Dobbiam ripartire da qua. E' un riferimento metaforico ma quanto mai concreto. E' un “qua” di connessione: nel partecipare all'iniziativa di quest'oggi, ringraziamo il Collettivo Politecnico e ribadiamo la necessità di continuare a percorrere strade comuni di lotte, guardando a quanto fatto finora assieme, ma anche e soprattutto a quanto resti ancora da combattere. E' un “qua” di progetto: dobbiamo riprenderci tutto prima che ce lo portino via da sotto il naso, magari farfugliando sull'astruso perchè nelle nostre “democratiche” università non ci sia spazio per chi pensa, studia, lotta. Le nostre controparti sono tante, abbondano, le troviamo in ogni dove: nei paraggi, c'è il rettore di turno che pretende di instaurare la sua legge rimuovendo la componente studentesca, soprattutto se non confacente con l'architettura dei suoi pensieri ed interessi; c'è il barone veterano o no che si allarma dinnanzi ogni possibile deviazione di ragionamento e metodo che non sia il suo, vecchio e stantio; c'è la servitù studentesca fattasi ceto politico in apprendistato che si candida spesso a poliziotto delle autorità accademiche più che a rappresentante (?!) di studenti e studentesse che dovrebbero inoltre avere qualche strana motivazione per darle un voto...
Dentro questo panorama di assuefazione e controllo, disciplina e piattezza, resta comunque, per noi, sempre in palio la posta in gioco, perchè c'è chi non si accontenta, chi si ribella, chi non si fa zittire e domare: il nostro “riprendiamoci tutto!” lo caliamo nel contesto della ristrutturazione in atto dell'università, della riforma Gelmini e affini, il quale non può che ripartire dal riconquistarci quello che è nostro, quello che viviamo e attraversiamo tutti i maledetti giorni, quello che è dentro il circuito delle nostre vite disordinate e precarie: occupiamo gli spazi per avere altre basi dalle quali partire, non facendoci recintare da quanto altrove sono disposti a concedere o meno; riprendiamo la parola contro quanto di marcio incontriamo ogni giorno sulla nostra strada, qua dentro o meno, respingendo quel che altrove chiamano pace ma che si chiama censura.
Narrando quel contro il quale quotidianamente ci battiamo nelle nostre università non possiamo che considerare anche quanto avviene in città, nell'ipocrisia della Torino capitale dei giovani 2010 e nella costruzione di un'altra capitale dell'evento, guardando anche ad analogie e ragnatele per nulla casuali: si pensi alla battaglia che Radio Blackout sta fronteggiando contro il Comune, per il suo diritto ad un'informazione libera e autogestita, contro le scure censorie che aleggiano nei pensieri di chi “certe voci problematiche” vorrebbe cancellarle... Nell'apertura della campagna “Accendi Blackout Spegni la censura” scrivevamo: “Sulle frequenze di Blackout in questi anni, dalle strade e dalle università di Torino, abbiamo raccontato le assemblee, i cortei, denunciato la repressione, festeggiato la liberazione dei nostri compagni e compagne. E, mentre davamo la nostra testimonianza, ascoltavamo su Blackout quelle di altri giovani e studenti, che in questi anni si prendevano le strade e le università in ogni parte del mondo, dalla Grecia all'Iran, passando per la Francia, il Messico, la Germania”. Stare al fianco di Blackout per noi è assolutamente congenito: siamo anche noi Radio Blackout, come lo sono tutto coloro che hanno voglia di lottare, raccontando e facendosi raccontare.
Siamo da anni redattori e redattrici di Blackout, con la trasmissione “Parole Ribelli”, dentro la quale cerchiamo di riportare la fotografia di lotta e le storie di vita su quanto ci circonda. Da poche settimane abbiamo deciso sperimentare nuovi modi di essere media antagonista, abbiamo portato, attraverso la trasmissione, la radio dentro l'università, allo spazio Li.Sa di Palazzo Nuovo, già postazione di Radio Blackout durante l'Onda. I “nostri propositi” vanno nella direzione dell'interazione diretta con studenti ricercatori e precari, intervistandoli nei corridoi e nelle aule delle facoltà, invitandoli a prender parola “on air”, comunicando con tutt* attraverso facebook sms e mail. Insomma, Parole Ribelli vuole essere un media interattivo, o meglio, essere l'alchimia di diversi media e partecipazione diretta, ponendosi, irriducibilmente nella sua parzialità politica, la finalità di indagare soprattutto il soggetto studentesco ed i suoi bi-sogni, costruendo immaginario di lotta e alimentando conflitti da agitare e far esplodere.
Siamo naufraghi (o surfisti?!) nello stesso mare, a noi il compito di salire sulla prossima Onda e, prima, di spingere perchè questa salga!
Collettivo Universitario Autonomo – università di Torino
mail: paroleribelli@gmail.com – facebook: parole ribelli - blog e siti: cuatorino.blogspot.com baraondatorino.blogspot.com www.infoaut.org www.radioblackout.org
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