domenica 20 settembre 2009

Onda virtuosa vs Riforma (im)meritevole


Di ritorno nei nostri atenei dopo l'estate ci ritroviamo a fare i conti con le conseguenze dell'applicazione della riforma Gelmini. In più, chiunque di noi, leggendo i giornali o guardando il telegiornale, avrà sentito parlare dei nuovi provvedimenti sull'università come di una formula magica, le cui parole d'ordine sono: meritocrazia, riduzione degli sprechi, innovazione. Se davvero così fosse, perchè migliaia di studenti ricercatori e lavoratori dell'università sarebbero scesi in piazza denunciando lo smantellamento e l'aziendalizzazione dell'università, intuendo le linee di riforma del ministro, protestando per la condizione di precarietà di vita e di lavoro a cui siamo costretti? Perchè intraprendere la carriera di ricercatore è considerata quasi una mission impossible? Perchè gli studenti parlano di un sapere dequalificato ed espropriato? Forse il movimento dell'Onda mira alla conservazione di un'università sprecona e alla difesa dello smisurato potere del baronato? Non crediamo proprio! Anzi! Ed è per questo che ci sembra fondamentale interrogarci su come si traducono nella pratica queste parole ed a quali logiche sottostanno.

Quale merito? E' stata recentemente diffusa la classifica degli atenei più “meritevoli” in base alla quale verranno redistribuiti i Fondi del Finanziamento Ordinario: gli atenei più “virtuosi” vedranno un aumento della percentuale delle risorse a loro destinate, gli altri una diminuzione. Chiariamo, non si tratta di soldi in più che il ministero destina alle università, ma di una ripartizione al ribasso dei pochi soldi rimanenti dopo i pesanti tagli della legge 133. E poi, chi attribuisce alle università lo status di “meritevoli”? In base a quali parametri? L'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario) è il nuovo organismo, fortemente voluto dalla Gelmini, creato ad hoc per valutare gli atenei secondo criteri di produttività, competitività, solidità finanziaria. Criteri meramente quantitativi che conducono obbligatoriamente alla logica del “si salvi chi può” nella corsa per accaparrarsi i pochi spiccioli rimanenti. Direttiva verso la quale si sacrifica tutto il resto, tutto quel che non rientra in questa logica di comando economicista: la qualità dei saperi, i tempi di studio, la possibilità di determinare il proprio percorso di formazione senza dover sottostare ai vincoli imposti dal mercato, etc. Gli atenei, infatti, per ottenere i finanziamenti, tagliano i corsi meno “gettonati”, restringono le sessioni d'esame, introducono limitanti requisiti d'accesso alle lauree magistrali, riducono i servizi per gli studenti (biblioteche, aule studio e tanto altro! ), aumentano le tasse, stringono sempre più legami con le imprese per attrarne gli investimenti, subordinando necessariamente l'offerta formativa agli interessi di queste  ultime. Guardando la classifica dell'Anvur, salta immediatamente all'occhio l'esatta corrispondenza tra quest'ultima e le università facenti parte dell'Aquis, l'associazione degli atenei più produttivi e competitivi che, tramite la partnership di Confindustria, si pone il doppio obiettivo di lanciare l'Italia nel mercato globale della conoscenza e di incentivare la condivisione della proprietà intellettuale fra università e aziende.

Un'altra volta, un'altra onda... E in tutto questo, quale considerazione per noi studenti che ogni giorno viviamo l'università, contribuendo attivamente alla produzione di quei saperi? Ad un'attenta lettura, l'ideologia del merito si rivela l'alibi costruito per mascherare il processo di dequalificazione dei saperi, del disinvestimento in ogni ambito della formazione, della precarizzazione delle nostre vite. A pagare le conseguenze di un modello di università già in crisi (del quale certamente non sentiremo la mancanza!) dovremmo essere noi studenti e precari... La presunta (perchè ancora disarticolata e non avente un'idea di nuova istituzione università), infatti, non intacca minimamente gli attuali equilibri di potere che vedono i baroni mantenere i privilegi di sempre. L'Onda riparte nella sua irrapresentabilità ed autonomia nel decidere il proprio futuro, riparte dal fallimento di un modello universitario che essa stessa ha contribuito a mettere in crisi, rivelandone le contraddizioni e mettendo le basi, nelle occupazioni e nei cortei, nei seminari di autoformazione e nelle assemblee, per la costruzione di un'altra università. Nel frattempo, attraverso i suoi strilloni mediali, il ministro Gelmini annuncia che all'inizio di ottobre presenterà il decreto sul secondo troncone di riforma dell'università. Ministri, baroni, burocrati, rettori: procuratevi canotti e braccioli, per almeno provare a salvarvi.

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