sabato 31 ottobre 2009

Bastardi senza onore: per il diritto alla bancarotta



Perché il Ddl Gelmini non ci merita. Editoriale Uniriot di Gigi Roggero per UniRiot

Chi volesse intraprendere la certo non avvincente lettura del gelminiano “Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio”, che verrà presentato a breve, può tranquillamente cominciare dalla fine (art. 15, comma 6): “Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ecco la cosa importante: la strategia del governo sull’università consiste di tagli e dismissione, punto e basta. A partire da qui, si possono leggere a cuor leggero le trenta cavillose e confuse pagine del Ddl certi di averne afferrato il senso. Non è un caso, del resto, che nonostante si premetta che ogniqualvolta si parli di “Ministero” ci si riferisca a quello dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in realtà l’altro Ministero – cioè dell’economia e delle finanze – è citato in ugual misura e puntualmente a proposito delle questioni di centrale rilevanza.

Il Ddl è suddiviso in tre parti: governance, meritocrazia, personale accademico. È un progetto di aziendalizzazione dell’università, potrebbe dire qualcuno. Preferiamo però non concedere con troppa facilità all’avversario la perversa dignità di una parola che – per accordarci subito con il leit motiv del testo – non “meritano”, né per intelligenza né per coraggio strategico. Vediamo infatti in cosa concretamente consiste la via italiana all’aziendalizzazione, da tempo sognata dagli algidi ideologi della Bocconi e del Corriere della Sera. Da sempre, si sa, le imprese italiane hanno avuto un ruolo parassitario rispetto al sistema formativo, succhiando forza lavoro istruita e non versando una lira prima e un euro poi; i baroni, dal canto loro, hanno potuto riprodurre privilegi e posizioni di rendita, affidate loro dallo Stato.

Questo Ddl cerca forse di modificare il ruolo del privato-parassita e scalfire le rendite di posizione del pubblico-feudale? Niente affatto. Anzi, rafforza entrambi. Da un lato, garantisce alle aziende la condizione migliore per continuare a succhiare indisturbate senza investimento e senza rischio. L’articolo 2, che disegna “organi e articolazione delle università”, attribuisce maggior peso decisionale al consiglio di amministrazione, che deve essere composto da “personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello”, con una “non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell’incarico” (lettera g). Insomma, il piccolo o medio imprenditore del Nord-est, iperspecializzato nella produzione di un pezzo ultraspecifico nella filiera globale dell’occhiale o dello scarpone da montagna, che sfrutta ad alta intensità forza lavoro a bassa scolarizzazione o pagata come tale anche quando non lo è (i migranti), non verserà certo soldi nelle esangui casse degli atenei. In compenso, potrebbe però condizionarne la politica e le scelte: se nel brevissimo periodo servono tecnici specializzati in un campo di cui si fa fatica perfino a pronunciare il nome, perché non aprire un corso di laurea a veloce obsolescenza finché il mercato non sarà saturo e tagliare inutili e costosi dipartimenti, che non servono nemmeno a sfornare un operaio specializzato?

I baroni, dal canto loro, possono rallegrarsi delle “norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento”. L’istituzione dell’“abilitazione scientifica nazionale” per i docenti di prima e seconda fascia, di durata quadriennale, è decisa da una commissione nazionale formata mediante sorteggio tra professori ordinari. Ciò che viene fatta passare per una norma che scavalca le lobby accademiche locali, non solo lascia l’“abilitazione” nelle mani delle cricche degli ordinari a livello nazionale, ma poche pagine più avanti (articolo 9, comma 2, lettera c) fa rientrare dalla finestra ciò che era apparentemente uscito dalla porta. La decisione finale, infatti, spetta alle commissioni locali composte da ordinari e, nel caso dei ricercatori, da alcuni associati. Il posto da ricercatore, poi, come già stabilito dalla legge Moratti nel 2005 è posto in esaurimento, quindi sostituito da contratti di soli tre anni rinnovabili – previa valutazione – un’unica volta, aumentando così la ricattabilità dei ricercatori stessi nel vincolo individuale con il docente di potere. Inutile dire che la frase “senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica” ricorre, in questi articoli come in tutto il testo, in modo ossessivo come premessa e sostanza. Non solo: se non ci sono adeguate risorse, professori e ricercatori possono essere “collocati a riposo”. Amen.

In questo quadro di governance di un’università abbandonata alla sua inerziale rovina, gli studenti devono essere resi complici della nave che affonda: i loro “rappresentanti” vengono quindi “integrati” come stakeholder (del fallimento), ovviamente subalterni e privi di potere decisionale. Non solo: di fronte alla “razionalizzazione” dei fondi (forma elegantemente manageriale per definire la mannaia che, brandita dai consigli di amministrazione, si abbatte sulle risorse residue del sistema formativo), gli studenti devono dimostrarsi “meritevoli”. Ciò garantisce l’accesso ai prestiti d’onore, nome curioso con cui si etichetta quel sistema del debito che, fallito negli Stati Uniti, è alla radice della crisi contemporanea. Ma è il Ministero (quello dell’economia e delle finanze, prima ancora di quello dell’istruzione, dell’università e della ricerca), attraverso il “Fondo speciale per il merito finalizzato a sviluppare l’eccellenza e il merito dei migliori studenti, individuati tramite prove nazionali standard”, a disciplinare i ferrei criteri per avere accesso al prestito. Insomma, ci sono molte più possibilità con “Win for Life”! Vorremmo a questo punto poterci dedicare a dimostrare come il lessico della meritocrazia sia la mistificante retorica che rovescia la realtà del declassamento e della precarietà nelle illusioni giustizialiste di un mitologico mercato non corrotto e di una competizione moralmente pulita. Purtroppo dobbiamo partire da molto più indietro, dicendo che la meritocrazia (come le riforme) non si fa a costo zero: il caso americano e i miliardi di dollari pubblici e privati investiti nelle università sono un noto esempio. In altri termini, in Italia va innanzitutto evidenziato che la meritocrazia, prima ancora di tutto il resto che si può dire su di essa, funziona al contrario, ovvero è ciò che giustifica i tagli – pardon, la razionalizzazione. Anziché essere un (peraltro discutibile) premio per pochi, significa peggioramento delle condizioni di vita e dequalificazione del sapere per tutti. Al limite, stabilisce una gerarchia per vedere a chi andrà molto male e a chi meno.

Prendiamo i cosiddetti percorsi di “eccellenza”. Negli Stati Uniti sono delle classi riservate alle élite in cui gli studenti vengono a contatto con lo star system dell’università globale. In Italia si rinomina il vecchio corso di laurea come percorso di eccellenza, recintandone l’accesso, e si abbassa ulteriormente la già scarsa qualità dei restanti piani di studio, che sono resi ancor più rigidi e insulsi. Nella facoltà di lettere della Sapienza – per citare il pachidermico caso di un ateneo all’affannosa rincorsa di furbesche soluzioni che consentano di scalare qualche posizione nella gerarchia rovesciata della cosiddetta “qualità” ed “efficienza”, cioè a ridurre un poco i pesanti tagli subiti nella scorsa estate – si è trovata la formula del debito in accesso, di cui gravare gli studenti (la maggior parte) che non abbiano sostenuto prove soddisfacenti nei test di ingresso.

La “meritocrazia” è così utilizzata per scaricare sugli studenti la mancanza di qualità dei docenti, ovvero per preservare le posizioni di rendita dei baroni. Solo che si pone ora la questione: come si ripiana il debito?

Con corsi aggiuntivi, che peserebbero sulle già dissestate casse dell’ateneo? O esigendo un numero maggiore di crediti di quello previsto, allungando così i tempi della laurea triennale, procurando costi aggiuntivi e mandando ulteriormente in fumo il già svanito obiettivo della riforma del 3+2, cioè l’eliminazione del “fuoricorsismo”?

Nessuno sa rispondere. Nel frattempo, però, lo studente – con o senza “merito” – deve essere formato ad essere precario indebitato. E la crisi dell’università, così dice il coro unanime da via Solferino a viale Trastevere, passando per senati accademici e consigli di amministrazione, la paghino gli studenti attraverso l’aumento delle tasse!

Per mobilitarsi contro un progetto di questo tipo, non si possono certo scavare le trincee attorno alla difesa di ciò che non è difendibile, cioè quel pubblico che si è combinato con il privato nello smantellare il sistema formativo. Bisogna attaccare. Innanzitutto riappropriandosi di reddito e di un nuovo welfare non solo rispetto alle amministrazioni locali e statali, ma anche ai nuovi attori che gestiscono la segmentazione della ricchezza sociale. È necessario occupare le banche, le finanziarie e le istituzioni che fanno i “prestiti d’onore”, non per bloccare l’emissione del credito, ma per non ripianare il debito. Diritto alla bancarotta per i precari, ecco la parola d’ordine. Riappropriarsi delle risorse oggi congelate nel rapporto pubblico-privato, significa impostare correttamente la questione della valutazione: non come gerarchizzazione competitiva della forza lavoro, recinzione della conoscenza e giustificazione del declassamento (leggi meritocrazia), ma in quanto processo di produzione di un sapere di qualità e decisione completamente all’interno della cooperazione sociale. Un sapere di eccellenza in quanto comune. Tale questione già vive dentro i percorsi di autoformazione e autoriforma: ora deve diventare istituzione, riappropriarsi dei dipartimenti, rivendicare quell’’“autovalutazione” che (come detto chiaramente nell’articolo 5) si vorrebbe prerogativa solo dei baroni. Qui la posta in gioco è una nuova organizzazione dei saperi, dopo l’ormai consumata crisi delle discipline moderne: compito troppo importante per lasciarlo nelle mani dei funzionari pubblici e privati.

Allora, distinguendoci irreversibilmente dalle resistenza conservatrici che difendono gli ultimi brandelli della “torre d’avorio” per mantenere la vigenza dei rapporti feudali, diciamo che la Gelmini si è dimostrata pavida e pusillanime, incapace di attaccare interessi parassitari e rendite di posizione. Contro i riformisti metafisici, diciamo che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia: annunciano di voler cambiare tutto per non mutare nulla. Coprono l’assenza di idee sull’università con un vacuo linguaggio manageriale, efficientista e razionalizzante, à la Giavazzi, e/o con le retoriche della lotta ai corrotti per salvare un sistema che produce esso stesso corruzione, à la Perotti. Da questo doppio movimento critico e radicale, si situa l’alterità di una resistenza che è immediata trasformazione, di una autoriforma che ha respiro strategico perché si incarna nell’onda del sapere vivo. Insomma, noi che la combattiamo, sappiamo che l’aziendalizzazione è una cosa seria. In attesa di trovare un nemico all’altezza, diciamo con chiarezza che questa “riforma” dell’università si chiama, banalmente, truffa.

venerdì 30 ottobre 2009

Gelmini a Palermo? L'Onda occupa uno stabile!


[www.infoaut.org] Un centinaio di studenti universitari del movimento 'Onda Anomala' ha occupato uno stabile abbandonato di proprieta' dell'universita' di Palermo, in via Archirafi, di fronte le Facolta' Scientifiche. Gli studenti, che hanno ribattezzato l'occupazione con il nome 'Anomalia', fanno sapere che l'immobile servira' da base alle contestazioni contro la visita del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, che interverra' il prossimo 5 novembre a un convegno sulla cooperazione nel Mediterraneo, insieme al rettore Roberto Lagalla e ad altri ministri, presso il rettorato di Palazzo Steri. Gli studenti protestano contro il ddl sull'universita' approvato dal governo in questi giorni e che, a loro giudizio, "sara' un ulteriore tappa del processo di smantellamento dell'universita' pubblica, ma anche contro l'aumento delle tasse universitarie e il caro-affitti". Gli studenti hanno appeso degli striscioni fuori dalla Struttura con su scritto: "Gelmini: Palermo non ti vuole" e "Contro i tagli e lo smantellamento dell'universita' pubblica". Gli studenti annunciano inoltre una grande manifestazione contro la visita a Palermo del ministro Gelmini che partira' giovedi' alle 9 da piazza Verdi e terminera' al rettorato.

Il bluff della riforma Gelmini

Offensiva mediatica del mainstream per magnificare una riforma dell'Università che è un bluff, una truffa! Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore guidano la crociata...

La nuova governance porta altra aziendalizzazione e sfruttamento, la propaganda anti-baronale compre il rafforzamento del vecchio e marcio sistema, la retorica meritocratica regala ulteriore peggioramento delle precarie condizioni di studio-lavoro-vita!

Segue una selezione di articoli usciti sulla stampa negli ultimi giorni, a dimostrazione dell'interessato coro di unanime soddisfazione che ha accompagnato la presentazione del ddl. A noi il compito di decostruire e capovolgere la propaganda e la retorica innervata... riprendendo le agitazioni nelle facoltà, costruendo un'altra università.

giovedì 29 ottobre 2009

Il secondo troncone della riforma Gelmini sull'Università


(clicca sull'immagine per leggere e scaricare la riforma Gelmini sull'Università)

mercoledì 28 ottobre 2009

Tagli e privatizzazioni, meritocrazia e precarietà: ecco la riforma della Gelmini per l'università!


Stamattina il consiglio dei ministri ha dato il via libera per la discussione in Parlamento del ddl Gelmini per la riforma dell’Università, a cui gli atenei dovranno adeguarsi entro 6 mesi, modificando i propri statuti.

Con l’ormai nota logica della meritocrazia e con un fantomatico e non meglio definito “codice etico” di cui tutti gli atenei dovrebbero dotarsi, questa nuova (?) riforma altro non fa se non mascherare tagli e privatizzazioni e mantenere la situazione precaria dei lavoratori e degli studenti dell’Università.

La figura del ricercatore passa a tempo determinato, con contratti per un massimo di 6 anni (con la formula del 3+3), al termine dei quali potranno, se ritenuti meritevoli, diventare professori associati.

Il senato accademico passa da 50 a 35 membri, perdendo gran parte del suo potere, che viene invece attribuito al consiglio di amministrazione. Il senato accademico potrà proporre le linee scientifiche, ma sarà il Cda, che sarà composto al 40% da privati (e anche il presidente potrà essere un esterno all’ateneo), a decidere le spese da affrontare, seguendo esclusivamente logiche di mercato. Accanto al Cda verrà inoltre introdotta la figura del direttore generale (non più direttore amministrativo), vero e proprio manager del sapere.

Sempre nell’ottica di razionare le spese, le Università, diventate ormai a tutti gli effetti fondazioni private, dovranno attuare accorpamenti delle sedi distaccate ed interi corsi di laurea verranno cancellati: ogni ateneo potrà infatti avere un massimo di 12 facoltà, cosa che vedrà anche un aumento esponenziale dei test di ingresso. Seguendo l’ideologia del merito verrà istituito un “fondo per il merito degli studenti migliori”, che paradossalmente sarà in gestione non al Ministero dell’Istruzione ma bensì a quello dell’Economia. La gestione delle prove nazionali standard, sarà affidata alla Consap spa, un’azienda assicurativa che nulla ha a che spartire con il mondo universitario ma che ancora una volta valuterà gli studenti secondo criteri di merito non meglio specificati.

In questo quadro desolante, gli unici a non essere penalizzati saranno nuovamente i baroni che, anzi, avranno la possibilità di prendere 5 anni di aspettativa per lavorare nel privato, mantenendo il proprio posto di lavoro all’Università. Noi, studenti e studentesse universitari, non abbiamo intenzione di assistere passivamente a questo ennesimo attacco al mondo della formazione, ma continueremo a mobilitarci affinché il ddl sulla riforma dell’Università non venga definitivamente approvato! I provvedimenti del governo e l’atteggiamento subdolo della governance accademica, che si nasconde dietro l’immagine di un’Università del merito non riusciranno ad abbindolarci e a zittire il nostro dissenso!

Collettivo Universitario Autonomo
cuatorino.blogspot.com

Via libera dal governo alla riforma dell'Università


[www.repubblica.it] Bisognerà rivedere statuti, snellire cda e senato accademici, ridurre facoltà, inserire esterni nei nuclei valutazione. Il ricercatore diventerà a tempo determinato, cambierà la modalità di elezione dei rettori arrivano il fondo per il merito degli studenti più bravi e anche i codici etici anti-parentopoli

di SALVO INTRAVAIA

ROMA
- Riforma dell'università in quattro mosse: governance, valutazione della qualità, reclutamento e diritto allo studio. Il governo vara il provvedimento che dovrebbe rilanciare il sistema universitario nazionale, premiare il merito e razionalizzare le risorse. La palla passa ora al Parlamento che dovrà dire la sua e trasformare in legge i 15 articoli contenuti nella proposta. Il ministro, Mariastella Gelmini, e il collega dell'Economia, Giulio Tremonti, non nascondono la soddisfazione per la "coraggiosa" riforma. Mentre gli studenti dell'Unione degli universitari contestano le novità e invitano l'esecutivo a "eliminare i tagli al Fondo di finanziamento ordinario e a finanziare borse di studio, edilizia universitaria e progetti per la cittadinanza studentesca".

"La riforma dell'Università presentata oggi dalla Gelmini è estremamente allarmante: la nostra idea di Università è profondamente diversa da quella del Governo Berlusconi", dichiara Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell'Unione, che pronuncia tre secchi No. "No alla delega sul diritto allo studio, No ai Rettori nominati, No agli interessi dei privati nelle università: l'università ha bisogno di più finanziamenti, valutazione e controllo della qualità della didattica, maggiore trasparenza e democrazia. No a riforme - continua Paterna - che salvaguardano gli interessi di pochi".

E si chiede: "Come si può pensare di riformare l'università pubblica con questo indirizzo privatizzante? Se Gasparri ha delle perplessità sulla governance, noi siamo annichiliti dal livello a cui si spinge questa riforma". Secondo gli studenti "il provvedimento è stato presentato oggi senza una reale discussione anche con gli studenti sulla governance, il cui futuro è nelle mani di esterni privati, e sul diritto allo studio, che vedrà l'entrata di test a crocette per avere la borsa di studio e l'indebitamento dei prestiti d'onore". Ma di che si tratta?

Quello che nei prossimi anni si abbatterà sugli atenei italiani assomiglia tanto a uno tsunami. Facoltà ridotte all'osso, abilitazione nazionale per professori e ricercatori e codice etico contro le parentopoli costituiscono il piatto forte della riforma. Ma non solo: la presenza di soggetti esterni (anche privati) negli organismi chiave degli atenei dovrebbe garantire gestioni economiche più oculate e valutazioni più obiettive. Mentre il numero dei ricercatori, reclutati con modalità nuove, crescerà rispetto al totale dei prof. Nell'università modello Gelmini il vero deus ex machina sarà il rettore, che guiderà sia il Senato accademico sia il Consiglio di amministrazione. E gli studenti daranno i voti ai prof.

Per razionalizzare la spesa "gli atenei potranno fondersi tra loro o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e costi inutili". Mentre "i bilanci dovranno rispondere a criteri maggiori di trasparenza". I finanziamenti saranno erogati in base alla qualità della didattica e della ricerca. E per gli atenei "in dissesto finanziario" scatta il commissariamento. Per evitare le parentopoli "ci sarà un codice etico sulle incompatibilità e i conflitti di interessi legati a parentele". Il rettore potrà stare in carica, al massimo, otto anni e i due organismi di gestione della vita universitaria (il Senato accademico e il Consiglio di amministrazione) saranno più snelli (meno componenti che in passato) e avranno funzioni distinte: il primo gestirà la didattica, il secondo la spesa. E sarà proprio il Consiglio di amministrazione che avrà quattro membri su dieci esterni. Ogni ateneo dovrà inoltre dotarsi di un Nucleo di valutazione a maggioranza esterna.

La ministra mette anche le mani sui concorsi e sulla qualità dell'insegnamento. Con uno o più decreti legislativi verrà istituita l'Abilitazione scientifica nazionale per docenti e ricercatori, requisito preferenziale per l'insegnamento. Il titolo sarà assegnato da una apposita commissione con autorevoli componenti italiani e stranieri, attraverso la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche.

Gli atenei potranno reclutare in tre modi i loro docenti e ricercatori: attraverso una "valutazione comparativa", alla quale non potranno comunque partecipare i docenti (di prima e seconda fascia) dell'ateneo che bandisce la selezione, per chiamata diretta per "chiara fama" o per "chiamata diretta" sic et simpliciter. Un terzo dei posti disponibili verrà coperto da personale interno all'università che bandisce il concorso. La restante parte sarà appannaggio di insegnanti e ricercatori esterni all'ateneo in questione. Il nuovo reclutamento tiene conto dell'esigenza "di favorire la mobilità nazionale e internazionale, oggi quasi azzerata". Per garantire la "qualità del sistema universitario" i prof dovranno garantire un impegno di almeno 1.500 ore annue, di cui 350 dedicate alla didattica.

Verrà inoltre agevolato l'accesso alla carriera accademica dei giovani studiosi. Ecco in che modo. Gli assegni di ricerca saranno rivisti "introdurre maggiori tutele con aumento degli importi e l'abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti". E sarà espressamente vietata la figura del docente a titolo gratuito, "se non per figure professionali di alto livello". Se dopo sei anni (tre+tre) di contratti a tempo determinato il giovane ricercatore "sarà ritenuto valido dall'ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come professore associato". Dovrebbe, così, terminare l'odissea dei ricercatori a vita con un forte incremento dello stipendio, che da 1.300 euro mensili passerà a 2.100 euro.

martedì 27 ottobre 2009

"Ci siamo (in parte) ripresi gli appelli!"


La mobilitazione studentesca ha ottenuto, almeno in parte, i suoi risultati. Oggi il consiglio di facoltà di Lettere e Filosofia ha deciso di permettere agli studenti e alle studentesse che devono laurearsi di sostenere gli esami fino a metà febbraio, inoltre è stata ripristinata una finestra esami per tutt* anche ad aprile.

La facoltà aveva deciso di abolire completamente gli appelli di novembre e aprile. Non siamo rimasti fermi di fronte a questo disastro per le nostre vite di studenti-precari, non accettando questa sforbiciata. Oltre alla raccolta firme organizzata dai rappresentanti (2mila adesioni raccolte), il 16 ottobre si è occupata la presidenza di Lettere, dove si è espressa direttamente e in modo determinato, la contrarietà studentesca a questo provvedimento. Azione che ha contato non poco nella discussione del consiglio di facoltà di oggi, infatti molti professori lo hanno riportato come esempio dell'estremo malcontento studentesco. La mobilitazione contro l'abolizione ha dimostrato, ancora una volta, che mentre la passività o la delega acritica favoriscono gli attacchi alla condizione di vita degli studenti, agire in prima persona permette di ottenere dei risultati concreti per tutt*. Come sempre: solo la lotta paga.

Collettivo Universitario Autonomo
cuatorino.blogspot.com

lunedì 26 ottobre 2009

Fascisti, razzisti e polizia: è questa la vostra democrazia?


Questa mattina al Politecnico di Torino una trentina di militanti del Fuan e del Movimento Universitario Padano hanno occupato il cortile centrale per distribuire volantini e questionari. Ad accompagnare questi giovani, dei quali ben pochi iscritti al Politecnico, vi erano diversi pezzi grossi del centro destra come Cota, Carossa, Ghiglia e Maccanti. A scortare l'invasione, un imponente dispiegamento di polizia e carabinieri, 60 agenti della DIGOS e 15 camionette con uomini in tenuta antisommossa. A capo dell'operazione il vicequestore Spartaco Mortola (regista dei pestaggi nella scuola Diaz al G8 di Genova) e Giuseppe Petronzi (capo della Digos con master al FBI di Washington). Chi sono Mup e Fuan?

Il Mup (Movimento Universitario Padano) è una lista elettorale universitaria legata alla Lega Nord. Il loro punto forte è la campagna contro l'EDISU, colpevole dell'assegnazione di borse di studio e dei posti nei collegi universitari agli studenti meridionali. Secondo loro andrebbero privilegiati gli studenti "padani" piuttosto che i "non padani". Nel momento in cui il diritto allo studio è sempre più un miraggio grazie alle politiche del governo, sostenuto anche dalla Lega Nord, queste persone rispolverano, un odio contro i "terroni", vecchio di almeno 15 anni.

Il Fuan (Fronte Universitario di Azione Nazionale) è una lista elettorale universitaria legata al Pdl ed in particolare ad An. Il loro punto forte è la campagna contro le fantomatiche aule occupate dai ragazzi dei centri sociali non iscritti all'università, le loro rivendicazioni si limitano alla richiesta di più parcheggi per gli studenti e meno ore "buche". Come i loro amici leghisti, anche i fascisti del Fuan sostengono le politiche del governo e per rifarsi la faccia di fronte agli studenti si occupano di questioni inesistenti o di poco conto.

Già la scorsa settimana i giovani padani, annunciando la loro presenza alla facoltà di Scienze Politiche e in Piazza Castello, avevano potuto sentire la forte contestazione di chi è fermamente convinto che la loro propaganda debba essere fermata.

La giornata di oggi dimostra ancora una volta che questi gruppi hanno paura di essere contestati e per questo possono portare avanti la loro propaganda soltanto con messe in scena degne di un regime dittatoriale: università assediate dalla polizia, agenti in borghese ovunque, studenti pedinati e giornalisti alla ricerca dello scoop. Nessuno ne sapeva nulla, ma questa mattina, La Repubblica preannunciava una "mattinata di alta tensione al Politecnico".

Siamo sicuri che giornali e televisioni faranno passare questa pagliacciata come un grande successo per Cota e i suoi giovani seguaci fascisti, razzisti e leghisti. In realtà non c'era nessuno ad ascoltarli, se non tutta la polizia chiamata per difenderli.

Soltanto uno stato di polizia può salvarli dalle contestazioni, perché al Politecnico come in tutta Torino i soli estranei sono loro.

Col.Po - Collettivo Politecnico

Rivogliamo gli appelli!


Contro l'eliminazione degli appelli di novembre e aprile
nella facoltà di Lettere e Filosofia.

Presidio: "rivogliamo gli appelli!"
ore 13 - Palazzo Venturi
ore 14 - consiglio di facoltà di Lettere e Filosofia

Sono sparite le sessioni d'esame di novembre e di aprile!!! Non è l'incubo di un'agitata notte da studente, ma è ormai la realtà e la notizia si è diffusa in tutta l'università. Queste sessioni intermedie sono state sempre fondamentali per noi tutt*. Infatti, ci permettevano di suddividere il numero spropositato di esami da dare in un anno (anche 12!) in più sessioni. In questo modo ci troveremo invece a dare tantissimi esami in una sola sessione, sperando che le date di due esami non coincidano (come già troppo spesso avviene!). Nessuno ha pensato che queste sessioni sono quelle che permettono a molti di noi di riuscire a stare in regola (o quasi) con gli esami? Pensiamo a tutti quegli studenti che essendo del Nuovo Ordinamento -cioè tutti gli immatricolati prima del 2009- fino a gennaio seguono numerosi corsi. Pensiamo ai beneficiari delle borse di studio, che rischiano di vedersi togliere la borsa per 5 crediti in meno sostenuti in un Anno Accademico! E pensiamo anche agli studenti lavoratori, che hanno la necessità di una più vasta scelta di sessioni per dare gli esami e poter organizzarsi meglio la vita. Tutti gli studenti, senza eccezioni, devono avere la possibilità di gestirsi al meglio il proprio percorso di studi e quindi anche decidere quando sostenere gli esami!

Importante è in ogni caso non perdere mai di vista il quadro generale. Le riforme degli ultimi anni hanno portato allo smantellamento dell'università pubblica, la qualità della didattica è in caduta libera, interi corsi di dottorato non sono stati attivati, ai ricercatori precari sono stati proposti interi corsi a 0 € (!!!) e gli ingenti tagli hanno ridotto i servizi e giustificato un aumento delle tasse per gli studenti. E toglierci DUE sessioni di appelli è solo un altro tassello (meno sessioni = meno esami in un anno = più anni da passare all'università = più tasse da pagare!!!) il cui obiettivo, ancora una volta, è quello scaricare tutti i disagi sulle nostre teste! Infatti è stata una decisione arbitraria del Consiglio di Facoltà, non giustificata da necessità di alcun tipo se non quella di togliere una seccatura ai docenti. Noi non possiamo accettarlo!

Oggi, alle ore 14 nella sala lauree del Palazzetto Lionello Venturi, il Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia discuterà se re-introdurre per quest'anno una sessione straordinaria a novembre solo per chi si deve laureare a gennaio. Questo è solo un misero contentino per evitare che tutti gli studenti della facoltà siano incazzati! Ma non è questa la soluzione di cui abbiamo bisogno, noi vogliamo le sessioni per tutt* e non solo per quest'anno!

Per questo invitiamo tutti e tutte a presidiare davanti al Palazzetto Liolello Venturi (via Verdi 25) dalle ore 13!

Collettivo Universitario Autonomo
cuatorino.blogspot.com

venerdì 23 ottobre 2009

Il 23 ottobre l'Onda sciopera!


Il report su InfoAut.org

In occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati di base, gli studenti e le studentesse dell'Onda torinese tornano in piazza.

Nell'"università del merito", non basta il sacrificio,
bisogna immolarsi!

Contro la filastrocca del merito e del sacrificio,
per un'università di tutt* e altra!

venerdi 23 ottobre 2009 - ore 10
presidio sotto la sede della Rai (via Verdi)

La crisi continua a colpire. Nonostante i tentativi del governo di minimizzarne la sua portata, proponendo false soluzioni, nella nostra vita quotidiana gli effetti si fanno sentire, eccome!

Noi studenti e studentesse sentiamo il peso della crisi che ci vorrebbero far pagare, innanzitutto attraverso l’aggravarsi della condizione di precarietà nella quale viviamo. L’aumento dei prezzi di affitti e trasporti, la sempre più limitata accessibilità della cultura, la necessità di aggiungere al carico dello studio il peso di lavori saltuari e malpagati, sono solo alcuni dei problemi che ci troviamo ad affrontare ogni giorno.

Nell’università la crisi si traduce nei tagli della riforma Gelmini-Tremonti, agiti seguendo il principio di una redistribuzione dei fondi rovesciata: prima sono stati operati i tagli e poi sulla base di questi sono stati elaborati presunti criteri di merito per ridistribuire gli spiccioli rimanenti a quegli atenei che si son dimostrati più supini alla logica dell' aziendalizzazione.

Studiare in un ateneo virtuoso, come è ritenuta la nostra università, per noi studenti e le studentesse significa, già da ora, perdita dei servizi necessari per il nostro percorso di studio (aule, biblioteche, alloggi, mense) e dequalificazione dell'offerta formativa data dai ritmi pressanti di “produzione” di esami a cui si è sottoposti.

Non solo, nell'università del merito le tasse aumentano, i corsi meno “gettonati” vengono eliminati, le borse dei dottorati diminuiscono drasticamente e i ricercatori sostengono attività didattica a titolo gratuito.

Gli orari delle biblioteche sono stati ridotti creando un servizio insufficiente. I tagli sull'università colpiscono quindi sia il versante studentesco sia quello dei lavoratori (in particolare precari ed esternalizzati). Infatti molti lavoratori bibliocoperativisti, considerati costi da abbattere, perderanno il posto di lavoro.

Inoltre dobbiamo considerare che moltissimi studenti sono obbligati a lavorare nelle forme piu' disparate. Diventa chiaro quale condizione accomuni studenti e bibliocooperativisti (ma non solo!): la precarietà!

Per questo oggi siamo in particolare a fianco dei lavoratori bibliocooperativisti dell'università e di tutti i precari!

Siamo tutti meritevoli, noi la crisi non la paghiamo!

Onda Anomala Torino

giovedì 22 ottobre 2009

L'Onda caccia la Lega Nord da Palazzina Einaudi!


[www.infoaut.org] Altra boutade respinta da parte dell'Onda nei locali delle università torinesi. Se la scorsa settimana la figuraccia è toccata ai fascisti di CasaPound al Politecnico, quest'oggi è stato il turno dei razzisti dei Giovani Padani alla Palazzina Einaudi, nel piazzale adiacente l'entrata in università.

Nella sede delle facoltà di giurispudenza e di scienze politiche l'organizzazione giovanile, il suo sedicente ramo universitario, della Lega Nord ha tentato una goffa sortita motivata dalla volontà di sottoporre agli studenti un fantomatico test sull'università... Un altro corpo estraneo (dopo i fastisti del Fuan e di CasaPound) in cerca di un posto al sole, un'altra provocazione da respingere. E così l'Onda ha fatto, contrapponendo al banchetto di 5 avventurieri leghisti un improvvisato ma efficace presidio antirazzista che ha raccolto circa un centinaio di studenti e studentesse.

Non è bastata l'autorizzazione del rettore Pelizzetti, sempre avvezzo a riproporre il suo discorso democraticista anche dinnanzi gruppuscoli fascisti e razzisti. Non è bastata la digos e la celere schierata dietro l'angolo. L'Onda ha respinto la Lega Nord, accerchiandola e sbeffeggiandola, costringendola alla ritirata. Una bandiera con il vessillo della Lega è stata "requisita", fialette puzzolenti hanno invaso il misero banchetto, gli slogan antirazzisti e il deciso invito di prender la via dell'uscita han fatto il resto. La Lega Nord è stata cacciata da Palazzina Einaudi, sotto la vigile scorta dei reparti della celere. L'Onda ha ribadito che l'università di Torino è antifascista ed antirazzista.

mercoledì 21 ottobre 2009

L'Onda del Politecnico blocca il Senato Accademico!


[www.infoaut.org] I quotidiani locali la descrivevano come una seduta già avvenuta. Una "pura formalità" la definiva La Stampa nella sezione di Torino, liquidando così le istanze degli studenti e delle studentesse del Politecnico di Torino e delle sedi decentrate di Mondovì, Alessandria, Vercelli, Verres e Biella come irrisorie e  puerili.

Oggi si dovranno ricredere, giornalisti ed autorità accademiche (Rettore profumo in primis) poiché l'Onda del Politecnico ha invece dimostrato quanto è disposta a mettersi in gioco e pesare sul piatto delle decisioni.
Nodo del contendere, la nuova Riforma del Politecnico, che gli student* vivono come puro adeguamento alle direttive della Gelmini. Si contesta in particolare l'aumento degli sbarramenti e di filtri selettivi meritocratici e la chiusura delle sedi decentrate (o mantenimento con sostituzione di lezioni pre-registarte al posto dei prof).

Così oggi, intorno alle h 9.00, in più di 200 hanno occupato la sala del Senato accademico, impedendone il normale svolgimento. Al momento (h 12) l'occupazione/sospensione del Senato Accademico è ancora in corso. Gli student* sono intenzionati a non mollare e dimostrare, come già avvenuto la scorsa settimana, che "Quando si tratta del nostro futuro vogliamo essere noi a decidere!"

venerdì 16 ottobre 2009

Rivogliamo gli appelli! Occupata la presidenza di Lettere


Al termine dello straripante corteo torinese degli studenti medi (10mila in piazza!), l'Onda universitaria, che ha partecipato alla manifestazione contro riforma Gelmini e crisi, è entrata dentro Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, andando ad occupare la presidenza e la sala lauree di Lettere contro il taglio degli appelli delle sessioni esame di novembre e aprile.

Segue il volantino distribuito durante l'occupazione che è andata a concludere il primo corteo studentesco a Torino.

L’ONDA RIVUOLE GLI APPELLI!
La presidenza di Lettere è occupata, unisciti a noi!


La facoltà di Lettere e filosofia ha tolto le sessioni straordinarie di novembre e aprile, diminuendo così il numero degli appelli durante i quali possiamo sostenere gli esami. Le ragioni sono ignote, anche dal momento che, al di là del lavoro di segreteria, gli appelli non costituiscono voci di spesa, dal momento che i docenti non ricevono un compenso apposito.

Quel che è certo è che annullare le sessioni straordinarie significa impedire a tutti noi un’adeguata organizzazione dei nostri studi, con conseguenze ancora più gravi per chi lavora. Sostenere esami in blocchi da 25 o 30 crediti non è proprio la cosa migliore per chi concepisce lo studio come un’attività volta all’approfondimento, utile non solo per incamerare una serie indefinita di nozioni in vista dell’esame che, nella fretta degli attuali ritmi didattici, non permette neanche una vera elaborazione critica.

Già conosciamo il ritornello: non ci sono soldi, la Gelmini ha tagliato i fondi. Ma nel caso degli appelli non è chiaro dove sia il risparmio, al di là del fatto che tutto ciò è più comodo per i docenti (che, pur in tempi così magri, hanno avuto un aumento di stipendio per decreto). Ma migliaia di persone rischiano di allungare il proprio percorso di studi, in un ateneo dove le tasse sono ulteriormente aumentate e noi studenti siamo sovraccaricati di lavoro in sole tre sessioni annue.

Erano anni che non si vedeva una simile arroganza da parte del consiglio di facoltà, evidentemente ormai sicuro che noi studenti accetteremo qualsiasi cosa senza colpo ferire. Ma non è così. Oggi occupiamo la presidenza per chiedere la reintroduzione degli appelli a novembre e aprile. Se si vuole ostacolare la logica dei tagli, la risposta deve essere di resistenza al governo anche da parte dei docenti, e di rinuncia agli sprechi e ai privilegi che, Gelmini o no, all’università esistono.

OCCUPA CON NOI LA PRESIDENZA DI LETTERE!
SONO IN GIOCO I NOSTRI INTERESSI!

Collettivo Universitario Autonomo
cuatorino.blogspot.org

Il 16 ottobre l'università torna in piazza!


Volevi seguire un corso ma ti è sparito da sotto il naso e ti ha fatto saltare il piano di studi? Hai fatto la certificazione per la “riduzione” delle tasse e ti sei trovato nella nuova settima fascia da 1900 euro? Avevi già programmato gli appelli di novembre ma adesso che li hanno tolti devi dare il doppio degli esami nella metà del tempo? Volevi abitare vicino all'università ma l'unico annuncio che hai trovato è per un monolocale da 400 euro al mese? E sei ora costretto, per avere qualche spicciolo, a distribuire volantini per 4 euro all'ora? Benvenuto nel mondo dell'università e della precarietà...!

La legge 133 ha tagliato drasticamente i fondi destinati agli atenei pubblici e adesso gli effetti iniziano a farsi sentire! Ma il peggio deve ancora venire: la riforma che sarà presentata nelle prossime settimane dal governo Berlusconi spingerà ancora più avanti il processo di privatizzazione dell'università!

Il Consiglio di Amministrazione, che sarà sempre più potente, potrà essere composto per sua buona parte da rappresentanti del mondo delle imprese. Spariranno le facoltà, che verranno accorpate in scuole, scopiazzando il modello americano. Una commissione di docenti ordinari gestirà il concorso per l’abilitazione scientifica nazionale, quindi il potere rimarrà di fatto nella mani dei baroni.

Il tutto infarcito con la retorica della meritocrazia, dove chi viene proclamato meritevole (da chi? in base a quali criteri?) potrà usufruire di quei servizi che saranno quindi negati a tutti gli altri studenti. Ma l'accesso alla casa, alla cultura e ai servizi indispensabili per la vita universitaria crediamo debbano essere diritti riconosciuti a tutti e non qualcosa da "meritare”! Dietro alla meritocrazia del ministro Gelmini si nasconde una realtà preoccupante: dequalificazione della didattica, disinvestimento nella ricerca, addestramento ad un regime di competizione individuale, per incanalare gli studenti e le studentesse, da subito, in un percorso di studi volto all'obbedienza e al sacrificio...

Tutto ciò si inserisce in un attacco generalizzato all'università, che noi riteniamo sia un bene comune per il quale battersi. Simili devastanti progetti stanno già prendendo forma in tutto il mondo della scuola (elementari, medie, superiori).

Per questo motivo partecipiamo al corteo del 16 ottobre insieme agli studenti delle scuole superiori: contro la devastazione del mondo della formazione, per un'università altra! contro la riforma Gelmini, per il libero accesso ai saperi!

Meritiamo di più!

Concentramento ore 9:30 in piazza Arbarello


Onda Anomala Torino

giovedì 15 ottobre 2009

Occupato il rettorato del Politecnico!


Oggi, 15 ottobre 2009, studenti e precari del politecnico hanno occupato il rettorato in occasione della seduta del senato accademico che si apprestava ad approvare la nuova proposta di riforma, che oltre a modificare radicalmente l'offerta formativa per il prossimo anno accademico prevede numerosi licenziamenti e la chiusura di tutte le sedi distaccate.

L'occupazione del rettorato è durata diverse ore, impedendo che la seduta si svolgesse ai fini dell'approvazione della riforma.

Si sono così ottenute l'apertura del tavolo di trattative con i precari, richiesto da oltre un anno, e un'assemblea plenaria, con sospensione della didattica nonostante l'assurda contrarietà dell'amministrazione, dove verrà presentata e discussa con gli studenti la nuova offerta formativa, solo dopo questo il senato potrà votare e chiudere la seduta.

Infine una folta delegazione di studenti di Mondovì ha raggiunto il rettorato, per far sentire la prorpia voce contro la chiusura della loro sede, forti delle oltre 270 di studenti e docenti raccolte in giornata, e per annunciare l'occupazione ad oltranza del politecnico di Mondovì.

Forti dei risultati di oggi, ribadiamo l'importanza di partecipare a quest'assemblea per dimostrare tutta la nostra preoccupazione e contrarietà a queste politiche che mirano alla distruzione dell'università pubblica in tutti i suoi livelli.

Quando si tratta del nostro futuro vogliamo essere noi a decidere.

Col.Po - Collettivo Politecnico
www.colpo.org

Sgomberata l'Onda di Padova da Scienze Politiche!


Quando si tratta del nostro futuro vogliamo essere noi a decidere!


Il senato accademico si prepara ad approvare un piano di riorganizzazione dell’ateneo per l’a.a. 2010/2011. Una riorganizzazione in linea con le direttive ministeriali, che sembra più un amaro adeguamento economico piuttosto che una riforma voluta e pensata per migliorare la nostra università. Il 28 ottobre scorso il rettore Profumo lasciava queste dichiarazioni a “La Stampa”:

"Se il Governo non cambierà strada, convocando i rettori, ritirando tagli insostenibili e aprendo la via a una seria riforma dell'università, non potrò che dimettermi, insieme agli altri rettori italiani."

Ad un anno di distanza, non possiamo che prendere atto della coerenza del governo nel portare avanti un progetto politico che mira sempre più a una distruzione della scuola pubblica in tutti i suoi livelli (da quella elementare fino all'università), e contemporaneamente non possiamo che ridere (furiosamente) dell'incoerenza di chi prometteva battaglia a questi provvedimenti, parlando addirittura di dimissioni ai giornali, e che invece si è ricandidato alle elezioni di rettore l'anno scorso e adesso propone una riforma figlia di quella stessa legge tanto criticata.

Il nostro caro rettore vuole, evidentemente, a tutti i costi, rendersi complice di questo progetto politico, forse per smanie di grandezze e quindi per poter dire un giorno: "c'ero anche io, quando l'università pubblica moriva".

Questi sono i punti principali di una riforma molto radicale, della quale però non si parla (assomiglia ad un diktat!) e non si viene informati (ne siamo venuti a conoscenza da un articolo pubblicato su Repubblica!):

- chiusura dei corsi di laurea non economicamente sostenibili (cioè con un numero di iscritti inferiore a 150 per la triennale e 50 per la specialistica)
- possibilità di iscrizione all'anno successivo solo se raggiunto un numero minimo di crediti e l'introduzione di soglie per l'iscrizione alla specialistica.
- 1° anno comune per tutti i corsi di ingegneria con classi di 180 studenti, 2° anno diviso per aree disciplinari (Industriale, Ambientale/Civile/Edile, Informazione, Gestionale) e 3° anno diviso per corsi di laurea.
- conferma del corso di Disegno Industriale solo se ritenuto “sostenibile” da un apposita commissione
- accorpamento delle 2 facoltà di architettura.
- chiusura di tutte le sedi decentrate.
- riduzione del 10% del personale docente e tecnico-amministrativo.

A parte l'ultimo punto, dove la parola riduzione è sempre sintomo di peggioramento della qualità del servizio che si offre, molti sono gli interrogativi che sorgono spontanei e sui quali sarebbe opportuna una discussione aperta a tutti.

Ad esempio:

- l'inserimento di soglie di crediti per l'accesso agli anni successivi di insegnamento è una scelta che tiene conto di chi, per motivi economici, studia e contemporaneamente lavora per proseguire quegli studi? parchè deve essere l'università a dettare i tempi dell'apprendimento, sempre più serrati e frenetici, e sempre più lontani da quella "lentezza" capace di far riflettere sul mondo che ci circonda, su noi stessi e renderci più completi come individui?

- la chiusura delle sedi distaccate, uno dei temi tanto decantati anche dal governo come soluzione gli sprechi, è una scelta puramente economica o è una scelta che porta avanti l'idea di un polo culturale accentrato, per creare grandi spazi di aggregazione culturale? Se è veramente una scelta dettata da un idea e non dal bilancio (cosa improbabile di questi tempi), si è in grado di fornire alloggi e spazi didattici alle molte persone che si vedranno costrette a trasferirsi a Torino? Riuscirà l'edisu a farsi carico di tutte queste persone? Può il politecnico fornire aule adeguate, quando ci si ritrova già ora a fare lezioni in aule troppo piccole per il numero di studenti che seguono il corso?

- è giusto parlare di sostenibilità economica? è giusto che questa riforma universitaria, come quelle passate, sia una risposta a dei modelli economici imposti piuttosto che una risposta a un reale bisogno di miglioramento?....

Sembra evidente, quindi,che una riforma di tale portata, necessiti di una discussione molto lunga e approfondita e, soprattutto, debba coinvolgere la pluralità dei soggetti interessati.

Ci sembra assurdo che gli studenti non siano stati nemmeno informati su questa riforma così radicale e che, ancora una volta, questi discorsi rimangano chiusi tra le mura di un senato accademico sempre più indifferente alla voce degli studenti.

Una questione fondamentale da evidenziare, infatti, è la non partecipazione e l'unilateralità dei processi decisionali. La tanto decantata governance ovvero un processo governativo e decisionale che coinvolga più attori al fine di perseguire un unico e condiviso obiettivo di crescita, ovvero un processo che dovrebbe opporsi a decisioni dettate dall'alto lasciando spazio alla partecipazione, non è che una facciata, una maschera, che nasconde il volto reale di un modo di procedere e decidere unilaterale e dettato dall'alto. Chi di noi è stato dunque coinvolto in un processo di riforma della nostra università? O, ancora, chi di noi è stato almeno informato? Lo studente, l'attore fondamentale dell'università , la cui formazione rappresenta il motore di qualunque processo che la riguardi, è l'escluso per eccellenza.

Quando si tratta del nostro futuro vogliamo essere noi a decidere!

Presidio davanti al rettorato del politecnico
giovedi 15 ottobre 2009, dalle ore 12.30
cortile centrale, Corso Duca degli Abruzzi 24

Col.Po - Collettivo Politecnico
www.colpo.org

Contro lo smantellamento delle biblioteche! Assediamo il rettore!


I/le dipendenti delle cooperative Codesscultura e Copat, che gestiscono il servizio reference nelle biblioteche universitarie, hanno indetto un'assemblea in rettorato IL 15 OTTOBRE dalle ore 10 in poi.

Come tutti gli anni non sappiamo che cosa sarà del nostro lavoro, ancora una volta diversi di noi non sanno se a gennaio lavoreranno ancora, anzi ad una nostra collega di psicologia è già stato detto che con il 2010 non avrà più lavoro e stipendio. Che he sarà dei servizi? Alcuni potrebbero chiudere, altri veder ridotto il già striminzito orario di apertura al pubblico!

ECCO CHE I TAGLI DELLA GELMINI COMINICIANO A FARE EFFETTO
E COME SEMPRE SONO I MENO GARANTITI E I SERIVIZI
AGLI STUDENTI ED ALLA RICERCA A PAGARLI!!


Non possiamo più accettare di essere trattati come mere cifre da arrotondare, ogni ora e dipendente perso diventa una dispersione di professionalità (costruite all'interno ed a spese dell'università) e quindi di investimenti pubblici. Se si vuole ridurre il nostro costo allora si sappia che se fossimo assunti dall'Università e non affittati da cooperative il costo di ogni nostra ora lavorata si ridurebbe di 1/3.

L'anno passato le grandi mobilitazioni hanno salvato il sistema universitario dal tracollo finanaziario, ma il ministro gelmini e i suoi tirapiedi non hanno certo rinunciato ai progetti di distruzione dell'Università. Rettore ed amministrazione torinese continuano a non fare nulla per opporsi, trasformandosi prontamente nei liquidatori dell'Università.

Ora noi qualche diritto l'abbiamo ancora ed intendiamo esercitarlo protestando ed opponendoci come abbiamo sempre fatto con successo fino ad oggi contro chi ci vuole liquidare come inutili costi aggiuntivi: proprio un bel esercizio mentre l'amministrazione decide di assuemere 2 nuovi dirigenti con contratto dal costo di più di 100.000€ l'anno!

Intendiamo anche mandare un messaggio chiaro a chi lavoro qui, alcuni in condizioni molto peggiori delle nostre (penso ai prof a contratto per 100 o meno euro l'anno, i portieri la cui paga oraria è di meno di 5€ l'ora): ARRABBIATEVI CON NOI, facciamoci coraggio ed usciamo alla scoperto. Per troppi anni siamo rimasti immobili ad accetare contratti sempre peggiori, mentre pian piano venivano erosi i diritti di chi lavora. Non è possibile che ha pagare i costi della crisi e dei tagli gelmineschi siamo sempre noi.

Diamo appuntamento a tutt* il giorno 15 ottobre dalle ore 10 in poi in rettorato in assemblea, non dimenticatevi di portare una sedia, per assediare comodamente il rettore!

Lavoratori e lavoratrici delle biblioteche

domenica 11 ottobre 2009

L'Honduras che resiste all'università di Torino!


Martedi 13 ottobre, ore 11:30, Palazzo Nuovo
incontro con Betty Matamoros
del Frente Nacional contra el Golpe de Estado

In occasione del tour in Italia gli studenti e le studentesse dell'ateneo torinese avranno occasione di incontrare una rappresentante del Frente che si sta battendo contro il colpo di Stato in Honduras.
Da oltre 100 giorni il popolo honduregno è nelle strade al grido di "golpista, fuera!"



L'HONDURAS IN ITALIA

A quattro mesi dal colpo di Stato, a un mese dalle finte elezioni presidenziali, dal 12 al 14 ottobre arriva nel nostro Paese una rappresentante del Frente Nacional contra el Golpe de Estado

L'Honduras non è un Paese democratico! E lo affermiamo con forza anche in Italia. Sono trascorsi tre mesi e mezzo dal 28 giugno, quando il presidente honduregno José Manuel Zelaya Rosales venne prelevato da casa sua da militari incappucciati e trasportato fuori dal territorio nazionale.

La sua colpa: aver iniziato un processo di riforme e di dialogo con i movimenti sociali, che avrebbe portato i cittadini honduregni a votare una consultazione popolare per convocare una nuova assemblea costituente. Un attacco ai privilegi di una decina di famiglie, le più ricche e conservatrici del Paese, che per questo hanno ideato e finanziato - con il sostegno dell'esercito honduregno e il tacito benestare degli Usa - il colpo di Stato del 28 giugno scorso.

Dal 21 settembre Mel Zelaya è rientrato in Honduras, costretto all'interno dell'ambasciata brasiliana, assediata dall'esercito. L'intero Paese e tutta la regione centroamericana sono così ripiombati negli anni Settanta e Ottanta, negli anni bui di tensione propria dei regimi dittatoriali che il mondo pensava ormai facessero parte del passato dell'umanità: il dittatore golpista Micheletti ha proibito "ogni riunione pubblica non autorizzata" e stretto ulteriormente il bavaglio ai mezzi d'informazione, proibendo ogni dichiarazione che vada contro "le risoluzioni del governo" o possa alterare "il rispetto della pace e l'ordine pubblico". Negli ultimi giorni, molti oppositori politici sono stati incarcerati, alcuni manifestanti pacifici sostenitori di Zelaya sono rimasti uccisi, il governo ha chiuso Radio Globo e Canal 36, gli ultimi media indipendenti rimasti.

Tutto questo, in Italia, resta nascosto a causa del "torpore" dei corrispondenti esteri dei principali quotidiani. L'Honduras non è l'Iran, e allore non serve costruire "a tutti i costi" un'immagine negativa del dittatore di turno, favorendo la nascista di forme di solidarietà istitintiva e spontanea con il popolo honduregno.

Meglio non intervenire su un tema "delicato" di politica internazionale, mettendo così a rischio gli investimenti esteri di importanti imprese italiane come Astaldi, Goldlake (gruppo Colacem), Acea. Non a caso il fratello del golpista Micheletti siede nel direttivo della Camera di commercio italo-honduregna.

Ma l'Honduras r-esiste, e dal 12 al 14 ottobre sarà in Italia una rappresentante del Fronte nazionale contro il colpo di Stato, che riunisce tutti i cittadini honduregni democratici che dal primo giorno del golpe resistono pacificamente (con scioperi, azioni di disobbedienza civile) e manifestano per la democrazia, nonostante questa resistenza per la pace e la libertà sia già costata oltre una decina di morti, centinaia di detenzioni illegali, una grande quantità di persone picchiate, torturate e stuprate.

Betty Matamoros sará in Italia per incontrare i movimenti e le persone che sostengono la loro giusta lotta per l'autodeterminazione e democrazia dal basso. Invitiamo tutte e tutti a partecipare attivamente e a supportare le lotte dei movimenti sociali honduregni.

Promuovono:
Ass. Italia-Nicaragua, Collettivo Italia-Centro America, CS Cantiere, Selvas.org
Per info:
resistehondurasita.blogspot.com

giovedì 1 ottobre 2009

"Prendiamoci gli spazi!"


Un anno fa l'aula 1M veniva sottratta all'asettica gestione del politecnico e occupata dagli studenti con lo scopo di creare uno spazio di aggregazione, dove portare avanti delle idee, organizzare iniziative, discutere e crescere.

Quest'aula era diventata un punto di riferimento per molti studenti che hanno organizzato e partecipato a numerosi eventi (incontri tematici, presentazione libri, concerti, feste....) nonostante i continui tentativi di controllo e limitazione da parte dell'amministrazione del politecnico.

Dal primo di settembre il rettore ha deciso di chiudere quest'aula.

Ribadiamo la necessità di uno spazio autogestito in cui oltre che studiare ci si possa autorganizzare in momenti assembleari, creare iniziative ed eventi, parlare di didattica e diritto allo studio, discutere delle problematiche di studenti e studentesse all’interno dell’università. Un luogo in cui possiamo costruire la nostra coscienza critica senza subire i ritmi serrati e il sapere nozionistico che l’università ci impone, un luogo fondamentale per la costruzione di percorsi di mobilitazione e lotta.

Un’aula autogestita è uno spazio dove gli studenti e le studentesse costruiscono tutti i giorni l’università che vorrebbero.

Non vogliamo soffocare nel clima di appiattimento culturale che viene imposto, ma riteniamo necessario riconquistare uno spazio autogestito dove coltivare i nosti sogni, progetti, conflitti e relazioni che non dipendano dalle decisioni e dai regolamenti imposti ma dalle nostre esigenze.

CONTRO CENSURA E REPRESSIONE,
SPAZIO AL DISSENSO E ALL'AUTORIZZAZIONE!

Col.Po - Collettivo Politecnico
www.colpo.org