori e non all’archivio della nostra segreteria».

Una spiegazione che non convince Giangiacomo Migone, professore di Scienze Politiche: «I problemi burocratici sono scuse per le scelleratezze. I libri non si buttano mai, a maggior ragione quelli più vecchi che, essendo difficili da trovare, sono i più preziosi».

Sguardi sui generis


Seminario d’autoformazione su femminismi e percorsi dell’autodeterminazione

Il seminario si propone di approfondire e mettere in luce alcuni dei diversi e molteplici aspetti che compongono la questione di genere. Una questione "storica", se vogliamo, ma che ancor oggi, proponendosi come più che mai attuale,  necessita di essere ulteriormente indagata. Per farlo noi scegliamo come strumento d’approccio e di lavoro l'autoformazione, ovvero quella forma di lotta del lavoro cognitivo nel capitalismo contemporaneo che è al contempo conflitto sulla produzione dei saperi e organizzazione di un’università altra.  Il nostro sarà uno sguardo che si interroga, pronto a mettere in condivisione i propri saperi e pensieri e in grado di accettare e sviluppare le eventuali contraddizioni a cui questo   “genere di questione” ci porrà di fronte.

L’intero seminario sarà strutturato su un doppio livello. Ogni incontro con relatorori/relatrici esterne, sarà preceduto da uno più seminariale (il lunedì precedente il dibattito), aperto a tutti e tutte,  in cui si cercherà (avvalendosi anche della collaborazione di dottorand* e ricercator*) di sviscerare insieme nodi ed interrogativi, a partire da alcuni testi, o parte di essi, come base comune da cui far nascere la discussione. Copia di tutti i testi indicati sono disponibili presso lo spazio del CUA, 1 piano di Palazzo Nuovo, ex Acquario (per info e orari tel a Marta 3401504584, Giulia 3281330416) oppure presso lo spazio Unilotta, 1 piano di Palazzo Nuovo, davanti all’aula 15 (Matilde 3480558644,  Daniela 3461825663). Per qualsiasi tipo di informazione sul seminario scrivere a sguardisuigeneris@gmail.com.

NB. Tutti gli incontri si svolgeranno a Palazzo Nuovo. Il programma potrebbe subire delle variazioni legate alla conferma di ulteriori relatrici. Per info: www.facebook.com/event.php?eid=367247702454&ref=mf


1) Femminismi di ieri e di oggi: una panoramica storica
Seminario interno: giovedì 25 marzo aula 16 ore 17.30
Interverrà: Liliana Ellena (Università di Torino)

Testi consigliati:
- Luisa Passerini, Storie di donne e di femministe, Rosenberg & Sellier, Torino 1991 (capitoli “Movimenti delle donne/movimenti del ’68” e “Per un’interpretazione del neofemminismo radicale italiano”, pp. 133-184)
- Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Rivolta femminile, Milano 1974 (in particolare Manifesto di rivolta femminile, pp. 11-19)
 - Maria Luisa Boccia, Fare Differenza. Carla Lonzi e il congedo del precariato, «Il Manifesto» 6 marzo 2010 (www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100304/pagina/11/pezzo/272865/)
- Intervista a Silvia Federici (18 dicembre 2000) a cura di Guido Borio e Gigi Roggero

Per approfondimenti
- Colletivo Tiqqun, Ecografia di una potenzialità (traduzione dal francese)
- Luisa Passerini, Storie di donne e di femministe, Rosenberg & Sellier, Torino 1991
- Luisa Muraro, Maglia o uncinetto, ManifestoLibri, Roma 2004 [1981]

2)Storie di femminismo e di donne. Pensiero della differenza e attuale dibattito sui generi
Martedì 30 marzo, ore 17,30 aula
Interverranno: Eleonora Missana (Università  di Torino) e Monia Andreani (Università  di Urbino)
Seminario interno: lunedì 29 marzo ore 17.30, aula 16

Testi consigliati
-  Adriana Cavarero, Franco Restaino (a cura di), Le filosofie del femminismo, Mondadori, 2002
-  Libreria delle donne,   Non credere di avere dei diritti. La generazione della libertà femminile nell’idea e nelle vicende di un gruppo di donne, Rosenberg e Sellier, Torino 1987
- Marina Cacace, Femminismo e generazioni. Valori, culture e comportamenti a confronto, Baldini Castaldi Dalai Editori, 2004 (solo cap. Femminismo e differenze nelle società  post-moderne e Femminismo e globalizzazione).

Per approfondimenti
- Diotima, Mettere al mondo il mondo, La tartaruga, Milano 1990
- Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987

3) Che genere di precarietà? Capitalismo cognitivo e femminilizzazione del lavoro
Giovedì 15 aprile, ore 17.30, aula 9
Interverrà: Cristina Morini  (giornalista e ricercatrice)
Seminario interno: lunedì 12 aprile, ore 17.30, aula 16

Testi consigliati
- Femminilizzazione del lavoro? Intervista a Judith Revel (archive.globalproject.info/art-18202.html)
- Cristina Morini, La femminilizzazione del lavoro nel capitalismo cognitivo (in word sul web)
- Biowelfare e donne migranti, intervista a Cristina Morini
(archive.globalproject.info/art-18204.html)
- Sara Ongaro, Le donne e la globalizzazione. Domande di genere all’economia globale della ri-produzione, Rubbettino Editore, 2001
- AA.VV, Divenire-donna della politica, ManifestoLibri, 2003 (in particolare i saggi di Sara Ongaro, Dalla riproduzione produttiva alla produzione riproduttiva e di Judith Revel, Divenire-donna della politica )

Per approfondimenti
- Mariarosa Dalla Costa, Stato, lavoro, rapporti di sesso nel femminismo marxista in Alisa del Re (a cura di), Stato e rapporti sociali di sesso, FrancoAngeli, 1988
- Alisa del Re, Struttura capitalistica del lavoro legato alla riproduzione, in Oltre il lavoro domestico. Il lavoro delle donne tra produzione e riproduzione, Feltrinelli, Milano 1979
- «Femminist Review» sui femminismi italiani, n° 87 2008, Precarious changes: gender and generational politics in contemporary Italy, di Laura Fantone
- Silvia Federici, George Caffentzis, Notes on Edu-factory and cognitive capitalism (www.commoner.org.uk/12federicicaffentz.pdf). Allo stesso link si trova una vasta bibliografia sul tema donne e lavoro e indicazioni su alcuni articoli utili: flat.noblogs.org/post/2008/02/14/reddito-di-esistenza-e-welfare-post-statuale-link-e-letture-per-affrontare-e-sopravvivere-alle-nuove-forme-del-lavoro)

4) Relazioni pericolose. Femminismo, teoria queer e critica post coloniale
Giovedì 6 maggio, ore 17.30, aula 9
Interverranno: Liliana Ellena (Università di Torino), Chiara Bonfiglioli (in attesa di conferma)
Seminario interno: lunedì 3 maggio, ore 17.30, aula 16

Testi consigliati
- Ruba Salih, Femminismo e islamismo, in T. Bertilotti, C. Galasso, A. Gissi, F. Lagorio (a cura di), Altri femminismi. Corpi. Culture. Lavoro, Manifestolibri, Roma 2006, pp. 101-120
- Stefania de Petris, Tra agency e differenze. Percorsi del femminismo postcoloniale, in «Studi culturali”, II, 2 (2005), pp. 259-90
- “La straniera”, Quaderni viola nuova serie, numero 2
-  Judith Butler, La fine della differenza sessuale? in J. Butler, La disfatta del genere, Meltemi, Roma 2006, pp. 206-236
- Liana Borghi, Tramanti non per caso: divergenze e affinità tra lesbo-queer e terzo femminismo in AAVV, Altri femminismi. Corpi Culture Lavoro, IlManifestolibri, Roma 2006, pp. 19-36

Per approfondimenti
-Vincenza Perilli, L’analogia imperfetta in «Zaprunder», maggio-gosto 2007, pp.8-25
-  Barbara De Vivo, Relazioni pericolose. Movimenti femministi e LGBTIQ al tempo della guerra al terrore, in «Controstorie» n° 2 – Imperialismo, guerre e resistenze (www.controstorie.org/content/view/38/53/)
- F. Timeto (cura di), Culture delle differenze. Femminismo, visualità e studi postcoloniali, Utet, Torino 2008

5) Corpi e biopolitica. Controllo dei corpi e strategie per l’autodeterminazione
Giovedì 27 maggio, ore 17.30, aula 9
Interverranno: Beatrice Busi (Università La Sapienza, Roma), Caterina Peroni (Università Statale, Milano), Collettivo Fuxia Block (Padova)
Seminario interno, lunedì 24 maggio (con Cristian Lo Iacono), aula 16

Testi consigliati
-  M. Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al College de France 1978-1979, Feltrinelli, Milano 2005, (solo pp.
- Rosi Braidotti, Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernità, Donzelli, Roma 1995 (solo cap. IV “Organi senza corpo”, pp. 145-165)
- Donna Haraway, Manifesto cyborg: donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Milano 1995
- Beatrice Busi, Il lavoro sessuale nell’economia della (ri)produzione, in Altri femminismi, Corpi. Culture. Lavoro, Manifestolibri, Roma 2006, pp. 69-84

Per approfondimenti
-  Judith Butler, Corpi che contano. I limiti discorsivi del «Sesso», Feltrinelli, 1996
- M. Foucault, Storia della sessualità, vol. I (la volontà di sapere), Feltrinelli, Milano 2001

Altri materiali o blog
www.controstorie.org

www.femminismo-a-sud.noblogs.org

A cura del cantiere per l’autoformazione - Torino

martedì 23 marzo 2010

Riprendiamoci tutto!


Dobbiam ripartire da qua. E' un riferimento metaforico ma quanto mai concreto. E' un “qua” di connessione: nel partecipare all'iniziativa di quest'oggi, ringraziamo il Collettivo Politecnico e ribadiamo la necessità di continuare a percorrere strade comuni di lotte, guardando a quanto fatto finora assieme, ma anche e soprattutto a quanto resti ancora da combattere. E' un “qua” di progetto: dobbiamo riprenderci tutto prima che ce lo portino via da sotto il naso, magari farfugliando sull'astruso perchè nelle nostre “democratiche” università non ci sia spazio per chi pensa, studia, lotta. Le nostre controparti sono tante, abbondano, le troviamo in ogni dove: nei paraggi, c'è il rettore di turno che pretende di instaurare la sua legge rimuovendo la componente studentesca, soprattutto se non confacente con l'architettura dei suoi pensieri ed interessi; c'è il barone veterano o no che si allarma dinnanzi ogni possibile deviazione di ragionamento e metodo che non sia il suo, vecchio e stantio; c'è la servitù studentesca fattasi ceto politico in apprendistato che si candida spesso a poliziotto delle autorità accademiche più che a rappresentante (?!) di studenti e studentesse che dovrebbero inoltre avere qualche strana motivazione per darle un voto...

Dentro questo panorama di assuefazione e controllo, disciplina e piattezza, resta comunque, per noi, sempre in palio la posta in gioco, perchè c'è chi non si accontenta, chi si ribella, chi non si fa zittire e domare: il nostro “riprendiamoci tutto!” lo caliamo nel contesto della ristrutturazione in atto dell'università, della riforma Gelmini e affini, il quale non può che ripartire dal riconquistarci quello che è nostro, quello che viviamo e attraversiamo tutti i maledetti giorni, quello che è dentro il circuito delle nostre vite disordinate e precarie: occupiamo gli spazi per avere altre basi dalle quali partire, non facendoci recintare da quanto altrove sono disposti a concedere o meno; riprendiamo la parola contro quanto di marcio incontriamo ogni giorno sulla nostra strada, qua dentro o meno, respingendo quel che altrove chiamano pace ma che si chiama censura.

Narrando quel contro il quale quotidianamente ci battiamo nelle nostre università non possiamo che considerare anche quanto avviene in città, nell'ipocrisia della Torino capitale dei giovani 2010 e nella costruzione di un'altra capitale dell'evento, guardando anche ad analogie e ragnatele per nulla casuali: si pensi alla battaglia che Radio Blackout sta fronteggiando contro il Comune, per il suo diritto ad un'informazione libera e autogestita, contro le scure censorie che aleggiano nei pensieri di chi “certe voci problematiche” vorrebbe cancellarle... Nell'apertura della campagna “Accendi Blackout Spegni la censura” scrivevamo: “Sulle frequenze di Blackout in questi anni, dalle strade e dalle università di Torino, abbiamo raccontato le assemblee, i cortei, denunciato la repressione, festeggiato la liberazione dei nostri compagni e compagne. E, mentre davamo la nostra testimonianza, ascoltavamo su Blackout quelle di altri giovani e studenti, che in questi anni si prendevano le strade e le università in ogni parte del mondo, dalla Grecia all'Iran, passando per la Francia, il Messico, la Germania”. Stare al fianco di Blackout per noi è assolutamente congenito: siamo anche noi Radio Blackout, come lo sono tutto coloro che hanno voglia di lottare, raccontando e facendosi raccontare.

Siamo da anni redattori e redattrici di Blackout, con la trasmissione “Parole Ribelli”, dentro la quale cerchiamo di riportare la fotografia di lotta e le storie di vita su quanto ci circonda. Da poche settimane abbiamo deciso sperimentare nuovi modi di essere media antagonista, abbiamo portato, attraverso la trasmissione, la radio dentro l'università, allo spazio Li.Sa di Palazzo Nuovo, già postazione di Radio Blackout durante l'Onda. I “nostri propositi” vanno nella direzione dell'interazione diretta con studenti ricercatori e precari, intervistandoli nei corridoi e nelle aule delle facoltà, invitandoli a prender parola “on air”, comunicando con tutt* attraverso facebook sms e mail. Insomma, Parole Ribelli vuole essere un media interattivo, o meglio, essere l'alchimia di diversi media e partecipazione diretta, ponendosi, irriducibilmente nella sua parzialità politica, la finalità di indagare soprattutto il soggetto studentesco ed i suoi bi-sogni, costruendo immaginario di lotta e alimentando conflitti da agitare e far esplodere.

Siamo naufraghi (o surfisti?!) nello stesso mare, a noi il compito di salire sulla prossima Onda e, prima, di spingere perchè questa salga!

Collettivo Universitario Autonomo – università di Torino

mail: paroleribelli@gmail.com – facebook: parole ribelli - blog e siti: cuatorino.blogspot.com baraondatorino.blogspot.com www.infoaut.org www.radioblackout.org

giovedì 18 marzo 2010

A Torino ricercatori giù dalla cattedra

[www.ilmanifesto.it] Esplode la protesta contro il ddl Gelmini che prevede la scomparsa dei ricercatori a tempo indeterminato. A rischio un terzo degli insegnamenti delle facoltà scientifiche. E la battaglia ora potrebbe estendersi. Stop alle attività didattiche a partire dal prossimo anno accademico. Contro i tagli e il sistema di reclutamento

di Roberto Ciccarelli

Per la prima volta nella storia dell'università di Torino, i ricercatori della facoltà di Scienze hanno annunciato un'astensione dalle attività didattiche a partire dal prossimo anno accademico. Il documento che ha reso nota questa decisione senza precedenti è stato sottoscritto da 140 sui 180 ricercatori presenti nella facoltà. A questa schiacciante maggioranza si sono aggiunti i 30 ricercatori della facoltà di matematica, che hanno controfirmato un altro documento insieme ai loro docenti, i 30 (su 37) di Psicologia e i due terzi dei ricercatori di Agraria. Nella stessa direzione stanno andando i ricercatori di Fisica, ai quali potrebbero aggiungersi quelli di Medicina e del Politecnico dove nei prossimi giorni saranno convocate alcune assemblee per decidere le forme di protesta contro il disegno di legge Gelmini che prevede la scomparsa della figura del ricercatore a tempo indeterminato.

Una protesta che segue quella già adottata dai ricercatori della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali della Federico II di Napoli dove dall'8 marzo scorso 110 ricercatori si astengono dagli insegnamenti previsti nel secondo semestre, limitandosi a fare didattica di sostegno e non quella «frontale» come prevede la legge del 1980 che ha istituito questa figura centrale, ma disconosciuta, nell'università italiana. Forme analoghe di protesta si stanno registrando a Cagliari, mentre i ricercatori dell'Alma Mater di Bologna hanno sottoscritto nel febbraio scorso un documento consegnato al Rettore in cui si chiede di adottare soluzioni per scongiurare una simile ipotesi.

I documenti che stanno circolando nell'università del capoluogo torinese denunciano i tagli operati dal governo al Fondo di finanziamento ordinario per l'università e del nuovo sistema di reclutamento prospettato nel Ddl che «portano gli atenei sull'orlo della bancarotta e strozzano ulteriormente le già scarse prospettive di carriera dei ricercatori estromettendoli dalle commissioni di concorso». Ma le polemiche più aspre si registrano sulla nuova figura del ricercatore a tempo determinato previsto nella riforma Gelmini.

Un contratto di massimo sei anni che si aggiunge all'attuale moltitudine di assegni, borse e contratti, estende la durata del precariato fino a 10 anni senza alcuna certezza di assunzione e rischia di aprire con i ricercatori confermati una «guerra tra poveri» sui concorsi da associato. I ricercatori torinesi sono convinti che l'introduzione di questa figura non risolverà il problema dell'enorme precariato esistente ma lo aggraverà.

La loro decisione minaccia di bloccare un terzo degli insegnamenti delle facoltà scientifiche. I presidi saranno costretti a chiedere l'affidamento delle cattedre mancanti all'esterno ricorrendo a docenti a contratto a titolo gratuito, visto che i tagli hanno ridotto il budget della sola facoltà di Scienze da circa 900 mila euro a poco più di 300 mila. Facile immaginare che non ci sarà la fila per coprire questi ruoli. C'è però anche una soluzione alternativa. Che i corsi vengano affidati ai docenti di ruolo. I ricercatori chiedono ai docenti di limitare la loro didattica sostitutiva ad un numero minimo di ore, da 90 a 120. Una richiesta che, secondo Lorenza Operti, vicepreside di Scienze, sarà valutata con attenzione, visto che già nel documento dei ricercatori di matematica discusso a febbraio «c'era una frase sulla solidarietà dei docenti che sottintendeva la richiesta ai docenti di non farsi carico della didattica lasciata dai ricercatori rendendo in questo caso inutile la loro astensione».

Una decisione verrà comunque presa il prossimo 25 marzo quando, in un consiglio di facoltà, i ricercatori proporranno che lo «sciopero bianco» venga esteso all'intera facoltà. Negli incontri che si sono succeduti negli ultimi giorni nelle commissioni didattiche è emersa la possibilità che anche i professori - gli associati e gli ordinari - solidarizzino con la protesta. «Sono molto d'accordo con le motivazioni dei ricercatori - afferma Lorenza Operti - meno sulle modalità. Ritengo che l'astensione dalla didattica sia qualcosa che va troppo in là nel tempo. Dovrebbe essere un'azione un po' più immediata. Penso alle lezioni in piazza, al volantinaggio, azioni forse un po' più soft, ma di effetto immediato».

Azioni che non vengono del resto escluse dagli stessi ricercatori che stanno riflettendo sulle conseguenze di una situazione inedita nella storia dell'università italiana. Per valutarne l'impatto, il loro orientamento è di convocare dopo il 25 una commissione paritetica composta da ordinari, associati, ricercatori e studenti che esaminino tutte le questioni legali che nasceranno. L'obiettivo è di presentare un documento al consiglio di facoltà del prossimo mese ed assumere una linea comune.

Il Ddl Gelmini è la goccia che ha scosso le ultime, residue, certezze dei ricercatori che vivono la condizione paradossale in cui la didattica è un obbligo e la ricerca è volontariato, quando invece dovrebbe essere il contrario. «I tagli bloccano la ricerca. Le macchine diventano nel frattempo obsolete, non ci sono soldi per comprare le riviste, assistiamo alla demoralizzazione di un'intera categoria - afferma Davide Levy, ricercatore in Scienze mineralogiche - La nostra è una protesta per fare capire che il mondo universitario si è stancato di questa situazione, i governi di destra e di sinistra devono capire che l'università è un valore culturale e morale di questo paese».

A differenza di un'immagine consolidata che attribuisce agli umanisti il primato della politica nell'università, da molti anni ormai il testimone è passato agli scienziati. Alessandro Ferretti, ricercatore in Fisica, spiega questo protagonismo con il fatto che «nelle nostre facoltà i ricercatori sono pressoché indispensabili per il funzionamento della didattica, oltre che della ricerca. Sono persone che hanno indipendenza di giudizio, abituate a confrontarsi a livello internazionale». Un'immagine confermata da Davide Levy per il quale «siamo meno legati ad una situazione baronale. Il rapporto con il professore ordinario è quasi paritetico. Nelle nostre facoltà riceviamo un grosso sostegno da parte dei professori e questo ci stimola a portare avanti la protesta».

La protesta dei ricercatori torinesi ha assunto il profilo di un'assunzione collettiva di responsabilità verso le generazioni future che non si rassegnano a fuggire all'estero a causa della guerra contro l'intelligenza che da più di vent'anni si sta conducendo in Italia. Ma è anche la ricerca di una soluzione per i 3 mila precari - età media 35 anni - che quest'anno, solo a Torino, non vedranno rinnovati i loro contratti a causa dei tagli incombenti. Ferretti conferma l'intenzione di formare un coordinamento congiunto tra ricercatori di ruolo e i precari per affrontare un'emergenza sociale di grandi dimensioni. Per Valentina Barrera, rappresentante dei precari della Flc-Cgil, «è urgente affrontare questo problema legato al transitorio. Dopo la chiusura del tavolo di ateneo con i soggetti colpiti dai tagli, chiederemo di riconvocare un tavolo a livello regionale. La nostra prospettiva resta la difesa del contratto da ricercatore a tempo indeterminato».

martedì 16 marzo 2010

"Addio Università, non insegniamo più"


[torino.repubblica.it]
La protesta di 150 ricercatori di Scienze: oggi dimissioni da altre facoltà. La rivolta contro il decreto Gelmini. A rischio, dal prossimo anno, lezioni e numerosi corsi

di Tomaso Clavarino
Per anni hanno tenuto corsi, sostituito professori, esaminato gli studenti, tutti lavori extra, ossia oltre i compiti previsti dalla legge, svolti più per passione che per convenienza. Ma dall`anno prossimo questi compiti se li dovrà assumere qualcun altro perché loro, i ricercatori universitari, non ci stanno più. «Da anni chiediamo che venga riconosciuto il ruolo essenziale che svolgiamo all`interno degli atenei - spiega Alessandro Ferretti, ricercatore di Fisica - invece gli ultimi decreti vanno in direzione opposta. Quello del ministro Gelmini introduce la figura del "ricercatore a tempo determinato" che si aggiunge alle attuali forme di precariato post-dottorato. Inoltre non sono previsti concorsi per la posizione di professore di ruolo proporzionati al numero di ricercatori precari assunti». Concorsi che, se anche venissero banditi, vedrebbero una lotta fratricida tra ricercatori strutturati impiegati all`interno dell`università già da anni e i nuovi a tempo determinato, che nel caso di mancato superamento, verrebbero estromessi dall`ateneo. Ed è per questi motivi che ieri centocinquanta ricercatori di Scienze hanno ufficialmente presentato la rinuncia all`insegnamento per il prossimo anno accademico: sono oltre l`80% dei centottanta presenti in facoltà. «E un numero straordinario - afferma Roberto Aringhieri, ricercatore di Informatica - che dimostra l`importanza di queste problematiche, per il nostro presente e per il futuro dei nostri colleghi. Ora ci aspettiamo una risposta simile dai ricercatori delle altre facoltà». Risposta che non tarderà ad arrivare. Oggi infatti toccherà a quelli di Psicologia presentare le rinunce. In via Verdi i ricercatori sono quasi la metà del corpo docente, e si pensa che anche qui le adesioni possano raggiungere numeri elevati. A ruota poi toccherà a quasi tutte le altre facoltà da Veterinaria a Medicina, da Economia e Scienze della Formazione, passando per il Politecnico dove i ricercatori, che sono il 42% del corpo docente, sempre oggi si riuniranno in assemblea. Queste rinunce potrebbero avere delle serie ripercussioni sull`offerta formativa degli atenei torinesi. Corsi fondamentali per le carriere universitarie degli studenti sono tenuti da ricercatori ed interi corsi di laurea si reggono sulloro lavoro. AMedicinai ricercatori hanno l`appoggio anche dei docenti di ruolo. Spiega Lorenza Operti, vice-preside di Scienze naturali matematica e fisica: «I docenti hanno optato per un patto di" solidarietà" con i ricercatori: le cattedre che rimarranno scoperte non verranno prese in carico dai professori della facoltà. Si dovranno quindi cercare docenti a contratto all`esterno». Ma gli insegnamenti saranno a titolo gratuito: facile capire che non ci sarà la fila.

venerdì 12 marzo 2010

Uno sciopero "debole", salvato dagli studenti


[www.infoaut.org]
Tutti i settori incrociano le braccia, manifestazioni in molte città. Ma le parole d'ordine del sindacato sono insufficienti e le piazze sono riempite dagli studenti.

La tanto agognata "prova di forza" della Cgil è alla fine arrivata: migliaia e migliaia le persone che sono scese in piazza oggi in tutta Italia per lo sciopero generale di quattro ore - otto solo nel pubblico impiego, scuola e sanità. Il sindacato di Corso Italia rivendica il diritto al lavoro, la riforma del fisco e l'integrazione dei lavoratori migranti. Sotto accusa, in particolare, l'inerzia dell'esecutivo di fronte alla crisi.

Fino a qui tutto bene, verrebbe da dire: parole d'ordine inattaccabili e tanti buoni propositi, alte adesioni e il Wall Street Journal che dà ragione ad Epifani... e invece NO! Lo sciopero di oggi è stato debolissimo, tanto nella sua costruzione quanto nella sua effettiva manifestazione di forza che non si è vista se non nei freddi tabulati percentuali delle adesioni... Innanzitutto uno sciopero generale che ha avuto un parto lungo e doloroso. Elettoralistico nei fini (secondo le voci più maligne che spesso però le più lucide) e di basso profilo nella piazza, avvelenato da un imminente Congresso nazionale che si preannuncia molto teso (percorso com'è stato da un "centralismo democratico" epifaniano che ha impedito una reale espressione di democrazia sindacale della base).

Le tanto gettonate parole d'ordine poi sono l'emblema di un trinceramento del sindacato confederale nella retorica rassicurante (ma perdente!) di una difesa del lavoro tutta limitata al mondo del lavoro pubblico o dipendente. Laddove questo sembra essere esclusivamente trattato come massa di manovra da mobilitare in scadenze simili, senza impatto e senza la più minima capacità d'incidere nei rapporti forza complessivi. Non ci si sorprenda allora se poi, questi stessi lavoratori, decidono di starsene a casa o viversi la giornata come sacrosanto momento di vacanza e riposo. Del resto forse, a Epifani e alla sua cricca la cosa non dispiace poi tanto, contenti e soddisfatti di corteini che non arrecano disturbo, permettono comizi finali senza increspature e vengono diligentemente ripresi dalle telecamere dei Tg nazionali.

E' l'idea stessa di una battaglia sindacale così articolata che non tiene più: non esiste solo più il pubblico impiego o il lavoro salariato di fabbrica. Cosa dice Epifani alle migliaia di lavoratori autonomi a reddito intermittente, agli studenti-lavoratori-precari che affollano le facoltà, ai precari permanenti in perenne stato di collasso psichico, alla miriade di "nuovi lavori"...? Cosa dice riguardo all'ipotesi di uno reddito universale ?

Gettito fiscale e difesa dell'art. 18 sono sacrosanti ma non bastano. tocca ripensare una più complessiva figura media del lavoratore-precario di oggi. I più l'art.18 non l'hanno visti neanche col cannocchiale. E il fisco è un oggettivo nemico di tanti lavoratori 'in proprio' strozzati da crisi e politica fiscale che in Italia tutela esclusivamente le fasce molto alte e la ricchezza da rendita, schiacciando sotto il suo tallone tutti quanti, dipendenti e "autonomi".

Dire questo ovviamente non significa dar ragione a Cisl-Uil, il gatto e la volpe dell'ex unità sindacale, che oggi comodamente seduti sulle loro padronali poltrone, van blaterando di necessità di "superamento della contrapposizione" e altri squallidi stratagemmi di concertazione.

Per fortuna ci sono gli studenti! Loro oggi hanno riempito le piazze, loro sono ben consapevoli del futuro che li attende e della progressiva trasformazione delle loro scuole in formazione impoverita e grandi agenzie di disciplinamento di massa per un lavoro futuro senza prospettive, precario, mal pagato, incerto e soprattutto senza diritti. In decine di migliaia hanno attraversato e ravvivato le piazze altrimenti morte dello sciopero sindacale, ben sapendo che l'opposizione alla riforma Gelmini, da rilanciare con forza il prossimo autunno, è solo un tassello di una più generale battaglia di riconquista e riappropriazione.

Gli studenti medi riempono lo sciopero generale anche a Torino! 6mila in corteo, occupata la Camera di Commercio!

giovedì 11 marzo 2010

Rewind: condannarne 21 per colpire l'Onda!


[www.infoaut.org]
Si è svolta stamani al Palagiustizia di Torino la prima udienza preliminare (dopo il rinvio per vizi procedurali del 24 febbraio) contro gli studenti dell'Onda arrestati in seguito al corteo nazionale di Torino del 19 maggio scorso, indetto dal movimento universitario contro il g8 University Summit. Con oggi non si possono più aver dubbi sulla natura meramente politica dell'intera operazione Rewind, volta a colpire un movimento che l'anno scorso ha tanto spaventato i poteri forti (siano essi politici, baronali o mediatici).

Pesantissime le pene richieste dal pm Sparagna anche per gli studenti che hanno scelto di difendersi con il rito abbreviato, pene che vanno dall'anno e 6 mesi all'anno e 10 mesi. Non potendosi basare su effettive prove a carico degli imputati, sono state mosse accuse per "concorso morale", ovvero sono tutti colpevoli per il solo fatto di essere stati presenti al corteo (cosa, tra l'altro, che nessuno degli imputati ha mai negato). Nessuno degli elementi in mano all'accusa permetterebbe infatti una tale richiesta della pena.

Per un paio di loro, oggi dottorandi o ricercatori (precari), la colpa è stata anche quella di aver già partecipato ad una manifestazione come il G8 di Genova (più volte ricordato in aula), come se questa potesse essere una "colpa" da espiare in circostanze diverse e a distanza di anni! Ma, secondo il pm, anzi, sarebbe proprio una manifestazione come quella di Genova ad aver legittimato le cariche violente della polizia: "Si sa come è finita a Genova con l'estintore!", parole che fanno davvero venire i brividi se si pensa a Carlo, alla sua famiglia, al loro dolore e al suo assassinio rimasto impunito.

Il tentativo dell'accusa è stato anche oggi quello di distinguere i buoni e i cattivi all'interno di un movimento che in quella stessa giornata ha dimostrato di essere più unito e determinato che mai, tornando insieme in corteo verso Palazzo Nuovo e assumendo con un'assemblea e un comunicato stampa nazionale tutto quanto era accaduto in quella giornata.

Gli avvocati della difesa, che hanno pronunciato oggi in aula le prime arringhe, e che parleranno nuovamente in occasione della seconda sessione dell'udienza preliminare, che si svolgerà il primo aprile, hanno insistito sul fatto che, a differenza di quanto sostenuto dall'accusa, i momenti di tensione venutisi a creare in seguito al tentativo, da parte degli studenti, di violare la “zona rossa”, non fossero premeditati e studiati a tavolino, ma fossero in realtà conseguenza di una pratica naturale e spontanea che aveva portato migliaia di persone, tutte insieme, a scendere in piazza in modo dirompente e determinato.

Lo “scudo-ariete” immaginato dal pm Sparagna non è nient'altro che lo striscione di apertura del corteo, i “cattivi” sono in realtà rappresentati dalle migliaia di studenti e studentesse scesi in piazza che hanno, in tutti questi mesi, continuato a ribadire che “dietro quello scudo c'eravamo tutti”.

Non sono dunque bastati tutti gli attestati di solidarietà, tutte le azioni di protesta in tutta Italia da parte delle varie articolazioni dell'Onda, le occupazioni dei Rettorati, i cortei, le conferenze stampa, le migliaia di firme raccolte nel mondo accademico italiano e non solo, la presenza il 24 febbraio di delegazioni da tutta Italia, a far ricredere il pm Sparagna e le sue deliranti accuse.

Oggi stesso, gli studenti e le studentesse di tutta Europa, ritrovatisi a Vienna per un controvertice in occasione delle celebrazioni per l'anniversario della dichiarazione di Bologna, hanno esposto l'ennesimo striscione di solidarietà e di assunzione delle giornate del maggio torinese, che recitava “No rewind, Rewave! We were all behind that shield”.

In conclusione, anche di fronte a quanto oggi è stato palesato in aula dalla controparte, il processo Rewind - la sua sua valenza politica - per il movimento dell'Onda non potrà che continuare ad essere un campo di battaglia dentro il quale spendersi per decostruire un teorema Sparagna già mozzato dalle mobilitazioni diffuse di quest'estate (concretizzatosi con la liberazione dei compagni dalle carceri), contrapponendosi alle ultimi infime carte di una magistratura che spera (ma fallirà ancora!) di demolire la ricchezza e la potenza di quanto costruito nelle università (e non solo) fino ad ora. Che la storia non possa essere scritta dai tribunali è l'assunto dal quale partire, ribadendo e rivendicando quanto fatto a Torino, un percorso politico che non può e non sarà arrestato dal tintinnio delle manette e dal sinistro moralismo che aleggia da troppo tempo. Dietro quello scudo, oggi più che mai, c'eravamo veramente tutt*.

mercoledì 10 marzo 2010

Verso Vienna! Contro il processo di Bologna!


[www.uniriot.org]
Il prossimo 11 e 12 marzo si terrà, tra Budapest e Vienna, un evento solo apparentemente irrilevante e autoreferenziale: la celebrazione dell’anniversario del Bologna Process, la riforma del sistema universitario stipulata dieci anni fa e progressivamente applicata nei paesi europei e non solo. Tra Budapest e Vienna, i 46 Ministri dell’Istruzione europei si riuniranno per brindare al fallimento ed alla decadenza del sistema formativo europeo. Noi, che in questi anni abbiamo attivamente preso parte alle lotte che in Italia si sono date contro la dismissione dell’università, noi che in questi anni abbiamo attraversato l’Europa per intrecciare altre esperienze che allo stesso modo si sono opposte alla dismissione dell’università e alla precarizzazione delle nostre vite, non ci faremo ingannare da questa farsa, né dalle parole che questi signori ripeteranno come una vuota quanto stanca liturgia: “mobilità studentesca”, “eurocompatibiltà”, “competitività”. Parole che in realtà sottintendono ben altro: dequalificazione dei saperi, frammentazione del percorso di studi, sfruttamento economico dello studente, tagli dei finanziamenti pubblici, dismissione progressiva dei diritti e delle strutture del Welfare.

L’inganno tecnocratico che ha informato i processi di riforma di questi anni, è stato precocemente svelato, proprio grazie ai movimenti che hanno radicalmente contestato il Bologna Process: movimenti che, senza alcuna nostalgia per i modelli passati, hanno prefigurato un nuovo spazio costituente europeo, rivendicando l’eccedenza e la non misurabilità dei saperi. Movimenti che hanno smascherato la vera natura del neoliberismo, opponendosi alla privatizzazione della conoscenza, alle nuove recinzioni imposte attraverso i brevetti e il copyright, e che al contempo, stufi del controllo delle burocrazie di Stato sulle università e sul sapere, hanno rivendicato un’università pubblica ma non statale.

Lo studente, come non si stancano di ripetere gli stessi disegni normativi messi in campo in questi anni nei vari paesi, è un soggetto a tutti gli effetti interno al nuovo mercato del lavoro fondato sulla conoscenza, è al centro di processi di gentrification e di produzione in tutte le metropoli europee. Lo studente è a tutti gli effetti una figura sociale che produce ricchezza. Non siamo nostalgici, al contrario su questa centralità vogliamo insistere, rovesciandola proprio contro chi ne ha fatto una retorica per favorire le nuove forme di sfruttamento. Alla centralità produttiva dello studente vogliamo che corrispondano reddito, garanzie, potere decisionale, riconoscimento della sua attività sociale dentro e fuori l’università. Al contrario, l’obiettivo del Bologna Process, dietro la retorica della competitività e dell’efficientismo, è stato quello di trasformare le università in luoghi di sfruttamento intensivo della nuova forza lavoro. Al riconoscimento della centralità dello studente nei processi produttivi è corrisposta una sua sempre più violenta precarizzazione.

L’Italia, da questo punto di vista, è stata un vero e proprio laboratorio di sperimentazione sia del processo di Bologna, sia dei movimenti che ad esso si sono contrapposti. In un paese in cui a fare da dominante sono i tagli continui dei finanziamenti all’università, considerata ancora come una spesa corrente più che un settore su cui investire, la frammentazione dei percorsi formativi, la dequalificazione del sapere, l’espulsione dei ricercatori dalle università - tutto in un singolare connubio tra retoriche aziendalistiche e persistenza del potere corporativo dell’accademia - si comprende bene come la tendenza di fondo in tutta Europa sia quella di spingere verso il basso e declassare la forza lavoro cognitiva. Gli stessi obiettivi che si proponeva il Bologna Process, quelli che gli stessi artefici italiani sentono di aver mancato, si sono rivelati un fallimento pieno, le cifre parlano da sole: il 3+2 non ha inserito più studenti nel mercato del lavoro, né gli stessi vedono corrisposte le loro competenze in un futuro lavoro. Anche dal lato della mobilità studentesca è noto che i blocchi all’accesso, tra atenei, facoltà, tra il 3 e il 2, tra la laurea e il dottorato superano di gran lunga la possibilità degli spostamenti.

L’Onda, l’anno scorso è stata una risposta a tutto questo, non solo ai tagli economici, ma alla stessa strutturazione dell’università. Le lotte che si sono date hanno subito messo in crisi lo stato attuale in cui versano gli atenei, richiedendo non solo più qualità nei percorsi formativi, ma soprattutto autonomia nella gestione diretta del percorso di studi, nella condivisione dei saperi e nella ricerca. La stessa opposizione al corporativismo che caratterizza le università in Italia, ha subito trovato una sua espressione costruttiva dentro le pratiche d’indipendenza diretta e autogestione delle facoltà.

Il Network Uniriot, sin dal 2005, si è sempre posto l’obiettivo di costruire nesso e rete tra le altre lotte che emergono nelle scuole e nelle università, nella consapevolezza che è sempre possibile individuare una tendenza nella chiusura dei dispositivi di comando, così come delle possibilità per le strategie e le pratiche di momenti di resistenza. L’esperienza dell’Onda non è rimasta isolata, ha trovato delle anticipazioni dentro il movimento contro il CPE in Francia nel 2006, così come dentro le esperienze della Danimarca, della Grecia, dell’Olanda, della Germania, della Croazia, della Serbia e dell’Austria. Un vero e proprio ciclo di lotte universitarie sta attraversando l’Europa, anche se in maniera carsica; ovunque sono stati messi al centro alcuni snodi decisivi: la qualità della condizione di vita giovanile, l’esigenza di sperimentare l’indipendenza dentro i percorsi formativi, l’opposizione alla precarietà ed alla privatizzazione del sapere, l’insofferenza verso lo stato di cose presenti.

Come rete Uniriot, crediamo che sia decisivo attraversare le giornate viennesi per partecipare tanto alla manifestazione dell’11 marzo di contestazione alla riunione ufficiale dei Ministri, quanto ai workshop del 12-13-14 marzo. Un’occasione per fare emergere in primo piano ciò che in questi anni è rimasto sullo sfondo, per costruire un lessico comune tra tutte quelle esperienze che in questi anni si sono ribellate ai processi di dismissione dell’università. Per questo motivo organizzeremo, nei principali atenei italiani, delle carovane che raggiungeranno Vienna nei giorni del vertice.

MAKE BOLOGNA HISTORY!
www.bolognaburns.org
UniRiot - network delle facoltà ribelli

lunedì 8 marzo 2010

Youngstown - Un'altra volta, un'altra Onda

Assemblea dei ricercatori nel cortile del rettorato


Caro Collega Ricercatore,

il disegno di legge 'Gelmini' per l'Università (in fase di discussione al Senato) prevede alcune norme molto discutibili sull'organizzazione generale degli atenei. I ricercatori, insieme ai precari, saranno particolarmente penalizzati: nell'eventualità che la legge venga approvata così com'è la figura del ricercatore a tempo indeterminato andrà ad esaurimento, e verrà sostituita dal ricercatore a tempo determinato (3+3 anni).

Dopo i sei anni, per rimanere all'interno dell'Università il ricercatore a TD avrà come unica possibilità quella di diventare professore associato.

I futuri concorsi per associato saranno molto pochi (per i tagli al turnover e ai finanziamenti delle leggi 133/08 e 1/09). Quindi, non solo molti ricercatori a TD si troveranno senza un lavoro alla scadenza del contratto, ma l'esigenza di assumerne il maggior numero possibile andrà a discapito delle prospettive di carriera degli attuali ricercatori a TI.

Oltre a ciò, nel DdL ci sono molti punti oscuri. E' prevista l'eliminazione della ricostruzione di carriera, il ridisegnamento delle progressioni stipendiali e la ridefinizione degli obblighi didattici: temi che saranno delegati interamente al Governo, e quindi di fatto sottratti al dibattito.

Si sono già intraprese alcune azioni di protesta: a Cagliari e a Napoli i ricercatori hanno già rinunciato ai carichi didattici dell’anno in corso e/o dell’anno prossimo.

A Torino, i ricercatori della Facoltà di Scienze riuniti in assemblea il 18 febbraio hanno deciso per protesta di non partecipare alle commissioni di laurea estive e di rinunciare sin d’ora ai carichi didattici per l’A.A. 2010-2011, affermando che tale indisponibilità potrà essere revocata solo se il Governo intraprenderà passi significativi verso il superamento dei succitati problemi.

In seguito a questa assemblea, il Consiglio di Facoltà di Scienze MFN ha votato una mozione (all’unanimità, con due astenuti) che esprime la sua solidarietà alla protesta e invita il Rettore a farsi portavoce del disagio e delle preoccupazioni dei suoi membri.

Entro il 15 marzo i ricercatori della facoltà di Scienze consegneranno in presidenza le rinunce ai carichi didattici per l’anno prossimo.

Per informare tutti i ricercatori dell’Ateneo sull’iniziativa in corso e discutere le modalità di estensione anche alle altre Facoltà, vi invitiamo a partecipare ad una

ASSEMBLEA
Lunedì 8 marzo alle 14:15 nel cortile del Rettorato, via Verdi 8
(in concomitanza con la riunione del Senato Accademico)
L’assemblea è aperta anche ai non ricercatori

Coordinamento dei ricercatori UniTo

sabato 6 marzo 2010

Ricercatori in rivolta: "Stiamo in laboratorio, basta insegnamento"


[www.lastampa.it/torino]
In 180 a Scienze: stop al volontariato in cattedra

di Andrea Rossi

Adesso fanno sul serio. Altro che minaccia sbandierata per ottenere condizioni migliori o limitare un precariato fuori controllo. Stavolta non è una provocazione, ma una decisione già presa e messa nero su bianco in una facoltà dell’Università di Torino e che presto potrebbe dilagare in tutte le altre: i ricercatori non vogliono più insegnare. Basta corsi, basta didattica, basta esami. Dal prossimo anno, a Scienze, torneranno a occuparsi solo di quel che prevede la legge: fare ricerca e seguire la didattica complementare, ad esempio le esercitazioni.

«L’abbiamo deciso a malincuore», racconta Alessandro Ferretti, ricercatore al dipartimento di Fisica sperimentale. «Smetteremo di svolgere tutti quei compiti didattici a cui fino a oggi ci siamo dedicati con passione, su basi volontarie, e per il bene degli atenei e dei loro studenti. Da ottobre lavoreremo a tempo pieno al nostro compito istituzionale». Il motivo di questa rivolta è tutto racchiuso nel nuovo disegno di legge sull’Università. «Speriamo che la nostra protesta serva ad attirare l’attenzione sulle condizione disastrose che il ddl Gelmini produrrà dentro gli atenei, soprattutto sul fronte del personale», spiegano.

La riforma varata dal ministero, che presto passerà all’esame del Parlamento, per chi si occupa di ricerca contiene infatti una rivoluzione: introduce la figura del ricercatore a tempo determinato, con contratti di tre anni rinnovabili per altri tre, «con il risultato che alla fine ci si potrebbe trovare senza un concorso cui partecipare, obbligati a reinventarsi una professione fuori dall’Università a 40 anni. Inoltre, se anche il concorso fosse previsto, si scatenerebbe una “guerra tra poveri”: da una parte i ricercatori strutturati, che aspirano a un avanzamento di carriera; dall’altra quelli a tempo determinato, che rischiano di uscire dall’Università».

Un quadro che ha spinto i ricercatori di Scienze - sia gli strutturati che i precari - a mobilitarsi: l’anno prossimo niente didattica, con il rischio di paralizzare la facoltà e mettere a repentaglio lo svolgimento di tutti i corsi. Il consiglio di facoltà, qualche giorno fa, ha espresso solidarietà alla protesta, ma il preside Alberto Conte non nasconde la preoccupazione: «Una scelta di quel genere metterebbe in forte difficoltà l’organizzazione della didattica, forse addirittura pregiudicherebbe la messa a punto dei corsi di laurea». Non ha tutti i torti: nella facoltà di via Giuria i ricercatori sono 180, i docenti - tra associati e ordinari - circa 250, i precari della ricerca oltre 300. Facile immaginare quale sconquasso provocherebbe la ritirata dei 180 ricercatori, molti dei quali tengono interi corsi ed esaminano gli studenti. Senza contare l’esercito dei precari, i cui compiti di didattica sono però ridotti.

Il professor Conte non è l’unico preside a convivere con i grattacapi: dopo Scienze anche a Veterinaria, Agraria, Economia e Scienze politiche la protesta sta crescendo. Si potrebbe arrivare a un epilogo simile, anche perché non sembrano intenzionati a mollare: «La mole di lavoro svolta finora non è stata premiata. Anzi, si prospetta un rapido e progressivo deterioramento delle nostre condizioni, un’ulteriore estensione del precariato pre-ruolo che non ha confronti in nessun altro settore lavorativo legale, il confinamento degli attuali ricercatori in un ruolo a esaurimento, senza speranza. Ed è inaccettabile».

venerdì 5 marzo 2010

Università della California in mobilitazione!


[www.infoaut.org]
Ritornano in onda le proteste delle università della California. Da settimane studenti e studentesse sono in mobilitazione, ritessendo le maglie di un'opposizione studentesca partita con vivacità e capillarità già lo scorso autunno, quando campus e atenei erano stati occupati. Proteste nate innanzitutto dinnanzi allo spropositato aumento delle rette universitarie, come imposto dispositivo di rinpinguamento delle casse di un'università in crisi!

Migliaia di studenti delle università e delle scuole superiori sono scesi in piazza ieri in diverse città della California. A Oakland 150 persone sono state arrestate dopo aver bloccato un'autostrada. Ai cortei hanno partecipato anche moltissimi genitori. Centinaia di studenti e studentesse si sono riuniti oggi nel campus di Berkeley, alle porte di San Francisco, per confrontarsi sul come procedere nella mobilitazione contro i tagli ai finanziamenti e gli aumenti delle rette universitarie, solo una settimana fa si erano verificati scontri tra polizia e studenti per le strade della città americana durante un corteo notturno.

La protesta, che si sta ampliando a tutto il Golden State, è nata lo scorso autunno proprio nelle aule di Berkeley ed, in pochi mesi, si è estesa anche nelle altre università del circuito UC, University of California. I conti della California sono in profondo rosso a causa della crisi economica, così il governatore Arnold Schwarzenegger ha ordinato tagli drastici al comparto della formazione, quindi negli atenei le rette sono aumentate del 32%, superando i 10mila dollari, una cifra mai raggiunta in passato!

Appello alla mobilitazione contro la "riforma" Gelmini


La scuola è la più importante "grande opera" per il paese!
No ai tagli, sì ad una consistente politica di investimenti per l'istruzione statale

L'approvazione dei Regolamenti in Consiglio dei Ministri ha confermato quello che già si sapeva: la "riforma epocale" del ministro Gelmini è fatta solo di tagli senza alcun progetto didattico.

Si cancellano o si immiseriscono materie importanti di studio, si tagliano, a casaccio, ore di insegnamento caratterizzanti (in media 4 ore settimanali in meno), si sopprimono laboratori e esperienze pratiche professionalizzanti. Intanto si espellono dalla scuola decine di migliaia di precari, e si eliminano decine di migliaia di posti di lavoro, si falcidiano gli organici di docenti e ATA. La conseguenza inevitabile di tali scelte è il collasso del sistema di istruzione pubblico, con la conseguente apertura ai privati del ghiotto mercato dell'istruzione.

Le scuole, inoltre, vantano crediti nei confronti dello Stato, mancano dei fondi per il funzionamento, fanno salti mortali per continuare ad erogare un servizio che, di giorno in giorno, si fa, inevitabilmente, più carente. In questi anni le scuole sono andate avanti solo con il contributo volontario delle famiglie e con i sacrifici compiuti da dirigenti scolastici, insegnanti, personale ATA e, in molti casi, con il lavoro spontaneo di genitori e studenti.

Ma così non può continuare: dobbiamo rivendicare i nostri diritti di lavoratori della scuola e batterci anche per il diritto all'istruzione dei nostri studenti. E' l'ora della mobilitazione!

Per realizzare iniziative di informazione, incontri, dibattiti
Per costruire una piattaforma di lotta unitaria

ASSEMBLEA PUBBLICA CITTADINA
Venerdì 5 Marzo ore 16.00
presso l'aula Magna dell'Itis Avogadro di Torino

Sono invitati a partecipare coordinamenti, comitati, associazioni, collettivi ed organizzazioni studentesche dei medi e degli universitari, forze sindacali e politiche.

Promuovono: Natale Alfonso - Rsu IPSIA Zerboni Torino, Gabriele Balboni, - Rsu IIS Amaldi Orbassano, Cristiana Bartolini - Rsu LS Gobetti Torino, Claudio Benintende - Rsu ITIS Pininfarina Moncalieri, Valerio Bertolo - Ita Dalmasso Pianezza, Marco Borio - Rsu IC Turoldo Torino, Federico Buratti - Rsu ITIS Majorana Grugliasco, Carlo Bussone - Rsu IIS D'Oria Ciriè, Wilma Cancanelli - Rsu IC Trofarello, Stefano Capello - Rsu Convitto Umberto I Torino, Ilaria Cavallo - Rsu L.S. Copernico Torino, Grazia Cerulli - RSU LC Gioberti Torino, Grazia Cisternino - Rsu IPC Boselli Torino, Anna Civarelli - Rsu ITIS Pininfarina Moncalieri, Salvatore Damasco - Rsu IPA Colombatto Torino, Mirio Da Roit - Rsu IIS Bodoni Paravia Torino, Salvatore Danza - Rsu IIS D'Oria Ciriè, Vincenzo De Vito - Rsu ITIS Avogadro Torino, Caterina Di Mauro - Rsu DD Parri Torino, Paolo Genovese - Rsu L.A. Primo Torino, Mara Gianolio - Rsu SMS Alvaro Modigliani Torino, Pino Iaria - Rsu IPC Boselli Torino, Giorgio Manavella - Rsu DD Gambaro Torino, Giuseppe Migliore - Rsu IPA Prever Pinerolo, Dario Molino - RSU LS Volta Torino, Umberto Ottone, RSU IIS Porro Pinerolo, Giovanni Piero Palumbo - Rsu ITIS Pininfarina Moncalieri, Alessandra Passera - Rsu SMS Croce Morelli Torino, Davide Pazienza - Rsu ITIS Peano Torino, Domenico Profiti - Rsu DD Aleramo Torino, Carmelina Sollazzo - Rsu ITIS Pininfarina Moncalieri, Roberto Spagnolo - Rsu IPS Steiner Torino, Maresa Vottero - RSU DD Gabelli Torino

Assalti Frontali in concerto! Benefit arrestati Rewind!